◇─ Capitolo nove ─◇

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Mark, eri la cosa più bella che mi fosse mai capitata nella vita. Perchè te ne sei andato?! In questo preciso istante sono sotto le coperte, nella mia stanza; non so nemmeno che ore siano.

-Rachel! Rachel! Aprimi, sono io!- la voce di Kori arriva alle mie orecchie ovattata e poco comprensibile, mentre lei non smette di bussare alla porta.

-Vattene, Kori! Lasciami sola!- grido, tappandomi le orecchie e rannicchiandomi ancora di più.

-So che sei triste!- aggiunge dopo essere rimasta in silenzio per qualche minuto -Ma non ti sentirai meglio restando lì da sola...-.

Odio ammetterlo, ma Kori ha perfettamente ragione... ma mi sento troppo debole per ribellarmi dalla malinconia:

-Cosa pensi di fare?- chiedo singhiozzando.

-Giuro che sfondo la porta se non mi apri!- alla sua "minaccia", mi alzo dal letto e con le poche forze che mi restano apro la porta della mia stanza. Appena mi vede Kori mi salta addosso e mi abbraccia con tutta la forza che ha,mi sento un pò meglio, ma l'affetto della mia cara amica non colmerà tutto il vuoto che sento dentro.

Ci sediamo sul letto, mentre Kori non smette di consolarmi. Non smetterò mai di volerle bene

-Sii forte Rachel, tu sei la ragazza più tosta che conosca!- continua a ripetermi, sfoggiando un meraviglioso sorriso. Non ho voglia di parlare, nè di ricordare. Anche se una piccola parte di me conserva ancora un briciolo di speranza:

-Ti piaceva davvero tanto, vero?- mi chiede, accarezzandomi i capelli. Annuisco facendo cenno con la testa, senza accennare neanche un minimo movimento della bocca.

Mi alzo barcollando e vado verso la porta, mentre Kori rimane immobile a guardarmi. Perchè mi sono alzata? Io non volevo alzarmi, cosa mi sta succedendo? Alzo la testa e mi fermo a fissare il muro davanti a me: attaccato alla parete c'è un quadro raffigurante un prato fiorito, che mi porta alla mente quella volta che io e Mark stavamo per baciarci.

-Rachel, stai bene? Vuoi un pò d'ac...-

-Aspetta, Kori!- la interrompo bruscamente senza volerlo, qualcosa dentro di me sta spazzando via tutto il dolore che provavo un istante prima. Per una volta nella mia vita, il mio cuore è d'accordo con la testa. Mi giro di scatto verso Kori, finalmente ho ritrovato la grinta:

-Kori, portami all'aereoporto- Kori spalanca la bocca, mentre mi infilo la giacca:
-Sei proprio sicura di voler andare?- il tono di voce di Kori è allarmato, quasi indeciso -Rachel, forse ci sono fin troppe cose lì- aggiunge. Ignoro le sue parole ed esco in fretta e furia dalla stanza, seguita da Kori

Fuori casa incontriamo Dick e Victor, cosa ci fanno qui?! Non perdo tempo a pensarci e supero anche il cancello che separa casa mia dalla strada:

-Rachel, stai...-
-Stai zitto, Dick- non gli dò il tempo di rispondere. Supero i ragazzi e accellero il passo finchè non inizio a correre, diretta all'aereoporto.
-Rachel, aspetta!- grida Kori fermandomi per il braccio. Mi giro impaziente, mentre Dick dondola il mazzo di chiavi che ha in mano:

-Ti offriamo un passaggio- aggiunge Victor, e senza pensarci due volte accetto.

La speranza è l'ultima a morire.
Ma il mio amore per lui non morirá mai.

Arrivati all'aereoporto, supero Victor e corro verso l'entrata: l'androne è
-come sempre- pieno di gente, ma io sono concentrata su un posto in particolare: il departure gate per Los Angeles.

"Devi essere vivo! Devi essere vivo!" continuo a ripetermi senza fermarmi, ma ciò che vedo al gate non è rassicurante.
C'è una miriade di gente, adulti, bambini, anziani...evidentemente parenti dei passeggeri che si erano imbarcati tre giorni fa.
Il tabellone dei voli mostra l' aereo crollato a metá del tragitto, alcune persone sembrano distrutte e con le lacrime agli occhi, altre invece sembrano più sollevate.

Cerco di ricacciare le lacrime e inizio a cercare qualcuno che possa dirmi qualcosa in più sui superstiti. Da lontano noto una hostess e corro verso di lei:

-Ehi, tu...che succede?- mi ferma con sguardo allarmato.
-C'era un ragazzo sull' aereo che ha perso quota...- rispondo cercando di mantenere la calma -Sapete dirmi per caso se...-, la hostess mi ferma poggiando una mano sulla mia spalla:
-Sai dirmi quanti anni aveva questo ragazzo?-
-Tra...tra i quindici e-e i diciassette anni-.

La donna mi squadra da capo a piedi, cercando di ricordare:
-Aspetta, vieni con me- mi prende per mano e mi trascina verso un tabellone che indica i sopravvissuti.
Mi giro per ringraziare, ma la signora se n'è andata.

"Dio, ti prego" dopo aver rivolto le mie preghiere al cielo comincio a scorrere il dito per trovare il nome di Mark, sento il mio respiro irregolare e il cuore che potrebbe scoppiare da un momento all'altro.

C'è un morto.
Di quindici anni.
Era da poco guarito da una frattura alla gamba.

Intorno a me cala il silenzio, si spegne tutto

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Intorno a me cala il silenzio, si spegne tutto. Il cuore si blocca, le lacrime mi rigano il viso, sento la nostalgia che ritorna, una sensazione di vuoto mi divora.

Mi chiudo nelle spalle, mentre mi giro lentamente per andarmene, preparandomi psicologicamente a dare la cattiva notizia agli altri.
Il mio mondo e la mia vita sembrano rovinati per sempre, ma una voce inconfondibile mi salva dalle tenebre.

-Rachel...!- un brivido mi percorre la schiena, mi volto di scatto e la sorpresa che ricevo mi provoca una fitta la cuore.

Mark è proprio lì, davanti a me.
I suoi capelli biondi, gli occhi verde smeraldo, il sorriso perfetto e rassicurante.
-Mark...sei proprio tu?- mi avvicino di più per assicurarmi che non sia un miraggio.

-Sì, sono proprio io...- anche lui si avvicina, mantenendo il sorriso.
Mi perdo nella profonditá dei suoi occhi, entrambi tratteniamo a stento le lacrime. Cerco di trasmettergli con lo sguardo la paura che avevo di perderlo:

-Non posso crederci- dice, toccandomi una spalla -Sei venuta fin qui, solo per me?- aggiunge, mentre una lacrima gli riga il volto, senza perdere il sorriso.
Singhiozzo e sorrido anche io, sistemandogli un ciuffo ribelle:

-Sia-siamo venuti tutti per te-. Mark ride, mentre io piango senza sosta:
-Rachel, perchè piangi?-, mi chiede.
Non mi sono mai sentita così debole e felice.
-Sono...sono solo felice di rivederti, Mark. Avevamo paura di...-, non termino la frase. Mark mi abbraccia con tutte le sue forze, come se avesse paura di perdermi; lo stesso timore che avevo io pochi minuti prima.

 Mark mi abbraccia con tutte le sue forze, come se avesse paura di perdermi; lo stesso timore che avevo io pochi minuti prima

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