L'agguato

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Clarke si avvicinò alla figura poco distante al luogo dove avevano deciso di allestire il campo.

In quel momento Bellamy gli stava dando la schiena, osservava il fiume che scorreva davanti a lui e la riva dall'altra parte, ogni tanto il suo sguardo si spostava a destra e a sinistra, il fucile imbracciato.

Da quando avevano attraccato, Roan e Bellamy avevano cominciato a battere parte delle rive vicino al campo e l'entroterra, una prima perlustrazione mentre loro preparavano il campo per la notte.

Fermarsi prima che facesse buio piuttosto che inoltrarsi nella foresta che li avrebbe portati a Polis significava rallentare la tabella di marcia che avevano pianificato ma, entrambi gli uomini, avevano valutato che quel luogo con il fiume alla spalle era molto più difendibile rispetto ad accamparsi in mezzo ai boschi.

"Ti ho portato qualcosa da mangiare" disse Clarke mettendosi di fianco a lui e appoggiando su un masso la ciotola con lo stufato che Emori aveva preparato.

Bellamy si girò e le sorrise ma, per diversi istanti non si mosse dalla sua posizione, il suo sguardo nuovamente alla sponda del fiume. Clarke come lui osservava il fiume, molti pensieri e preoccupazioni si susseguivano nella sua testa e, non ultima, la consapevolezza che quel qualcosa di ancora inespresso fra loro stesse diventando una barriera.

Durante il viaggio in barca avevano parlato poco, da quando erano partiti la mattina presto avevano passato gran parte del tempo fra le cartine topografiche e altre carte che Raven aveva portato con se. Tutti si erano concentrati sulle posizioni delle varie centrali, calcolando distanze e possibili gruppi di tecnici e guardie da mandare per ogni centrale. Anche Roan aveva partecipato a quelle discussioni, cosa questa, che aveva sorpreso parecchio Clarke visto le ultime parole che si erano scambiati il giorno prima poi aveva capito: come tutti, pianificare quel futuro, significava non pensare a cosa sarebbe successo quando sarebbero arrivati a Polis.

Ora la tensione di quella notte all'aperto con una minaccia tangibile rendeva lontani i ricordi del loro viaggio all'andata.

"Posso fare la guardia io mentre mangi" disse.

Bellamy si girò fissandola, sembrava pensieroso e non propenso a lasciare la sua posizione di guardia. "Guarda che mi ricordo ancora ciò che mi hai insegnato" continuò Clarke con un mezzo sorriso.

La ragazza capì che anche lui ricordava quella lontana notte in cui avevano trovato i fucili e, per la prima volta, lei aveva ammesso di aver bisogno di lui.

Erano passati solo 6 mesi eppure sembrava una vita intera. Nemmeno all'epoca si fidavano ancora completamente l'uno dell'altro eppure entrambi sapevano che avevano bisogno l'uno dell'altro.

Forse quello fu anche il pensiero di Bellamy perché annuì e le passò il fucile prima di sedersi sulla roccia e mangiare.

Clarke imbracciò il fucile, le sembrava così estraneo, le armi non erano mai state il suo forte e, con il fucile, aveva sparato solo in quella occasione ma lo tenne stretto a se cominciando a scrutare la riva come aveva fatto Bellamy poco prima. Si rese conto che era una cosa che non aveva mai fatto prima. Non le erano mai capitati turni di guardia, di imbracciare un'arma per salvarsi la vita. Lo aveva fatto quando era da sola, quando aveva salvato Lexa da Puana ma di solito era Bellamy che aveva quel ruolo. Difendere lei e gli altri.

Gli lanciò uno sguardo di sottecchi, lui osservava i boschi concentrato. E, forse per la prima volta, Clarke si chiese come doveva essere passare ogni istante della propria vita con un'arma fra le mani e la tensione di dover uccidere o ferire qualcuno per difendere se stesso e le persone che amava. Era una sensazione di cui non era mai stata consapevole conscia che, ogni volta che si era mossa o aveva viaggiato, altri la difendevano.

Nuovi iniziOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz