Capitolo 14

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Spesso mi chiedono, 'qual'è il tuo sogno?'
Il mio sogno?
Io non ho un'ambizione nel cassetto, o almeno, non è preciso.
Varia sempre.
Ci sono molte cose che amo fare, e non credo di poter dividerle in categorie.
Se ci penso, da piccina volevo diventare una maestra.
Amavo la sensazione di stare dietro ad una cattedra pensando di dettare le indicazioni per aprire il lussuoso futuro che aspetterà ai miei futuri studenti.
Stranamente, ancora ricordo l'ambizione di Jimin, era cambiare il mondo, di lasciare un segno impresso ad ognuno di noi.
E nonostante era quasi impossibile, lui ci credeva fermamente. Era deciso a realizzarlo.
Quanto ammiravo il suo lato sicuro.
I ragazzi mi portarono a casa alle 23.01, salutai Jin normalmente.
Già da fuori casa riuscivo a sentire le urla di mia madre contro Miriam, non ce la faccio ad entrare in quella prigione per il pensiero.
Decisi di stare fuori, andrò nel mio posto tranquillo. O almeno, il posto mio e di Jimin ma dopo che lui partì nessuno ci andò tranne io, ho bisogno di quel posto come ho bisogno di respirare. Era ed è il posto in qui i miei pensieri e le mie parole prendono forma, facendomi riflettere sui miei problemi esistenziali.
Per questo ora lo considero mio.
Presi la bicicletta, e mi diressi velocemente nel posto.
Questo si trova sotto un ponte abbandonato, dove vi sono travi di cemento armato non del tutto sicure ma alquanto resistenti.
Sotto ad essi l'aqua.
Insomma, è un luogo pericoloso soprattutto alle 23.10 ma è molto illuminato, per questo riesco a spostarmi facilmente e distinguere le travi dall'acqua.
Arrivo all'ultima trave, dopo di questa mi sembra di guardare il vuoto.
Il riflesso della luna che si scontra con le flebili onde creava un effetto 'specchio' rilassante.
Uno stolto potrebbe pensare che la luna si trova sott'acqua.
<< Non hai paura? >> una voce roca si posizionò dietro a me, i brividi percorsero la mia schiena.
Mi alzai di scatto non facendo caso al pericolo dietro me.
<< Che bel regalo che mi farai oggi. Una puttana mi farà compagnia una buona compagnia. >> disse l'uomo, non riuscivo a distinguere il suo volto, era posizionato nella penombra, ma già dal fetore che emanava potevo capire che era un barbone.
Mi prese per un braccio e mi trascinò violentemente di fronte a lui oscurandomi la vista.
Non riuscì a reagire, la paura mista alla preoccupazione prese il controllo delle mie azioni.
Sentì le mani del barbone percorrere il mio viso arrivando al braccio, all'altezza del seno sinistro.
Sentì il suo sguardo analizzarmi, percorrere la mia forma soffermandosi sulle curve.
Non riuscì a respirare, il mio sguardo era rivolto verso il basso e le mie mani erano raccolte in pugni chiusi.
Non riuscì a muovermi, la sicurezza e la fiducia che possedevo sembrava sparita in questa sera illuminata.
Le parole mi scomparivano in gola.
Ad un certo punto sentì un colpo diretto al barbone, il corpo dell'uomo era ai miei piedi.
Qualcuno lo aveva colpito, e quel qualcuno mi stava trascinando via.
<< Mollami, pervertito! >> urlai fortemente, avevo riacquistato la voce per sostenere questa situazione.
<< Non ti vergogni? Venire qui alle 23.10 di notte tutta sola e in un luogo luminoso ma pericoloso!?
E se quel barbone ti avesse violentata!?
Io non.. >> si fermò nel bel mezzo della ramanzina, fece un respirò e mi guardò.
Avevo lo sguardo basso e sentivo le lacrime percorrermi le guance fredde.
Sentì le sue delicate dita prendermi il viso asciugandomi le lacrime con i pollici.
Mi sollevò lo sguardo, e la bellezza che portava con se era inevitabile.
Il viso in parte oscurato dall'ombra, in parte illuminato dalla luce lunare, riuscivo perfettamente a ripercorrere la sua sagoma ricordandomi ogni sua espressione nonostante fossimo al buio.
Le parole mi morivano ancora in gola, la mia mente sembrava pervasa da immagini lussuose che da parole.
<< Serena.. >> sussurrò.
Mi abbracciò possessivamente come se avesse bisogno di questo contatto, come se avesse bisogno di riacquisire il diritto di territorio.
<< Pensavo al peggio quando ho visto l'uomo prenderti il braccio così violentemente, quando percorse la tua sagoma con le dita fermandosi ai seni.
Non venire mai più qui da sola, promettimelo.
Promettimi che in questo posto ci verrai solo con me.
Ti prego. >> disse sulla mia spalla, sentivo le sue lacrime di tristezza gocciolare sulla maglia.
Incertamente misi la mano nella sua schiena stringendolo a me, con l'altra accarezzandogli i capelli.
<< Te lo prometto. >> dissi piangendo.
Oh Jimin.
Cosa mi fai provare lo dovrò sapere solo io.

Sempre noi.Where stories live. Discover now