Capitolo 29.

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La vedo appoggiare la mano tremante sul pomello della porta ma non apre.
Ha la testa bassa con gli occhi chiusi.
A che sta pensando?
Mi guardo intorno e non vedo anima viva, ci siamo solo io e lei.
È come se fossimo in un ospedale abbandonato e la cosa è inquietante.
Dopo un paio di secondi alza la testa prende un bel respiro e apre.
Entra dentro e un vocina tenera sussurra debolmente un 'ciao'.
Non guardo a prima impatto la sorella di Benedetta ma la stanza e la sua luminosità.
È quasi sul buio e faccio a fatica a vedere le decorazioni che ci sono sui muri della stanza, è decorata di nuvole e palloncini con su scritte delle frasi che al momento sono illeggibili essendo che c'è pochissima luce.
"Lui chi è?" Sussurra una vocina a Benedetta.
Mi giro per osservare e lì ebbi un brivido di freddo.
È una fottuta bambina!
Mi aspettavo una ragazzina sui 16 massimo 19 anni, ma non una bambina!
Con lei tutte le divinità sono state proprio cattive... non vivrà mai la sua vita.
Povera piccola.
A pensarci mi viene anche a me un nodo alla gola.
"Lui è..." dice guardandomi Benedetta ma conclude la sorella.
"Il tuo ragazzo?" Conclude la sorella sorridendo a trentadue denti alla sorella.
Benedetta mi guarda arrossita non sapendo che dire.
Non voglio spegnere il suo sorriso, voglio che sia la sua ultima giornata da bimba normale e felice.
"Si" dico sedendomi accanto alla mia presunta ragazza e prendendogli la mano.
Quando ho preso la sua mano ho sentito una specie di scossa, come se qualcuno mi avesse dato la scossa per averla toccata.
La sua mano è come se combaciasse con la mia, fatta su misura per me.
Benedetta a quel contatto si irrigidisce un po' arrossendo ancora di più.
Con questo buio non riesco perfettamente a vedere ma mi ci sto abituando, lentamente ma lo sto facendo.
La bimba inizia a farci trecento domande sulla nostra 'relazione', non sa che è solo la mia stagista, morirà felice senza sapere la verità.
Ad un certo punto il cellulare mi squilla.
"Scusate devo rispondere" dico dopo aver controllato chi è che chiama, mia sorella.
Mi alzo e esco fuori.
Vado in un posto più tranquillo per parlare, cioè in una specie di stanza di attesa dove non c'è nessuno.
Prima di rispondere controllo in un micro secondo l'orario, è quasi ora di cena.
Rispondo.
"Hey" dico passandomi una mano tra i capelli.
"Bro sono Theo" dice mentre di sottofondo sento Angel ordinare, sicuramente Burger King.
"Dimmi tutto" osservo la stanza.
È una stanza molto brutta, o almeno io l'avrei arredata meglio, ha due divani color ocra molto vecchi e sopra di essi ci sono appesi due quadri che non esprimono felicità ma noia, in mezzo alla stanza c'è un tavolino in legno scuro, le pareti sono verdi e sono disastrate.
Fa proprio schifo sta stanza.
Mi siedo di malavoglia su uno di questi divani e osservo che una lucina si è accesa. Che è?
"Noi stiamo ordinando, ordiniamo anche per te?".
"Mhm no" dico osservando due infermiere correre con un carrello per la rianimazione.
Ok, che cazzo sta succedendo.
"Theo devo andare ciao" dico per poi riattaccare.
Esco in fretta dalla stanza e appena raggiungo la stanza della sorella, vedo Benedetta che grida e piange mentre le infermiere con un medico cercano di rianimarla.
Che scena brutta.
Mi riprendo e prendendo per la vita Benedetta cerco di portarla fuori.
Non deve vedere ciò.
"Dalila" grida piangendo cercando di liberarsi per andare da lei.
"Benedetta" Dico una volta che l'ho portata fuori.
Lei continua a piangere contro il mio petto in modo disperato.
Mi siedo per terra con lei addosso, gli accarezzo la schiena per tranquillizzarla e farla riprendere, anche se, non si riprenderà subito, so cosa si prova.
Mi ricordano un'altro pianto che ho sentito da bambino, ma non è importante.
Il medico e le infermiere escono con il carrello, ci guardano.
Il medico sta per aprire la bocca per comunicare le solite stronzate, ma con un cenno della testa gli faccio capire che può andare e mi prendono alla lettera.
Restiamo lì per molti, moltissimi minuti mentre io le accarezzo la schiena per tranquillizzarla.
Ha pianto per la maggior parte del tempo, ma è normale.
È un bene che si sia pure sfogata.
"Ora devo preparare tutto..." sussurra guardando il vuoto.
Perché solo lei?
Non ci sono i suoi genitori?
Aspetta, perché non c'erano i suoi genitori qui al posto mio?
"Benedetta...ma i tuoi?" Domando insicuro sperando che non pianga di nuovo.
Mi stringe la maglietta in un suo pugno tremando.
Bravo, ora sta di nuovo piangendo.
Non dovevo fiatare.
"Scusa" sospiro dispiaciuto per averla di nuovo fatta piangere.
Mi sento in colpa e inutile in questo momento.
Mi sistemo meglio e tenendola stratta tra le mie braccia, rifletto.
"Mia madre è morta quando ha partorito Dalila, glie l'ho dato io il nome a mia sorella poiché mio padre era troppo impegnato a ubriacarsi e a farsi qualcuna" spiega.
La osservo mentre lei si siede accanto a me, non parlo, so che deve continuare c'è sempre un ma.
"Mio padre se ne era andato, io avevo 13 anni non potevo lavorare per mantenerla, anche se potevi vendere la casa di mia madre e andare in affitto, ma ero troppo piccola per pensare a ciò, avevo appena perso tutto. Quindi io e Dalila venimmo adottate fino a che io non diventai maggiorenne e trovai un lavoro e quindi andammo ad abitare a casa di mia madre. L'anno scorso mentre cercato un'altro lavoro dove mi pagassero meglio, il giorno del suo 6º compleanno si senti male, facemmo tutti i controlli e alla fine..." non finisce per impedire alle lacrime di scendere.
Metto un braccio intorno al suo collo e la attiro verso di me.
Ha avuto una infanzia triste.
"Ora non ho più nulla, mi sto impegnando a essere assunta nella tua banca ma mi è difficile ora, non ho un soldo" singhiozza con la faccia appoggiata all mia spalla.
Ci sono delle norme per assumere uno stagista e a me serve una persona che mi aiuta con le pratiche, per il resto mi è venuta una idea.
"Ho una idea, ma prima vai a salutare tua sorella" dico alzandomi e facendola alzare.
Si asciuga le lacrime e mi guarda negli occhi per prendere un po' di forza.
Non ne ha bisogno, è già forte di suo.

Due cuori Simili ma Diversi. [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now