Bollicine

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Nel silenzio della mia cucina, guardai l'orologio appeso sopra il frigo, a malapena riuscivo a sentire il ticchettio incessante che producevano le lancette, ma bastava per per farmi venire i nervi.

Però forse me lo stavo solo immaginando, tanto era abituata a udirlo.

A volte avevo persino pensato di buttare via quel cazzo di oggetto attaccato al muro, durante la notte faceva così tanto fracasso che mi ero ritrovata più e più volte a non riuscire a dormire.

Tic tic tic...

Lo fissai per qualche istante, sentendo la testa ondeggiare contro la parete, e poi poggiai nuovamente le labbra alla bottiglia di spumante che avevo trovato nell'alta del frigo.

Forse non era spumante... non riuscivo a ricordare bene.

Aggrottai la fronte e provai a leggere la targhetta incollata sul vetro scuro, ma la mia testa era una barca intenta a navigare su un mare burrascoso e l'istinto di vomitare offuscava qualsiasi altro senso, tanto da non riuscire a farmi concentrare.

Reprimetti un conato e buttai giù qualche altro sorso.

Avevo guardato l'orologio per un motivo, no?

Che ore erano?

Alzai nuovamente lo sguardo, facendo finta che i bulbi oculari non mi facessero male, e cercai di mettere a fuoco le lancette, mentre queste ondeggiavano visibilmente.

Dannazione, non stavano ferme!

O forse ero io a muovermi?

Ero distesa contro il muro della cucina, non ricordavo bene da quanto tempo fossi in quella posizione, però la trovavo estremamente comoda, nonostante mi si fosse intorpidito il fondoschiena.

Accanto a me giaceva una bottiglia che avevo trovato già mezza vuota e il Quasi Spumante era stretto nella morsa ferrea della mia mano sudaticcia e tremolante.

Tic tic tic...

Non seppi il perché, ma mi trovai a ridere. Stavo sprecando la mia vita in un modo così stupido che quasi me ne vergognai, seduta lì come l'ultima delle alcolizzate e nuovamente disoccupata.

Ma non ci rimuginai per molto, non ero nelle condizioni; quel pensiero venne lavato via dall'ennesimo sorso di alcool che si tuffava nella mia gola in veste di unico sollievo nell'arco di mille kilometri.

Forse avrei dovuto mangiare qualcosa, altrimenti mi sarei svegliata il giorno dopo con la peggior sbornia della mia vita.

Magari la peggiore no, ma probabilmente mi ci sarei avvicinata.

Guardai il vetro scuro della bottiglia, riuscendo quasi a specchiarmici. Persino dal riflesso stretto e allungato, riuscivo a vedere gli occhi stanchi e i capelli sfatti. Dovevo avere una pessima cera e il mio alito doveva sicuramente puzzare in una maniera assurda

Sospirai e bevvi di nuovo, percependo le bollicine frizzarmi sulla lingua e poi nello stomaco, era come aver ingoiato un'aspirina. Ormai non sentivo neanche più il gusto.

Il mio respiro era praticamente l'unica cosa ad accompagnare l'incessante e martellante scoccare dei secondi di quel maledettissimo orologio a muro e la mia solitudine era quasi dolorosa.

Lo occhieggiai di nuovo, sperando che potesse frantumarsi solo con la forza del mio pensiero, e poi tornai a fissarmi le punte dei piedi, con le palpebre pesanti e la vista offuscata dal sonno.

Le gambe avevano iniziato a farmi male e il pavimento mi aveva praticamente congelato le chiappe. Dovevo alzarmi in fretta.

Quando il campanello suonò di colpo, io quasi feci cadere il preziosissimo spumante che tenevo in mano.

Inspire MeWhere stories live. Discover now