Niente di speciale

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Le ultime parole di Destan erano suonate come una promessa.

Era un pensiero idiota, lo so, ma qualcosa dentro di me diceva che non era il momento di fuggire e non farmi più vedere.

Finalmente le cose stavano cambiando e io non volevo tornare indietro sui miei passi.

Non come avevo sempre fatto.

E poi se non l'avessi visto quella sera sarei probabilmente impazzita e l'avrei ferito una volta per tutte.

Quindi arrivai alla conclusione che avrei soffocato con un cuscino la mia agitazione e ci sarei passata sopra come un uomo che cammina sui carboni ardenti.

Avrebbe fatto male, certo, ma sarei arrivata dall'altro lato.

Alle tre in punto corsi nel retro dell'angolo bar e mi tolsi il grembiule che Kate mi aveva prestato, posai il tablet e afferra la borsa.

Dopo essere uscita da quello spogliatoio avevo fatto ritorno tra i tavoli da servire e avevo raccontato brevemente l'accaduto al mio capo, omettendo la parte in cui io e Destan ballavano la danza dell'accoppiamento tra la nebbia e l'odore di calzini sporchi.

Kate era sembrata un po' confusa e poi era sparita nel retro senza aggiungere una parola o un commento.

Sierra, invece, aveva continuato a svolazzare da un ragazzo all'altro come un'ape a primavera e il suo orribile ronzio mi aveva dato alla testa. Io non ripresi certo l'argomento e lei fece finta di nulla.

Come se non mi avesse buttato addosso un bicchiere di fogna pura.

Travis & Co. erano rimasti seduti con i loro bei sederi sulle poltrone e si erano goduti la serata fino alle due e mezza di notte, poi avevano deciso di prendere le due ragazze immerse nei lustrini e portarle a ballare da qualche altra parte.

Ovviamente li avevo tenuti d'occhio per tutto il tempo e se due di loro non si fossero prodigati ad assaggiare le loro lingue, mi sarei preoccupata per Destan e sarei rimasta ad arrovellarmi per tutto il tempo. Fortunatamente Adelina e Guendalina avevano deciso di affondare l'ancora in altri porti e due ragazzi del gruppo ebbero il privilegio di essere incoronati principini della serata.

Mezz'ora dopo, il taxi mi aveva lasciata davanti al mio condominio ed era volato via nell'assordante silenzio della notte.

Da casa mia, in realtà, si potevano udire rumori in lontanaza: le macchine, i clacson, la vita della città, ma in quel momento mi sentivo immersa in una vasca di acqua gelida e le mie orecchie erano coperte da una coltre di nebbia fitta che mi rendeva sola e alle prese con le mie emozioni.

Le avevo sempre soffocate.

Le avevo sempre rinchiuse in una bottiglia e, come un naufrago, le avevo lanciate nel mare che circondava la mia isola sperando che qualcuno potesse prenderle e gestirle al posto mio.

Sperando che qualcuno potesse dirmi cosa fare con loro.

Ma nessuno poteva risolvere i miei problemi e mettere a tacere le mie emozioni. Nessuno poteva farlo proprio perché nessuno era me.

Vivevo in una casa da sola, a mie spese e nella mia indipendenza e mi consideravo una ragazza abbastanza matura.

Ma lo ero davvero?

Può definirsi matura una persona che non è in grado di prendere in mano la situazione, buttarsi nel vuoto e stringere i denti, se necessario?

Può definirsi matura una persona che non affronta gli ostacoli che ci sono all'interno del suo essere?

Ma magari non è questione di maturità, magari è questione di fragilità.

Perché nascondere i propri sentimenti sotto un tappeto di sarcasmo e bugie per paura di essere feriti non può essere definito un comportamento da persona forte.

Inspire MeWhere stories live. Discover now