Un ladro di calzini sporchi

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L’istante dopo la stanza si riempì di tensione, così fitta da poter essere afferrata in mano. La mia bocca era secca e la poca saliva rimasta aveva la stessa consistenza della colla vinilica, rendendomi difficile articolare anche le parole più semplici, tipo “Che diavolo ci fai tu qui” e “Ti prego, amputami la mano perché sto per morire”.

Quindi rimasi in silenzio, mentre lui scrollava le spalle e si voltava verso di me con un'aria cupa dipinta in volto.

Non sapevo che dire e, soprattutto, come dirlo; la sbronza mi stava passando e la testa aveva iniziato a farmi un male assurdo.

Da quanto tempo non bevevo dell'acqua fresca?

Lo vidi sospirare e togliersi la giacca, per poi lanciarla sul letto e sparire lungo il corridoio.

Se fossi stata nel pieno delle mie forze l'avrei seguito, ma le ginocchia avevano assunto la stessa consistenza della pasta modellabile e il mio cervello sembrava essere fatto di vetro soffiato.

Quindi mi lasciai cadere sul letto e aspettai che lui tornasse, magari mi sarei addormentata in quel modo.

Tuttavia, prima che io potessi lanciarmi a peso morto tra le braccia di Morfeo, Destan sbucò dalla porta e mi si avvicinò con passo pesante.

Dalla mia posizione non riuscii a vederlo, ma quando mi prese per un braccio e mi costrinse a mettermi seduta sul letto capii che, probabilmente, ad averlo mandato sulla terra doveva essere stato proprio il Cielo.

Tra le dita stringeva un bicchiere di acqua ghiacciata e con l'altra mano, quella libera, mi tenne il capo dritto mentre cercavo di placare la mia gola riarsa.

Quando le mie labbra si scostarono dal vetro freddo gli sorrisi, ancora seduta sul bordo del letto.

«Grazie mille, Destan» sussurrai poi, sentendo il mio corpo ringraziarlo in tutte le maniere possibili.

Okay, dovevo calmarmi o mi sarei messa nuovamente nei guai.

Confidai nella mia forza di volontà e mi scostai leggermente dal suo tocco ancora fermo tra i miei capelli.

Mi sarei addormentata e poi avrei fatto finta che lui non fosse mai stato lì con me.

«Prego» rispose dopo qualche attimo, ritirando la mano e schiarendosi la voce.

Mi allontanai dal bordo del materasso e mi diressi verso il centro del letto, decisa a infilarmi sotto le coperte e dormire come un morto per il resto della mia vita.

Nel frattempo Destan aveva posato il bicchiere sul comodino grigio che stazionava accanto a lui e si era seduto per togliersi le scarpe.

Mi bloccai di colpo e la testa riprese a martellare come se un martello pneumatico si fosse piantato proprio nel cranio.

«Che stai facendo?» chiesi inquisitoria, cercando di ricordare se, per caso, l'avessi invitato a stare lì per la notte.

Non ricordavo di averlo fatto...

Il ragazzo che mi dava le spalle si fermò e si voltò a guardarmi confuso, lasciando che mi perdessi nei suoi occhi immersi nella penombra della mia stanza.

«Resto qui per la notte, hai bisogno che qualcuno si accerti che tu stia bene» spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Aveva la fronte appena aggrottata e un ciuffo di capelli gli ricadeva sugli occhi, lanciando lunghe ombre sulla sua guancia destra.

Rimasi a fissarlo per qualche istante, ma ero troppo stanca per mettermi a battibeccare con lui, quindi decisi semplicemente di girarmi su un fianco e infilarmi sotto le coperte. Magari mi sarei addormentata di colpo, no?

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