Secondo Capitolo

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Esco dall'ufficio furioso più che altro. Anche se vorrei non darlo a vedere.
Il respiro pesante è inevitabile per i miei grandi passi, mentre nella mia mente ricompare ancora e ancora il viso dispiaciuto di Mr. Hanner.
Mi dirigo velocemente all'ascensore premendo il più forte possibile il tasto per il piano terra. So perfettamente che potrei essere l'uomo più forte del mondo, ma che schiacciare in modo oppressivo quel tasto non servirà a far andare più veloce l'ascensore su cui mi ritrovo prigioniero.

Arrabbiato, e incredulo per le parole dell'uomo, esco finalmente quando le porte di aprono davanti a me.
Respiro l'aria pulita dell'esterno quando finalmente esco dal palazzo.
Sono stanco di questi colloqui che non mi portano mai a niente. Sono stanco della gente che mi rifiuta perché sono giovane, o per il mio stile e modo di fare.
Sono stanco di impegnarmi sempre, per arrivare a niente alla fine.
Sbuffo passandomi una mano davanti al viso. Scuoto la testa, avvicinandomi al punto in cui, ricordavo di aver lasciato la macchina.

Vedo un piccolo foglietto bianco e so già di cosa si tratta. Afferro velocemente il folletto aprendolo poi. E proprio come temevo... Si tratta di una bella multa.
-Cazzo ci mancava solo la multa- borbotto -questa non è proprio la mia giornata- sento qualcosa bagnarmi i capelli ed alzo subito lo sguardo notando un grigio piombo che ricopre il cielo, spegnendo il sole.
-No vi prego ditemi che è uno scherzo- mi lamento esasperato cercando le chiavi della macchina nelle tasche dei pantaloni.

Entro in macchina chiudendo subito dopo lo sportello. Sono davvero esausto adesso.
E mi tocca ancora un tragitto da fare.
Metto subito in moto Bezzy, la mia auto, e parto verso casa.
La furia non si calma. Anche perché le parole di quell'uomo non mi lasciano in pace.

~ Dopo la sparizione del corvino, l'uomo mi guarda con uno sguardo strano che dura per tutto il tempo in cui rimango nella stanza.
Mi presento nel modo con cui avevo immaginato di iniziate -Salve Mr. Hanner, il mio nome è Eren Yäger e vorrei lavorare per lei- affermo sicuro di me, o almeno cerco di sembrarlo.
Mr. Hanner annuisce -piacere di conoscerla finalmente- dice col fare serio -prego si sieda- mi indica cordialmente con la mano la sedia di fronte alla scrivania che come trono possiede una sedia girevole in pelle, bellissima e per quel che sembrava costosa.
Lui si siede proprio lì, come il re dell'ufficio.
Mi guarda con le mani incrociate studiandomi per quel che sembra.

Inghiotto a stento sentendo l'ansia a trovarmi il vero Mr. Hanner davanti.
Vorrei tanto non farlo, ma inizio a torturarmi le mani l'una contro l'altra. Non provo lo stesso panico che provavo stando davanti a quel corvino. Ma l'ansia rimane.
-Bene Signor Yäger, ho letto alcuni dei suoi "lavori"...- confessa -il suo stile è fresco e nuovo...- continua. Ed io sento già l'odore di lavoro alloggiarmi attorno.

-Non intendo mentirle, il suo modo di scrivere è eccellentemente impeccabile...- c'è qualcosa che non quadra nella sua voce, lo sento dal modo con cui diventa lente e più bassa.
Poggia le mani sulla scrivania avvicinandosi poco più a me. -Ma...- eccola lì. Quella parola in grado di distruggere tutto. Ogni tua minima speranza.
-Vede, il suo stile è troppo... Fresco...- non sembrava trovare le parole, anche perché non c'è n'erano di specifiche.

La classica frase "non sei tu, ma sono io". Mi sorprende averne un esempio davanti. Facerne parte.
Il piccolo sorriso che si era frenato sulle mie labbra, poco prima per le parole dette, lentamente vacilla come niente.
Ma... Quel ma ha distrutto tutto in meno di due secondi.
-Il nostro di stile è molto più... Classico, di vecchio stampo...- neanche qui le parole sembravano quelle giuste. Come se, avesse messo in piedi un discorso che non reggeva.
Annuisco senza fiatare, infondo chi sono io per giudicare un giudizio altrui? Soprattutto di un editore con tale importanza.
-Però so dove può trovare un posto adatto a lei- ignoro la frase "adatto a lei" che mi maschera come una persona diversa dalle altre.

