Capitolo 22.

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La puzza di disinfettante invade le mie narici appena varco la soglia dell'ospedale, sono ancora sbigottita da quello che è accaduto in ambulanza.
Scuoto la testa per sbarazzarmi di quel pensiero orrendo e seguo la barella che trasporta Derek fino a dove è possibile, neanche passa un minuto che scompare dietro a delle porte bianche lucide con i medici e altre persone.
Non ho neanche avuto il tempo di guardarlo per l'ultima volta in faccia.
Sono sola in questo momento.
Il silenzio e la puzza di disinfettante mi torturano, non sono abituata a tutto ciò e la cosa non mi tranquillizza.
Mi siedo su una sedia e strofino le mani sulle gambe per tranquillizzarmi.
Devo pensare in positivo.
La mia mente è vuota e non ragiona, sono sotto shock.
Devo cercare di non farmi prendere dal panico.
Faccio dei respiri profondi, molto profondi, ma questo non aiuta, anzi peggiora la situazione.
Prendo il cellulare e digito il primo numero che viene.
Non so a chi sto chiamando, posso anche aver digitato il numero della pizzeria da cui ordiniamo la pizza, ma non è il momento per della pizza.
"Ma ciao, vi state divertendo eh?" Ridacchia la voce tenera di Theo.
Un brivido di amarezza e terrore mi percorre tutta la colonna vertebrale al solo pensiero che pochi minuti fa non c'era niente di divertente, ma anche tutt'ora.
Devo calmarmi, cacciare i pensieri cattivi e reagire.
"Siamo in ospedale" dico tutto d'un fiato con la fronte appoggiata sulla mano.
È come se avessi buttato il masso che mi portavo appresso.
Una sensazione bella.
"Che è successo?" Grida quasi Theo al cellulare.
Ho capito che sei entrato nel panico anche tu ma io voglio ancora sentire da tutt'e due le orecchie, grazie.
Sento chiamarmi da qualcuno e alzando lo sguardo vedo mio padre che mi guarda strano, come se non capisse che ci faccio qui.
Ma la domanda più grande è: perché lui è qui?.
Chiudo la telefonata anche se Theo sta cercando di comunicare con me e capire in quale ospedale sono e cosa è successo.
Posso immaginarlo mandarmi a fanculo in questo momento.
Papà si avvicina a me e abbassandosi fino alla mia altezza mi guarda negli occhi.
Sta cercando di capire cosa è successo dai miei occhi.
"Derek" riesco solo a dire prima di scoppiare nuovamente a piangere.
Non riesco a trattenerle, sembro patetica in questo momento.
Dovrei stare tranquilla e non pensare a niente ma non ci riesco, i miei pensieri sono fissi su quello che è successo in ambulanza.
Si siede accanto a me in silenzio e facendo appoggiare la mia testa sul suo petto mi accarezza il volto.
Ha le mani calde e ruvide che fanno contrasto con il mio viso liscio, bagnato e freddo.
È una sensazione strana ma allo stesso tempo bella.

