◇─ Capitolo trentaquattro ─◇

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Aspetto che gli altri ritornino a riva e che si asciughino, per poi chiedere fra quanto saremmo tornati a casa.

-Cosa? Sei già stanca?-, mi chiede stupita Tiffany. -Ma siamo qui solo da poche ore-, aggiunge strizzando la maglietta punk gocciolante.

Non le rispondo, sono ancora furiosa con lei per ciò che ha detto su Kori. Mi alzo da terra e raggiungo la mia amica dalla chioma fulva: per mia fortuna, trovo Kori molto distante da Mark.

-Kori-, la chiamo avvicinandomi alla riva del lago. -Dove andiamo, ora?-.

-Cleveland è enorme, dove preferiresti andare?-, intona sorridente.

-Non lo so-, mormoro. -Non conosco bene questa città-, mi fermo per un po' a testa bassa. -Tu cosa consigli?-. Ci pensa su avvolgendo una ciocca rossa attorno all'indice sinistro e storcendo la bocca. -Be', c'è l'acquario, il museo di scienze...-, all'improvviso i suoi occhi splendono. -Ehi, ora che ci penso, c'è anche una biblioteca!-, mi prende per le mani e si guarda intorno, come se potesse avvistare la biblioteca anche da un'enorme distanza.

Scuoto la testa in segno di disapprovazione. -No, non ho voglia di leggere-.

-Prima di pianificare un' altra tappa del nostro tour a Cleveland-, ci interrompe Dick. -Credo sia il caso di andare a casa e asciugarci. Non vorrei prendere una bronchite-, osserva il corpo bagnato di Kori, per poi sorridere maliziosamente.

-Neanche io ci tengo a prendere freddo. Parlo con Abel e torniamo a casa-, Kori si allontana e restiamo solo io e Dick. Che imbarazzo: io, da sola, a contemplare le acque azzurre dell'Erie con il fidanzato della mia migliore amica.

-Adesso che siamo soli...-, a quelle parole trattengo un sussurro. -Puoi anche dirmi perché prima non sei voluta entrare in acqua insieme a noi-.

-Cose private-, dico scortese. -Niente di interessante-.

-Come vuoi, tanto dopo me lo dirà Kori-, si mette a ridere, provocandomi. Rido anche io nervosamente, gettando uno sguardo alle mie spalle: Kori sta ancora parlando con Abel e gli altri chiacchierano tra di loro. La tranquillità governa sui loro volti imperlati dall'acqua del lago, nei loro movimenti, nelle loro parole, nelle loro risate... non traspare mai energia negativa.

Il mio stomaco si contorce e poi si ridimensiona. E' come se sapessi che sta per succedermi qualcosa, capace di influenzare anche qualcun altro. Io so cos'è, ma continuo ad ignorare quell'opzione tanto azzardata. Proverò a sistemare le cose con le mie forze, e nel caso dovessi solo peggiorarle, utilizzerò ciò che mi resta: quel folle piano che mi balenò nella testa alla vista di una rosa mentre perdeva i suoi petali. Poi, improvvisamente, mi ricordo di aver ancora una discussione con Dick.

-Hai... hai detto qualcosa?-, chiedo chiudendomi nelle spalle, comincio a sentire freddo.

-Niente di speciale, solo che capisco quando una ragazza è a disagio-, serra le labbra. -E tu prima eri molto a disagio-, ride di nuovo.

-Sentiamo, dottor Davies... tu come fai a saperlo?-, si infila le mani in tasca e resta immobile a guardare il lago davanti a noi. I suoi occhi sono dello stesso colore dell'acqua, un azzurro chiarissimo che rende nitide le pupille scure.

-Be', vivo in casa con due sorelle e mia madre. Io e mio padre, Michael Davies, siamo gli unici uomini di casa. Dopo sedici anni passati a vivere con quelle due che parlano sempre e solo di roba femminile, per me è facile capire le donne-, annuisco socchiudendo gli occhi, per squadrare meglio il suo profilo. Dick non è poi così male, e io che lo credevo un cattivo ragazzo, all'inizio non potevo credere al fatto che Kori si fosse innamorato di lui .Ancora una volta mi sento come teletrasportata in Orgoglio e Pregiudizio: io incarnata in Elizabeth Bennet e tutti gli altri in Mr. Darcy.

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