11) Sleepwalking Past Hope

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Il "marchio" che le aveva lasciato lei la sera dello scontro pulsava. Rosso e potente. Sembrava il battito inquietante di un cuore in aritmia. Nonostante fossero distanti mezzo metro poteva sentire il suo calore. Era bollente. Infettato da un graffio del demone. Non era svenuto. Era entrato in una specie di catatonia. Si era perso dentro la sua testa e nelle condizioni emotive in cui era messo era la cosa peggiore che potesse accadergli. Doveva portarlo da lei. Lo prese tra le braccia. Spiegò le ali a via nella notte fino a casa sua.
Lo stese sul letto. Doveva entrare nel suo mondo interiore per cercare di riportarlo indietro. Aveva un'ora per farlo altrimenti sarebbe rimasto lì per sempre senza neanche la possibilità di morire. Era questo forse quello che voleva? Vivere un incubo eterno? Trovarsi nella solitudine senza speranza? Quanta oscurità in un angelo. Ancora una volta rimase stupita da lui. Lo legò al letto per impedirgli di farsi del male o di farne a lei. Si sdraiò sopra di lui. Con le labbra ardenti poggiate sul marchio come a succhiarne l'essenza. Prese un respiro. Era agitata. Sapeva che rischiava anche lei. Non si sa mai cosa si può trovare nell'animo di un'altra persona. C'era pericolo che anche lei rimanesse intrappolata in quel labirinto mentale. Tanto più che non c'aveva mai provato. Ma per lui sentiva di doverlo fare. Non poteva permettere che "morisse" così. Lui era un suo "prodotto", il suo angelo marchiato. Ne era quasi "gelosa". Lui era suo. Non avrebbe permesso che quel demone lo distruggesse poteva solo lei. Chiuse gli occhi. Si concentrò sul calore del suo corpo. Un attimo dopo si perse dentro di lui.
All'inizio fu come precipitare in un pozzo buio. La sensazione di vertigine le dette la nausea. Durò abbastanza da mandarla leggermente nel panico. Poi cadde malamente in uno spazio dove non si vedeva nulla ma si sentivano suoni altissimi, strani, disturbanti. Infine si ritrovò in una specie di manicomio abbandonato. Doveva essere quello il centro della sua psiche. Doveva cercare li. Tra i suoi incubi più profondi. C'era una scala che portava al piano superiore e una botola che portava a quello inferiore. Senza pensarci un attimo scese giù. Se l'edificio rappresentava la sua psiche era più logico scendere verso il cuore che salire verso il cervello. Il piano sottostante era pieno di stanze. Metà delle luci mancavano o facevano luce ad intermittenza. La penombra che si creava era di un fastidioso verde acido che ricordava gli ospedali nei film horror più trash. Nausea. Nausea. Ancora nausea.
Iniziò a sbirciare nelle stanze e si rese subito conto che in ognuna c'era la rappresentazione di una sua paura. Alcune erano ancestrali, come quella del buio o di essere seppellito vivo o ancora di non riuscire a difendersi né a scappare in caso di pericolo. Altre, le più interessanti per lei... Erano quelle personali. Si ritrovò a contatto con la paura di diventare una persona "assente emotivamente" come erano stati i suoi genitori che mai avevano capito quanto fosse sensibile. Poi con quella di essere dimenticato dalle persone che amava. Poi con alcune un pochino più fisiche. In una stanza addirittura c'era lui con le braccia e le gambe legate e c'era una proiezione di se stessa molto più abbrutita che gli infilava siringhe nelle braccia. In un altra c'era lui che provava a suonare la chitarra per la ragazza che amava ma si incasinava e non riusciva facendo una figuraccia. E al momento di scusarsi gli spariva la bocca lasciandolo deforme. Sembrava un mostro. In un'altra era legato e torturato. Ma non era ancora abbastanza. Doveva cercare più a fondo. L'essenza stessa del suo lato oscuro. Quello che puntualmente gli si rivoltava contro da quando