Fammi delle cose...

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Boccheggiai per qualche istante, rendendomi conto che, dopo tutto quel nervosismo, non ero riuscita a pianificare il corso degli eventi o, almeno, come spiegargli la situazione.

Mi ero fatta distrarre da Cameron e poi dalla strada e non avevo concluso niente.

Ma Destan era lì, in piedi davanti a me. La sua pelle mi invitava a sfiorarla e il mio corpo non faceva che peggiorare la situazione.

Non riuscivo a pensare a niente se non ai suoi occhi.

I suoi occhi.

I suoi occhi nocciola, che mi accusavano di qualcosa che non avevo ancora capito. Le sue labbra strette e la sua mascella irrigidita dal nervosismo.

Probabilmente mi odiava. Ne ero sicura.

Alzai la testa di nuovo e provai a sostenere il suo sguardo senza arrossire per l'imbarazzo.

Lui mi stava fissando in silenzio.

Sembrava una bellissima statua.

Una statua che avrei fatto meglio a non toccare.

«Senti... Ho bisogno del tuo aiuto» sussurrai a denti stretti, sperando di mordermi la lingua.

Se si fosse voltato e fosse andato via, lo avrei capito e non mi sarei neanche presa la briga di rincorrerlo. Magari aveva bisogno di un po' di tempo per smaltire la rabbia.

Ma perché era arrabbiato?

Sospirò.

«Non mi interessa, non voglio più avere niente a che fare con te. Sparisci.» ringhiò in risposta.

I suoi occhi brillavano e la sua forza si poteva percepire nell'aria. Probabilmente avrei fatto meglio ad andarmene.

Ma rimasi immobile e provai a sfoderare un po' di grinta.

«Ho bisogno che tu mi... mi faccia delle cose.»

No. Approccio sbagliato, Elara!

Rimedia, rimedia, rimedia!

Destan sorrise veleno e mi guardò dalla testa ai piedi con uno sguardo che mi ferì più di cento parole.

Lui provava disgusto.

«Non ti basta quello che fa Cameron?» sputò poi, indietreggiando per tornare nel suo camerino.

Strinsi i pugni e feci un passo avanti.

«Puoi... Senti, puoi lasciar perdere la faccenda di Cameron per un istante?»

Continuò a camminare e io persi lo sguardo sui muscoli della sua schiena, che guizzavano ad ogni passo.

La sua figura si allontanava da me e io ero inchiodata al pavimento.

Poi parlai.

«Lei non lo sa, vero?» chiesi, sperando che il mio nuovo piano ー quello che mi ero appena inventata ー andasse in porto.

Si arrestò e si voltò a guardarmi. Sembrava confuso, glielo si leggeva in faccia.

Rimase a fissarmi, aspettando che io continuassi a parlare.

«Tua madre non sa che tu fai il ballerino in un night club» aggiunsi con fare spavaldo.

Sperai con tutto il cuore che fosse così. Sperai con tutto il cuore.

La sua espressione cambiò e io capii di aver fatto centro. Ormai era fatta.

La sua mascella tornò rigida e i suoi occhi si fecero ancora più affilati.

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