Passano due ore e non si sanno ancora notizie di Derek.
Theo sta arrivando con Alex, Teylor era a casa dei suoi e non poteva liberarsi al momento ma la capisco.
Sono ancora a metà strana, loro due, capisco anche il perché.
La strada da dove abitiamo noi al bosco ci vuole un'oretta e mezza, dal bosco all'ospedale più vicino un'altra mezz'ora.
Poi il tempo che mi riprendessi e dicessi a loro in quale ospedale eravamo è passato un po' di tempo.
Al momento però sono coccolata dalle calde braccia di mio padre che mi tranquillizzano.
Sono in un stato di trans, dove tutto ciò che mi circonda non mi interessasse.
Mi sento a casa tra le sue braccia e vorrei starci per sempre.
Ma all'improvviso alzo il volto e mio padre abbassa il suo incrociando i nostri occhi.
Sono uguali.
Non ho mai notato fino ad adesso che ci assomigliamo tantissimo.
"Non devi andare a casa?" Domando con voce spezzata e roca.
"Sei più importante tu e Derek in questo momento. Io ci sarò per sempre bambina mia per te" mi rivela lasciandomi un soffice e caldo bacio sulla fronte.
Ecco il mio papà.
Due agenti di polizia entrano in sala d'aspetto.
Sembrano giovani ma allo stesso tempo non troppo vecchi.
Credo di averli già visti da qualche parte.
Uno dei due ha un tatuaggio sul collo e uno sulla mano, ma questo non può influire sul suo lavoro.
Una persona è libera di fare ciò che vuole con il proprio corpo, tipo in Spagna è legale vendere il proprio corpo, hanno reso le cose più semplici.
O almeno questo penso io.
L'altro poliziotto non ha tatuaggi ma capisco che fuma dal fatto che sta posando un pacchetto di sigarette Kent.
Non vedevo questa marca di sigarette da non so quanto.
Secondo me è sbagliato fumare, non si dovrebbe buttare una vita così.
Ma che poi, perché lo dovete fare? Ma fate altro, uscite con gli amici, giocate alla play, studiate ma non fumate.
I due agenti vedendomi vengono verso di me, sicuramente per denunciare l'accaduto.
Mi alzo da mio padre come se mi avessero chiamato.
"Lei è la ragazza di Derek Maches?" Dice con una voce seria ma allo stesso tempo gentile.
Annuisco con la testa e mi fanno cenno di seguirli in un posto più appartato per parlare.
Osservo per l'ultima volta mio padre e lui ricambiando il mio stesso sguardo mi incita di seguirli.
Gli sussurro un lieve grazie mentre percorro con i due agenti il corridoio, lui ricambia con un sorriso, un sorriso che non sa di falso.
Arriviamo fuori e una ventata di vento mi arriva forte in faccia facendomi quasi perdere l'equilibrio.
Ma da quando il vento è così forte e poi così freddo?
"State bene?" Mi domanda l'agente con i tatuaggi vedendomi in difficoltà.
Grazie vento, tranquillo, sei sempre e per sempre utile all'umanità, soprattutto a me che odio il vento.
"Si, odio il vento, soprattutto così forte" borbotto auto abbracciandomi.
"È normale questo vento da queste parti sa?" Ridacchia lo stesso poliziotto.
Ma non hanno un distintivo qualcosa con il loro nome? Vorrei proprio saperlo.
Mi ricordo ancora quando ero appena arrivata nel college e ancora non sapevo il nome del mio coinquilino.
Non sapevo neanche che saremmo arrivati a d'oggi.
La vita a volte mi sorprende.
Certi momenti sono felice mentre in altri come in questo momento vorrei solo stare nelle braccia di qualcuno che mi faccia star bene.
"Abito lontano da qua quindi no" dico con nonchalance.
Rimaniamo in silenzio con solo in sotto fondo il rumore del vento.
E se riandassi dentro?
Nah.
"Cosa è successo lì" risuona più come un ordine che una domanda detto dal poliziotto fumatore.
Non vorrei ricordare quello che è successo ma se devo proprio lo faccio.
Guardo la gente camminare felice e vorrei essere come loro felice e spensierata.
Oppure vorrei ritornare bambina dove tutto era più bello e puccioso.
Il male per i bambini non esiste, il mondo per loro è fatta di rose e fiori, non sanno cosa li aspetta quando cresceranno.
Prendo coraggio e facendo un respiro profondo inizio a raccontare.
Quando arriva il momento cruciale un senso di nausea terribile mi fa fermare per dei secondi.
"Si sente bene?" Mi domanda con gentilezza uni dei poliziotti.
"Si, si sto bene" dico riprendendomi e ricominciando a raccontare.
Mi fermo per la seconda nel raccontare, ma ora perché sono attratta dalla macchina che sta parcheggiando.
Tanto avevo finito di raccontare, il resto lo sanno già.
Una Lexus nera con i riflessi blu metallo.
La riconosco e piano piano mi avvicino.
Uno dei due poliziotti mi chiama ma non gli do ascolto.
Dalla macchina scende Theo e Alex, Theo vedendomi forse perché sto bene corre da me e mi abbraccia in un abbraccio caloroso.
Io ovviamente ricambio questo abbraccio anche se, sono un metro e una gazzosa.
Lui mi prende in braccio e automaticamente affondo le dita nei suoi bellissimi capelli.
E un gesto che faccio molto spesso con i capelli di Derek, lo adora quando lo faccio.
Scendo da sopra di lui appena sento un singhiozzo e osservandolo vedo i suoi occhi cercare di non guardami, ovviamente l'orgoglio predomina anche nei momenti più difficili, anche se in questo momento sta piangendo.
Non mi piace vederlo debole, lui è il solito burlone e Fratellone che ogni ragazza vorrebbe.
Ora sembra un bimbo indifeso.
Gli prendo il viso nelle mani e obbligandolo a guardami gli asciugo le lacrime.
"Andrà tutto bene" gli sussurro per tranquillarlo, queste parole servono più della preghiera in questo momento.
Mi fa un cenno con la testa come per farmi capire che ha appreso le mie parole.
Osservo Alex avvicinarsi a noi, lui è stato sempre quello con il cuore di ghiaccio che si scioglie in un battito di ciglia.
La cosa strana è che ancora non è fidanzato essendo un bel ragazzo.
Noto che i poliziotti stanno parlando al telefono e che poi con un cenno del capo per salutarmi se ne vanno.
Li ignoro.
Che bello ignorare la gente, soprattutto quella antipatica.
"Ci sono notizie?" Chiede con voce distaccata.
Riconnetto il cervello.
Cervello modalità: on.
Sto per rispondergli ma la porta si apre e esce mio padre e chi avvicina a noi.
Nomini il diavolo e spuntano le corne.
"Il proiettile ha perforato lo stomaco, l'hanno tolto ma hanno avuto complicanze Hanno quasi finito." Dice serio mio padre quando è vicino a noi.
Che sollievo, mi tranquillizza il fatto che hanno quasi finito.
Rientriamo tutto dentro e mentre ci sediamo Theo esce fuori il cellulare.
Chi vorrà chiamare?
Ragiona.
Mmhmm...non mi viene in mente nessuno.
"Dovremmo chiamare la famiglia di Derek" dice guardandomi come se mi avesse letto nel pensiero.
Non ci avevo pensato prima.
Ero così immersa nei miei pensieri che mi ero dimenticata di tutto il resto.
Annuisco con la testa per fargli capire che la può chiamare e appoggiando la testa sulla spalla di mio padre cado in un profondo sonno, scappando dalla realtà.
Un momento di pace, finalmente.
Entro nel mio mondo, dove il male non esiste ma ci siamo solo io e Derek.
Solo io e lui, vivi.





Lya_ju.

Due cuori Simili ma Diversi. [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now