Diciottesimo Capitolo

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Entriamo in una stanza, la prima cosa che noto è il grande letto. Sento il telefono di Levi interrompere il silenzio e lui svogliato lo tira fuori dalla tasca. Storce il naso guardandolo, ma non risponde -Eren... Va dalla signora Hun, fatti dare qualcosa per pulire- mormora continuando a guardare il cellulare.
Io rimango fermo davanti alla porta, confuso in parte, lo guardo non riuscendo a muovere le gambe.
-Sei sordo?- borbotta rabbioso. Mi sblocco sbattendo ripetutamente le palpebre. Incrocio il suo sguardo freddo, abbasso il mio uscendo dalla stanza. E appena mi volto sento la sua voce che risponde al telefono -che cosa vuoi?- in modo scorbutico.
Cosa dovrei aspettarmi? Che mi dica tutto e sempre? Che mi presenti a tutti come se fossimo una coppia?
Qualcosa che non saremo mai.

Tengo lo spolverino fra le mani. Non so perché Levi mi ha detto di prenderlo, ed è stato strano chiederlo alla signora Hun.
Accarezzo le piume nere usate per raccogliere la polvere.
Torno in camera, dove Levi mi aspetta impaziente. La signora Hun mi ha avvertito della sua eccessa mania per la pulizia.
Entro nella stanza, chiudendomi subito la porta alle spalle.
Lo vedo in piedi parla ancora al telefono -non ti azzardare. Non provare neanche ad avvicinarti- la sua voce minacciosa mi mette quasi paura. Dopo quella frase chiude velocemente la chiamata, e col telefono ancora in mano si concentra alcuni secondi. È impaziente e seccato, lo capisco dal modo fugace con cui tenta di sistemarsi la cravatta. Sempre perfetta, ma lui non se ne rende conto. E forse, non gli importa.

Le sue labbra sono ferme, in una linea dura che non sembra aver intenzione di rompersi con tanta facilità.
Mi mordo il labbro inferiore, respirando a fatica. Sento di nuovo caldo.
I suoi occhi tentano di raffreddarmi.
Ma il caldo non scompare, anzi tutt'altro. Si accentua e la pelle ne mostra i sintomi.
-Finalmente...- sussurra posando il telefono nel comodino in legno lì accanto.
Si avvicina, è il cuore traballa ad ogni suo passo. -Non ci ho messo molto- lo contraddico un po' brontolando.
Il suo viso è vicino al mio, -ti ho già detto di non contraddirmi...- sussurra. Avvicina il viso ancora di più, fa fuori uscire la lingua, leccandomi le labbra. Le mie gambe diventano gelatina che sono certo, stia per cedere.
-Avevi detto niente baci- balbetto un po' a corto di fiato. Osservo quelle labbra perfette. socchiuse, mostrando appena la lingua con cui mi ha sfiorato le labbra.
Torna una linea dura, implacabile.
Alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi.
-E ti ho già detto di stare zitto- mormora mentre le sue mani salgono lungo il bacino.
Le sento attraverso al stoffa sottile della camicia. Salgono ancora, lente e in fondo... Anche strazianti.
Gemo appena le sento sulle costole, e arrivano al petto. Alzo la testa e la appoggio contro la porta alle mie spalle.
Le sue labbra si posano sul mio collo -non ti sai trattenere eh?- lo sento sorridere contro la mia pelle.
Mi porta con se, ed in qualche modo, finisco sopra il letto. Sotto di lui.
In una mano, tengo ancora lo spolverino, che lui sfila via, e lo poggia sul comodino dove ha sistemato il telefono.

-L-Levi- balbetto mordendomi ancora il labbro. Lui si avvicina ancora, mi bacia.
Affonda la sua lingua, unendola all mia.
Gemo. Gemo contro le sue labbra. Gemo contro la sua lingua. Contro i suoi denti che per sbaglio si scontrano con i miei. Ma questo non importa.
Prende il mio labbro fra i denti, lo morde e lo tira a se. Poi lo lascia andare allontanandosi -lo sai che non devi farlo- sussurra leccandomi il lobo dell'orecchio.
Gemo, stringendo le lenzuola sotto di me.
-E sai, come devi chiamarmi- sussurra e mi morde il collo, succhiando e mordendo ancora. -Heichou- gemo quel nome -Heichou- un gemito più lungo degli altri.
Mentre le sue mani sfiorano la toppa dei miei pantaloni. Stringo ancora più forte le lenzuola. -Bravo...- mi bacia sulla mascella, allontanandosi.
Il mio viso è rosso, bollente. Rovente come la lava.

Si alza completamente. E sempre con quel suo modo freddo di fare, alza la testa guardandomi dall'alto in basso -spogliati- ordina -devo punirti per la tua insolenza- borbotta togliendosi velocemente i suoi vestiti.
Annuisco mettendomi seduto sul letto. Sbottono il primo bottone della camicia mentre lo sento che mi guarda. -La camicia non la togliere- sussurra velocemente. Alzo lo sguardo abbastanza confuso.
Lui alza gli occhi al cielo e sospira -la voglio togliere io- spiega brevemente smettendo di guardarmi. Se potessi, diventerei ancora più rosso.
Non rispondo, e mi slaccio i pantaloni -A-Anche questi?- balbetto indicando i boxer che non ho tolto. Lui mi da una breve occhiata -sì- risponde per poi distogliere nuovamente lo sguardo.
Lo faccio scivolare via. Abbassando lo sguardo dal suo corpo completamente nudo mente io... Rimango con una misera camicia sottile.

Sʜᴀᴅᴇs Oғ Yᴏᴜ • Sfumature Di Te • ERERIWhere stories live. Discover now