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Nell'arco di quel lungo anno (mese più o mese meno) aveva spesso pensato a quale genere cinematografico potesse appartenere la sua storia, nel caso un regista avesse deciso di scriverne la sceneggiatura. Si poteva pensare al genere thriller, ma le contaminazioni dell'horror sarebbero state evidenti e a quel punto si sarebbe dovuto individuare il sottogenere, tra slasher, splatter, torture-porn e via dicendo.

Ma il film si sarebbe ispirato a una storia vera e a maggior ragione l'intero filone non era basato su storielle inventate. Da quando l'uomo aveva fatto la sua apparizione sul pianeta Terra, era nato il mito del serial killer, figura spietata e sanguinaria capace di compiere una strage senza provare il minimo senso di colpa. La maggior parte di essi erano stati fermati, ma molti assassini avevano completato il corso della loro vita agendo impuniti. 

Sul computer del proprio ufficio, dopo aver completato le ultime pratiche, utilizzò il tempo che le rimaneva per fare alcune ricerche e passò alcuni minuti a spulciare la storia di Jack lo Squartatore, probabilmente il serial killer più famoso della storia, proprio per il fatto di non essere mai stato scoperto, nonostante fossero state create vere e proprie biblioteche di volumi che proponevano tesi strampalate o inverosimili sulla sua vera identità.

In quella vicenda, come in altre, il comune denominatore erano le donne. Certo, in molti casi le vittime potevano essere di altra natura, come coppiette o fanciulli innocenti, ma i predatori di donne erano un'enormità, per ragioni che potevano spaziare dalla frustrazione alla semplice follia e tra essi Monica aveva avuto modo di conoscere Luca Quaranta, che secondo le stime aveva ucciso circa trenta donne.

Sul dossier che le era stato consegnato non si era detto molto al riguardo, ma per quel poco che lo conosceva, aveva notato in lui una doppia natura. Una malvagia e violenta, l'altra dolce e suadente, un binomio imperfetto capace di creare devastanti conseguenze. Non sapeva quale ruolo avesse il complice o chi per lui, ma le sue intenzioni erano chiare e non ci vedeva nulla di romantica.

Guardò l'orologio e si accorse che mancavano pochi minuti al termine dell'orario del lavoro. Cancellò la cronologia, di modo che nessuno avrebbe potuto effettuare controlli sul suo terminale, poi spense il PC. Certo, non sarebbe finita nel novero dei "furbetti del cartellino", in quanto si era distratta per pochi minuti, ma aveva già troppi guai e non voleva aggiungere anche quelli lavorativi.

Prese le sue cose e sgattaiolò nell'atrio, dove la maggior parte dei dipendenti era già pronta a uscire da chissà quanto tempo. Voglia di lavorare ovunque, pensò. Mancavano pochi giorni a Capodanno e l'edificio si sarebbe svuotato per l'intero week-end, piombando nel silenzio assoluto, quello di cui Monica sentiva di aver bisogno in quel momento. Prese il badge e fece per passarlo nella macchinetta, quando una mano le toccò la spalla, facendola sobbalzare.

"Scusa, non volevo spaventarti." disse Paola, la collega addetta alla reception.

"Figurati, ero solo sovrappensiero."

"Allora? Hai pensato alla nostra proposta per l'ultimo dell'anno?".

"Non lo so, non ho ancora deciso."

"Dai, non puoi darci buca! Sarà divertente! Abbiamo già organizzato tutto... cenone, discoteca, post-sbornia..."

Monica sorrise. "Ci penserò. Promesso."

"Va bene." affermò Paola, la quale era a conoscenza degli eventi che stavano travolgendo la vita della collega. "Se cambi idea, sei sempre ben accetta."

"Ti ringrazio. Davvero."

Ovviamente avrebbe chiamato Paola l'indomani dicendole che non se la sentiva, oppure che le era sopravvenuto un impegno importante. Avrebbe capito. Il giorno prima, invece, aveva avuto una piccola discussione con Sharon, rimasta offesa per lo stesso motivo, ma poche ore dopo avevano chiarito, incapaci di mantenere a lungo un litigio. Stava allontanando tutti, ma non poteva far finta di nulla, almeno fino a quando non si fosse sentita davvero al sicuro.

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