Il mistero del pancione

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Sono passati due giorni da Natale.
Da allora sono sempre più preoccupata.
Ho confessato questa cosa a Lily, che condivide la mia preoccupazione.
La pancia è più grande di quello che dovrebbe essere normalmente.
Il bambino dovrebbe nascere alla fine di giugno, ed è impossibile che sia già così sviluppato. A meno che non gli sia entrato in circolo quel bicchierino di troppo che ho bevuto a Santo Stefano.
Ma dubito fortemente.
Ormai temo che anche Sirius se ne sia accorto, perché continua a lanciarmi occhiate preoccupate e mi chiede come sto almeno tre volte al minuto.
Non fraintendetemi, non mi da fastidio questa cosa. Ci sono fiotti di ragazze che farebbero la fila per ricevere delle attenzioni da Sirius, così mi limito a recitare la mia parte.
"Non ti preoccupare, sono solo stanca e gonfia. Passerà."
È chiaro che sto mentendo a lui e a me stessa, perché sento che c'è qualcosa di più sotto questo mistero della pancia.
"Marls, posso parlarti un secondo?"
E ti pareva.
Mi ravvivo una ciocca bionda dietro l'orecchio e annuisco lentamente.
"Ho visto la tua pancia. È più grossa del normale." Mi dice Sirius quando siamo soli nella nostra stanza, in casa Potter. La nostra nuova casa, ormai.
"Ma non mi dire." Commento alzando gli occhi al cielo.
"Dobbiamo fare una visita. Potrebbe essere qualcosa di grave."
"No grazie, il mio bambino resta lì dov'è."
Lui sbuffa divertito. "Davvero credi che voglia farti abortire?"
Lo fisso senza espressione. Spero solo di non essere arrossita, perché è proprio questo quello che temevo.
"Ti sbagli di grosso, Marlene. Solo che ho paura. Voglio portarti a fare un controllo, tutto qui." Sospira lui. Ha paura davvero, glielo leggo negli occhi.
"E va bene, facciamo questa visit-AAAAH!"
Il dolore parte dalla mia pancia per irradiarsi al petto, alle spalle, alle braccia.
Le gambe mi cedono, ma per fortuna Sirius mi prende al volo.
Ho male dappertutto.
La vista mi si offusca, e l'ultima cosa che vedo sono degli occhi color tempesta prima di sprofondare nel buio.

...

"MARLENE STA MALE! DOBBIAMO PORTARLA IN OSPEDALE, TEMO CHE SIA SUCCESSO QUALCOSA AL BAMBINO!" Sbraito scendendo
le scale con mia moglie in braccio.
Lily scoppia in un pianto disperato. "Lo sapevo, lo sapevo!" Continua a gemere sulla spalla di James.
"Vengo con te." Esclama Ramoso.
"Resta con Lily." Ribatto.
"Io vengo con voi." Puntualizza la rossa.
Sospiro. Marlene diventa più bianca ad ogni secondo che passa, stiamo perdendo tempo.
Afferro la mano di James e mi smaterializzo, consapevole del fatto che mi sto trascinando dietro anche Lily.

Quando riapro gli occhi sono in un vicolo buio. Il mio migliore amico e sua moglie mi fissano preoccupati, ma io conosco questo posto.
Comincio a correre, allungando le gambe ogni volta di più.
Marlene sta male, me lo sento nel sangue. Devo portarla in ospedale.
Il San Mungo è troppo lontano, ma so che qui c'è un grande ospedale babbano intitolato a una suora Italiana, così in pochi minuti lo raggiungo con il fiatone.
Correre, correre, correre. La corsa è la mia unica speranza.
Spalanco la porta con un piede e mi fiondo dentro, con i miei amici alle spalle.
Non faccio neanche in tempo a chiamare aiuto che dei medici in divisa mi strappano Marlene dalle braccia per posizionarla su una barella e cominciare a correre verso una saletta.
Vedo tutto rosso.
Urlo, scalcio, mordo e graffio.
"LASCIATEMI ANDARE DA LEI!" Urlo in preda alla disperazione.
Urlo fino a non sentire più la gola.
Fino a sputare sangue.
Ma non serve a niente.
Niente di niente.
Mia moglie e mio figlio stanno male, e io sono qui inerme.
Così mi affloscio sconfitto contro il muro di fronte alla saletta, attendendo notizie.
Dopo qualche ora che sembra un secolo, una donna esce dalla porta. È sporca di sangue.
"Lei sta bene, ma non sappiamo se il bambino ce la farà."
Sento un peso opprimente schiacciarmi il petto, le spalle, e cado a terra.
Vorrei chiedere di più, sapere qualcosa, ma l'infermiera è già rientrata.
Non voglio piangere.
Non voglio, non voglio, non voglio.
Ma tutta la mia determinazione viene meno quando vedo James e Lily singhiozzare appoggiati al muro.
All'inizio le lacrime scivolano silenziose e lente, poi accompagnate da singhiozzi sempre più forti che mi scuotono le spalle e le braccia.
Abbraccio James, il migliore amico che uno possa mai desiderare. Abbraccio Lily, che ha sopportato me e Ramoso per tanto tanto tempo.
Ma non basta.
Gli altri ci raggiungeranno via macchina, ma non so quanto ci metteranno. Quando Marls si è sentita male erano in giro a fare compere.
Sento un vuoto opprimente schiacciarmi il petto.
Stavo per diventare padre, e la mia piccola bolla di perfezione è scoppiata davanti alla tremenda realtà: niente va mai per il verso giusto.
Nel corso delle ore l'infermiera si fa viva altre due volte. Niente miglioramenti.
Finalmente gli altri sono arrivati.
Peter, Emmeline, Remus, Tonks.
Mi abbracciano, mi consolano. Ma non basta.
Hanno lasciato Harry in tutta fretta dalla mamma di James e sono venuti qui a rotta di collo.
Sarò loro eternamente grato per avermi dato un po' di sollievo in questa giornata tremenda.

Vorrei essere morto.
Vorrei che tutto quanto finisse.
Vorrei vedere tutta la sofferenza sparire come soffiata via dal vento e ritrovarmi in una stanza bianca e immacolata dove trascorrere il resto della mia vita da morto con le persone che amo.
Ma c'è ancora una flebile speranza e io mi ci voglio attaccare con tutte le forze.
Marlene non morirà.
Il bambino non morirà.
Andrà tutto bene.
Continuano a ripetermelo tutti, ma ormai non credo più nemmeno a me stesso.

Finalmente, dopo ore e ore, la donna esce trionfante dalla sala.
"È fatta!" Urla buttandosi sulla sedia vicino alla mia. "Sono salvi entrambi."
Un'ondata di sollievo mi travolge, tanto intensa da farmi girare la testa.
"Ma..."
Oh, no.
"Ma...?"
"Signor Black, sua moglie è stata operata d'urgenza all'utero, ma niente di grave. Per fortuna. Però..."
"Però cosa?" Esalo al limite dell'agitazione.
"Abbiamo scoperto qualcosa mentre toglievamo delle scaglie di materiale di massa adiposa depositate all'esterno del collo dell'utero. Congratulazioni."
Mi porge la mano, che io stringo intontito.
"Lei presto diventerà padre di due bambini. Un maschio e una femmina."
Il respiro mi si strozza in gola.
"Sono gemelli."

Una Nuova Vita ~ I MalandriniKde žijí příběhy. Začni objevovat