◇─ Capitolo venticinque ─◇

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Sono le cinque. Sono davanti la porta di casa Logan pronta a bussare alla porta. Ho cercato di chiamare Mark dalle tre, ma non si decide a rispondere. Sempre più preoccupata premo il campanello e aspetto che qualcuno venga ad aprirmi. Quando la porta bianca si apre, è come se il mio senso di colpa mi stringesse sempre di più e la mia paura prendesse il controllo della mia testa. Qui qualcosa non va... dov'è Ellen?

Una donna dai capelli biondi e raccolti in modo disordinato mi apre la porta. L'espressione persa e le borse sotto gli occhi mettono in risalto il suo viso grottesco. Le labbra serrate, mentre cerca di dirmi qualcosa. Rimango immobilizzata, cercando di guardare oltre la sua giacca rossa e cercare Mark.

-Posso aiutarti?-, mi chiede con tono leggermente acido. Ingoio e poi respiro.

-Io... io sono Brooks-, balbetto. -Rachel Brooks. Sono qui per vedere Ellen-, aggiungo. La donna aggrotta le sopracciglia e mi pietrifica con lo sguardo. Incrocia le braccia e mi squadra da capo a piedi.
Mi manca il respiro, ma cerco di non cedere. Non me ne andrò senza risposte.

-Spiacente... Ellen non c'è-, mormora tristemente. -Tu sei la fidanzata del figlio, vero?-.

-Lei come lo sa?-, chiedo sospettosa. Si scioglie i capelli e li lascia cadere sulle spalle.

-Sono sua sorella minore, Erika-, dichiara con tono solenne. -Diciamo che sei di famiglia, quindi è il caso di dirtelo-. Le sue parole stuzzicano la mia curiositá, forse troppo. Aspetto la notizia, preparandomi psicologicamente ad una probabile cattiva notizia.

-Questo pomeriggio, intorno alle due...-, distoglie lo sguardo e poi torna a fissarmi. -Ellen è stata ricoverata in ospedale-, sgrano gli occhi incredula senza dire niente. È per questo che Mark non ha risposto alle mie chiamate alle tre e più tardi. Mi sento un'egoista, un'ipocrita ed esigente ragazza desiderosa di sapere a tutti i costi cosa avesse il suo ragazzo.

-Come... come è successo?-, chiedo con voce rotta. Erika sospira e poggia una mano sulla sua fronte.
La cosa è grave, me lo sento. La paura mi assale e non mi lascia un attimo di pace.

-Ha preso l'auto ed è andata a fare delle commissioni, ha avuto un incidente-, la paura lascia spazio alla rabbia. Stringo il pugno ed espiro violentemente.

-Chi è stato a tamponarla?! Va messo in galera all'istante!-, grido esterrefatta. Lo sguardo pungente di Erika mette in mezzo secondo fine alla mia improvvisa reazione furiosa e i suoi occhi diventano lucidi.

-Ma cosa hai capito?!-, il tono è più rabbioso del mio. -Ellen era ubriaca! Hanno trovato una bottiglia di vino sul sedile anteriore, ed era quasi vuota!-, divento più pallida del solito. Mark non mi aveva mai detto che Ellen sapesse guidare. Improvvisamente mi viene in mente l'automobile rossa che è sfrecciata davanti a me e a Mark poche ore prima, e che avevo scambiato per l'auto di Abel. A stento riesco a pronunciare la domanda, per paura della risposta.

-D-di che colore era l'auto di Ellen?-, abbasso lo sguardo. Sento le mie gambe tremare e le ginocchia molli. Un silenzio che mi sembra eterno cala su me ed Erika.

-Rossa-, risponde con tono severo.
Mi immedesimo in Mark, chissá come sta adesso. Stará malissimo, distrutto. Vorrei essergli accanto e stringerlo fra le mie braccia. Se solo fossi intervenuta prima.

L'auto di stamattina non era quella di Abel, ma di Ellen. Abel non avrebbe mai corso così velocemente su una piccola strada di Miami, tra l'altro dovrebbe essere a casa a preparare le valigie per la partenza di domenica.

Trattengo le lacrime ed alzo di scatto lo sguardo, spingendolo oltre la sorella di Ellen. Devo trovare Mark: devo dirgli che lo amo, devo sostenerlo, devo stare con lui.

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