Lo sfogo

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Aveva superato di pochi metri la porta d ingresso quando sentì i passi frettolosi di qualcuno. Non aveva bisogno di girarsi per sapere che Clarke lo stava seguendo.

Avrebbe voluto allontanarsi ancora di più ma sapeva che lui aveva creato quella situazione ed era ora che venisse affrontata.

Si fermò aspettando che lei lo raggiungesse, non si voltò a guardarla, fu lei a doverlo superare per pararsi di fronte a lui.

"Mi vuoi spiegare quella sparata che hai fatto dentro?" chiese affannata Clarke.

"Mi vuoi spiegare perché in tutti questi giorni, da quando mi hai detto – non è ancora finita – hai fatto finta che tutto andasse bene mentre sappiamo entrambi che siamo nuovamente in pericolo?" ribattè Bellamy.

"Avevo parecchio a cui pensare prima di poterne parlare. A Polis le cose stanno andando bene, non volevo rovinare tutto" rispose Clarke sviando lo sguardo.

"E quindi hai pensato che nemmeno io dovevo sapere a cosa andremo incontro?" disse Bellamy senza cedere.

Clarke strinse le labbra in una linea sottile prima di rispondere.

"Sapevo che stavi pensando a Octavia, so che vorresti trovarla, aspettavo di capire cosa volessi fare prima di..."

"Stronzate" la bloccò Bellamy "non è questo il problema e tu lo sai, Octavia ha fatto la sua scelta, una scelta con cui dovrò convivere, l'ho lasciata andare perché sapevo che non avrei potuto fare niente per lei in quel momento. Perché vuoi continuare a farti del male Clarke" chiese Bellamy toccandole il mente per spingerla ad alzare gli occhi e guardarlo.

"Io non mi sto facendo del male Bellamy" rispose Clarke deglutendo a fatica.

"Una volta mi hai detto che ti fidavi di me, che insieme potevamo risolvere qualunque situazione ci si sarebbe parata davanti, perché adesso non vale più?"

Clarke spostò il mento di scatto per non guardarlo.

"Io mi fido di te Bellamy, avrò bisogno di te ora più che mai, perché questo non ti basta, ne avremmo parlato dopo, tutti assieme, perché non ti va bene?" alzando lo sguardo e puntando i suoi occhi chiari su di lui.

"Vuoi sapere perché non mi va più bene principessa?" replicò Bellamy lasciando che un sorriso sarcastico gli si dipingesse sulle labbra.

"Perché sono stanco di vederti divorata dai sensi di colpa, dal peso di decisioni che non dovresti prendere da sola perché, finchè continuerai a lasciarmi indietro, non potrò mai proteggerti." Prese un profondo respiro prima di continuare, lasciò che il suo sguardo spaziasse fra i boschi e le montagne di fronte a se.

"Clarke, quando hai deciso di prendere la fiamma, ero accanto a te, hai cercato la mia mano e io te l'ho data, te l'ho stretta per darti anche la mia forza. Per continuare a darti il mio sostegno, la mia forza, devo stare accanto a te. Guardami Clarke" le disse obbligandola a guardarlo "Insieme significa condividere e per farlo dobbiamo parlare. Non puoi portare ogni peso da sola, non è giusto e non ti fa bene. Ti chiedo solo di parlarmi sempre e non chiuderti. Lo puoi fare per me?"

Bellamy sentiva nella sua voce il tono della preghiera, ma era così che si sentiva, non riusciva più pensare di vedere Clarke così: distaccata, distante e sofferente. Aveva già perso Octavia quando non erano più riusciti a parlare, non poteva pensare di perdere anche lei allo stesso modo, non quando avevano ancora qualcosa di grande e che la spaventata da affrontare.

Attese in silenzio che Clarke parlasse, non riusciva nemmeno ad intuire cosa avrebbe potuto dirgli quando lei crollò davanti ai suoi occhi.

D'impulso la sostenne prima che cadesse sulle ginocchia, la fece lentamente sedere a terra, le mani di Clarke erano aggrappate alla sua giacca, il suo viso era nascosto contro il tessuto e singulti squassavano le sue spalle.

Nuovi iniziWhere stories live. Discover now