Stringo i pugni, tentando di calmare la rabbia che pian piano affiora.
Mr. Hanner mi passa un biglietto ed io senza neanche guardarlo lo afferro e lo metto in tasca. -Grazie per il suo tempo...- sussurro più deluso che altro.
Lui mi guarda, mortificato -mi dispiace...- sussurra. E ascoltando quella parola, lì contraggo la mascella tenendo la testa bassa per non farmi notare.
Quanto odio quella parola. Più falsa delle persone che la pronunciano.
-Arrivederci Mr. Hanner- sussurro per poi alzarmi da quella maledetta sedia e andate via da quel l'ufficio.~

E adesso mi ritrovo sotto casa. Fuori piove, anzi no. Diluvia.
Ma questo non mi ferma dal prendere le chiavi e correre verso il portone del condominio e andate nel mio appartamento.
Quando finalmente mi chiudo la porta alle spalle sospiro. Un po' sollevato dall'essere finalmente a casa.
-Hey Eren...- Armin sbuca fuori dalla cucina con un sandwich in una mano. -Com'è andato il colloquio?- domanda fiducioso.
Lui era convinto quanto me che c'è l'avrei fatta. Ma, almeno non sarò l'unico deluso e ci faremo compagnia.
Non mi va neanche di ridere alla sua strana acconciatura. Una fascia turchese tira in dietro i suoi capelli dorati mostrando i grandi occhi azzurri.

Sbuffo ancora, ma alla sua domanda.
Immediatamente, la fiducia che porta nei miei confronti di sfuma fino a dissolversi.
-Non è andata come credevi eh?- mi domanda capendo già tutto. Mi capisce anche da un solo sguardo, per questo è il mio migliore amico. Mi comprende.
-Mr. Hanner ha detto che sono "troppo giovanile", o qualcosa del genere- provo ad imitare la voce dell'uomo che non mi riesce neanche tanto bene.

Il biondino annuisce alle mie parole -baka- borbotta con un broncio buffo.
Gonfia le guance come un bambino.
Cosa che, mi hanno riferito, faccio anch'io di tanto in tanto. Vivendo con lui mi ha contagiato con i suoi modi di fare.
Ma senza Armin sarei diventato un ragazzo qualunque che studia e che non esce mai.
Lui ha spronato me, ed io ho spronato lui.

-Mi prepari un panino Re dei Sandwich?- domando cercando mi scacciare via l'aria pesante attorno a noi usando un tono dolce. Anche nel tentativo di convincerlo.

Armin sorride divertito -Yes my lord- mette una mano sul cuore facendo un minuscolo inchino, e riuscendo a farmi scucire una risata.

Camminiamo verso la cucina l'uno di fianco all'altro. -Sai i tuoi sandwich sono così belli che dovresti metterli nella tua galleria! Non sarebbe male- propongo, lui ridacchia -sì? E i camerieri serviranno... Mmh... Che ne dici di sandwich?- propone lui.
-Sai che stavo pensando la stessa cosa- entrambi ridiamo per le scemenze che di tanto in tanto ci escono senza un perché.
-Preparami uno dei tuoi maledetti sandwich Re, pittore e fotografo- borbotto, anch'io avrei voluto imparare l'arte o la fotografia. Ma la letteratura mi ha preso come un uragano prende una macchina.
Mi ha trascinato e non mi ha lasciato andar via.

-Agli ordini!- urla aprendo il frigo.
Io nel frattempo, mi siedo davanti all'isola della cucina. Sento qualcosa contro la mia coscia. Nella tasca sinistra.
Immergo la mano frugando in essa. Mi ritrovo quel biglietto da visita che Mr. Hanner mi ha dato.

"Adatto a lei" riecheggia ancora nella mia testa. Guardo il biglietto, bianco panna con una calligrafia classica e che sembra delicata su quel cartoncino.
Leggo il numero di telefono, in cui è specificato che è della segretaria. Non dice altro oltre a quello e un nome.

-Levi Ackerman...- leggo a bassa voce, un po' perplesso. Rimetto il foglio in tasca, per poi dedicare il resto della mia attenzione ad Armin.
-Indovina chi verrà qui domani sera?- mi chiede in parte entusiasta in parte seccato.
Conosco bene quella reazione, e mi limito a ridacchiare. Lui continua a brontolare come un bambino, lamentandosi di come sarà fastidioso ma fantastico averla qui.

Ma ancora non lascia la mia mente. Quel biglietto da visita. Quel numero. Quel nome.
Non so se dovrei chiamare.

Sʜᴀᴅᴇs Oғ Yᴏᴜ • Sfumature Di Te • ERERIWhere stories live. Discover now