aveva perso la ragazza Emo. Continuò a camminare per il corridoio vivendo di stanza in stanza parti di lui mai viste. Nascondeva bene le sue paranoie. Dietro una porta a vetri c'era una paura che mai si sarebbe aspettata: la paura che lei, Danger, non gli volesse bene. Ma quando era insicuro e confuso questo angelo? Davvero voleva così tanto sentirsi accettato da provare amicizia per lei? Proprio per la sua nemesi? La persona che l'avrebbe distrutto alla prima occasione? Sorrise amaramente. Non sapeva più cosa pensare di uno così! Si avvicinava la fine del corridoio. C'era una porta e doveva solo scoprire se li ci fosse una stanza o l'entrata per un "altrove" della sua mente. Prese coraggio. Doveva ammettere che si sentiva un po' stalker ma lo stava facendo per una "buona causa": quella del male! Le tremavano le mani. Ok cazzo! Era DANGER non poteva esitare. Apri la porta e... Ops... La sua paura più grande?!?!? Che cazzo!!! C'era lui disperato in un angolo che tentava inutilmente di liberarsi da una camicia di forza. Legato così non poteva muoversi. Non poteva alzarsi. Gli occhi tenuti aperti da mollette: una "cura" stile Alex di "Arancia meccanica" ma la sua "punizione" era molto peggiore... Aveva a che fare con chi aveva perso, con chi temeva di perdere e con i suoi sensi di colpa.  C'era se stessa che... si... no... cazzo!!! Si stava scopando la ragazza Emo!!! I corpi bollenti avvinghiati, baci focosi mani da tutte le parti più intime  e gemiti  di lussuria disumana... wow. Oddio! No! Era troppo! Lui stava impazzendo e a dire la verità anche Danger stava sclerando per bene ma in un'altra maniera. Era eccitata. Era entrata nella sua mente per riportarlo alla realtà e adesso era lei ad essere tentata di rimanere lì! Per un attimo si chiese se era possibile partecipare a quella fantasia! Sarebbe stato stranissimo farlo con se stessa e con quella ragazza di cui era già stata "innamorata" tramite i sentimenti di lui. Confusione totale. Mai lo aveva visto più fragile. Adesso davvero sembrava uno zombie. Se non si fosse sbrigata a riportarlo indietro sarebbe rimasto in quella follia per sempre. L'angelo continuava a gridare disperatamente. Chiedeva a Dio o chi per lui di farlo morire. Era allo stremo. Nel frattempo le due ragazze erano perse in... diciamo che ognuna si occupava con la bocca delle parti delicate dell'altra. Il tutto con lui che ormai non riusciva neanche più a gridare.
Danger si fece coraggio. Provò a chiamarlo. Lui non rispose. Ormai era perso in un incubo nell'incubo. Provò a toccarlo. Lui cercò di appiattirsi ancora di più sul muro. Era spaventato. Distrutto. Nei suoi occhi il riflesso spettrale di ciò che stava vedendo. Era la morte. A questo punto lei... giocò una carta che non avrebbe voluto usare: Si mise tra lui e le sue visioni, le fece scudo col suo corpo demoniaco spiegando le ali. Lo guardò un attimo esitando... poi lo baciò sulla bocca in modo violento. Non era un vero bacio. Era un qualcosa di diverso. Gli stava togliendo il marchio. Voleva ancora che fosse "suo", voleva ancora distruggerlo ma in quel momento era l'unico modo per riportarlo alla realtà. Mentre le loro bocche si staccavano un turbine emotivo li colpì. Nelle loro teste tutte le paure di entrambi si fusero per poi implodere nel buio totale. Era la fine di tutto?
Si svegliarono entrambi nel letto di lei. Era riuscita a farlo tornare. Danger era ancora sopra di lui. I loro visi vicini si guardavano imbarazzati. Le bocche a pochi centimetri respiravano in sincronia perfetta. Quasi fossero l'uno il respiro dell'altra. Lei si scostò da sopra. Si mise di fianco a lui. Ancora affannati entrambi. Davanti a loro seduto su una sedia di fronte al letto, Lucifero li osservava con occhi indecifrabili.

When love and death embrace Where stories live. Discover now