No, non morderlo...

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Erano le quattro di mattina quando tornai a casa. Katherine mi aveva trattenuta per chiedermi di tornare anche il giorno dopo, poi aveva preso Travis e gli aveva ordinato di restare con lei per pulire il piano bar.

«Devi farmi ancora cambiare idea, ragazzino!» aveva sbraitato quando lui le aveva chiesto il perché di quella forzatura.

Io avevo deciso di non immischiarmi e me l'ero data a gambe, infilandomi tra gli ultimi ospiti della sala e salutando Amelia ancora alla reception con altre due ragazze sorridenti ma poco sveglie.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono i miei occhi corsero subito alla porta di casa di Destan.

Che fine aveva fatto quel ragazzo?

Dopo il nostro veloce incontro al bancone del bar non l'avevo più visto. Un sacco di ragazzi erano usciti dalla Mela, ma lui no. Lui era rimasto dietro la porta riservata al personale e non si era più fatto vedere.

Eppure sarebbe dovuto rientrare da un momento all'altro…

Entrai in casa e mi chiusi la serata alle spalle.

Fare la cameriera per quel locale era divertente, ma i miei piedi chiedevano pietà e le ginocchia minacciavano di cedere da un momento all'altro.

Lanciai la borsa sul divano e misi il telefono a caricare. In quella casa vuota io ero l'unica fonte di rumore; per quanto la cosa potesse sembrare triste quella calma era l'unica cosa utile in quel momento.

La musica assordante della Mela era bella, ma a lungo andare le orecchie mi erano andate in tilt.

Quando aprii gli occhi il sole splendeva alto nel cielo, le tende che coprivano le finestre erano completamente spalancate dal giorno prima e caldi fasci di luce riscaldavano le coperte.

Mi alzai contro voglia e lanciai un'occhiata truce all'orologio attaccato alla parete sopra la testata del letto. Segnava le 12:35.

Avevo sprecato un sacco di tempo, ma potevo ancora mangiare qualcosa e poi mettermi a scrivere.

Entrai in cucina e aprii il frigo, forse era rimasto qualche pezzo di pizza dal pranzo del giorno prima…

I miei occhi incrociarono il cartone chiaro della pizzeria e il mio sorriso si illuminò.

Accesi lo stereo e inserii il mio disco preferito.

Ora avevo la pizza, la musica e un'intera giornata da dedicare alla scrittura.

Non potevo chiedere di meglio!

Riscaldai il mio pranzo, presi una birra dal frigo e accesi il computer.

Quello era il paradiso.

Lasciai che le parole scorressero sulla tastiera e in pochi minuti mi ritrovai agli albori di una storia d'amore di cui non conoscevo neanche i personaggi. Il prologo era confuso e la protagonista poco delineata.

Stavo per cancellare tutto il lavoro quando qualcuno bussò alla mia porta.

A quanto pare i cittadini di San Diego riescono a trovare sempre il momento esatto per venire a rompere le scatole a me!

Sbuffai infastidita e urlai un “Chi è?” dalla mia postazione. Per mia sfortuna non udii alcuna risposta: la musica era troppo alta e a malapena si sentiva la mia voce in tutto quel trambusto.

Quindi fui costretta ad alzarmi e dirigermi verso quella dannatissima porta.

Probabilmente l'avrei fatta murare, prima o poi. Sarei entrata dalla finestra, pazienza.

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