La cosa più preziosa

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Avevano finito di mangiare presto e, mentre loro riordinavano ciò che avevano usato, Bellamy si era allontanato per cominciare il suo turno di guardia.

Clarke si guardò in giro, il guerriero grounder si era già disteso accanto al fuoco per dormire, Emori, John e Raven osservavano il fuoco parlando ogni tanto, persi per lo più nei loro pensieri.

Sopra di loro la volta stellata era illuminata dalla pallida luna piena e solo le stelle più lucenti facevano capolino fra la luce lunare. Infilò le mani dentro il giaccone, il freddo e l'umidità della sera cominciavano a lentamente a salire.

Clarke si spostava attorno al campo senza meta, si sentiva agitata, Emori aveva avvisato loro che l'indomani nel pomeriggio sarebbero arrivati vicino alla casa dove Jaha aveva trovato ALIE e la ragazza non si sentiva pronta ad affrontare la verità.

Nei due giorni appena trascorsi aveva evitato di pensarci, cercando di relegare nell'angolo più buio della sua mente il problema ma ora lo sentiva nuovamente emergere.

Strinse con forza nella mano destra, infilata nella tasca, la scatola che conteneva la fiamma, lo spirito di Lexa. Dopo la Città della Luce e lo scontro con ALIE pensava di avere la forza di lasciare la fiamma ai loro legittimi proprietari, i clan, eppure, appena si era ripresa, l'aveva chiesta alla madre che l'aveva conservata, l'aveva messa nella scatola e impulsivamente l'aveva portata con sè.

Anche se sapeva che il ricordo dell' Heda sarebbe rimasto sempre con lei e che doveva superare il passato, non era ancora pronta a lasciarla andare. Sentiva che se avesse rinunciato a quell'ultimo frammento la sua vita sarebbe andata avanti definitivamente e, una parte di lei, non ne aveva ancora il coraggio.

Lexa le aveva insegnato molto e sentiva di avere ancora bisogno del suo sostegno, per quanto irrazionale fosse.

I suoi passi la portarono dove sapeva che Bellamy era di guardia. Aveva bisogno di lui, si rese conto, aveva bisogno che la rassicurasse, che scherzasse con lei e che dicesse che ogni cosa sarebbe andata bene.

Il bosco non era troppo fitto e presto vide la figura di Bellamy accovacciata, le spalle appoggiate al tronco di un albero. Non riusciva a vedere il suo viso ma sembrava concentrato a fissare un punto davanti a lui.

Clarke sentì spezzarsi un ramo sotto i suoi piedi e vide il giovane fulmineo ma silenzioso prendere l'arma accanto a lui e girarsi nella sua direzione. Dovette riconoscerla perché si rilassò subito e riappoggiò il fucile di fianco poi lo vide volgere nuovamente il capo in un'altra direzione, in attesa, forse, che lei si avvicinasse.

Quando lo raggiunse si sedette ai piedi del tronco, appoggiando anche lei la schiena ad esso. Percepiva accanto a se la presenza e il calore confortante di Bellamy e, questo, si rese conto, le bastava.

Rimasero in silenzio, entrambi concentrati ad osservare la roccia illuminata dalla luna che faceva da passerella sopra la spaccatura del terreno.

Clarke era colpita dalla forza che doveva essersi generata per rompere in quel modo la montagna e, al cui confronto, lei si sentiva minuscola e impotente.

Quel pensiero le fece nuovamente salire l'ansia, avrebbero dovuto combattere non contro degli uomini o una macchina ma con un mondo immenso che li avrebbe avvelenati lentamente. Prese un profondo respiro cercando di calmarsi.

Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall'ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata additata e accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso che nemmeno lei sapeva spiegare.

Nuovi iniziWhere stories live. Discover now