Capitolo 10

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"Ammetto di non aver mai consumato un pranzo migliore." Il signor Wilkinson si tamponò le labbra con il tovagliolo alla sua sinistra.
"Ovviamente, signore." Un maggiordomo che non avevo notato interruppe i pensieri riflessivi di mio marito. "È il vostro matrimonio, come poteva essere altrimenti?" L'uomo sfoderò un sorriso falso, rivelando una schiera di denti resi scuri dall'etá avanzata.
Il giovane ghignò, grato di tali attenzioni che era sempre pronto a ricevere con grande entusiasmo e notai come, segretamente, mi osservava, mentre adagiava lentamente la sua schiena sulla sedia.
Non avevo pronunciato alcun suono durante il pranzo, poiché il mio spirito non era propenso ad esternare gioia o emozione, nonostante spesso fossi vittima delle occhiate rassicuranti di Bethan.
Ella sembrava aver notato come reagissi alla folla di invitati ligi a complimentarsi con la nuova -mio malgrado- coppia, ed era evidente come tentasse di analizzare i miei comportamenti per trarne una conclusione.
Spesso chinava il capo, ossevando nella mia direzione, come a domandarmi quali fossero i miei timori, vista l'espressione disperata che celavo nello sguardo, che -con mio grande stupore- solamente il signor Wilkinson era riuscito a decifrare.
Egli era a conoscenza della natura del mio stato d'animo, non confacente ad un evento di analoga importanza, pertanto, talvolta, posava la forchetta sul piatto e restava, silenziosamente, ad osservarmi, senza sciorinare il solito sorriso avvenente che aveva dipinto in volto.
Il pranzo terminò e non mi accorsi della quantità di tempo trascorso, inibita quale ero, dinanzi ad invitati inclini a rabbonire i miei pensieri.
Bradley si alzò lentamente e giurai di aver notato una decina di dame di alto rango sociale voltarsi ad ammirare il suo petto scolpito, gli occhi beati di tanta leggiadria, eppure il suo atteggiamento cinico ed impassibile bastò per creare in loro un sentimento di onta.
Alzai lo sguardo ed egli tese la mano. "Unitevi a me nel ringraziare coloro che ci hanno augurato ogni bene. Sarebbe un buon segno di educazione, non trovate, Allyson Wilkinson?"
Oh! povera me! Quale appellativo mi era stato affisso!
Rabbrividii nell'udire come il mio nome apparisse così impudico, accompagnato dal cognome di colui che era pronto a rovinare la mia esistenza!
Onde evitare ulteriori sguardi investigatori da parte dei presenti in sala, fui costretta ad accettare la sua compagnia, posando la mia mano sulle sue dita.
Quanto disagio provavo, avvolta in quell'abito così succinto!
Molteplici nastri di tulle decoravano il salone in festa, dove le ampie gonne delle nobil donne fluttuavano vezzose, danzando graziosamente.
Il signor Wilkinson avanzó tra la folla, stringendo delicatamente la mia mano e, occasionalmente, lisciava il tessuto del bavero della sua camicia, assumendo un atteggiamento ampolloso.
"Giovane Wilkinson!" Un lord fece oscillare il suo bicchiere di liquore, rivolgendoci i suoi omaggi, poi si avvicinò cortesemente.
Egli mi squadrò, schiudendo le labbra e notai, sul suo volto rugoso, un bagliore acuto di considerazione. "Il giovane Bradley mi aveva messo al corrente della vostra bellezza..." sussurrò, ammiccando alle mie labbra. Il mio indesiderato marito mi osservò, mostrando un sorriso beffardo, come se fosse compiaciuto dell'importanza che i presenti donavano alle sue parole. "Vi prego di non esibire tanta ammirazione... potrei ingelosirmi, sapete..." Il signor Wilkinson sorrise e afferrò un bicchiere di liquore da un vassoio d'argento e ne svuotò rapidamente il contenuto.
Gelosia! Oh, quali pene sarei stata costretta a subire!
Inoltre, detestabile era l'ingiunzione con cui si rivolgeva alla mia persona!
"Non badate a ciò che il signor Wilkinson dichiara." L'uomo al nostro cospetto si soprese del mio intervento. "Non sono una sua proprietà."
In un gesto fulmineo, Bradley si voltò nella mia direzione, nello sguardo era dipinto il suo disappunto riguardo alla frase che avevo appena enunciato, certo che quelle parole avrebbero sminuito la sua solennità.
Egli rise, tentando di nascondere l'animo offeso. "Mia moglie sta scherzando, non adiratevi!"
Non seppi se disprezzare l'apposizione con cui mi aveva indicato o se formulare ulteriori pensieri negativi al suo riguardo.
Futili menzogne! Non sarei mai stata l'oggetto dei suoi piaceri!
Nel pomeriggio, crebbe in me la consapevolezza di dover far fronte alla solitudine che avrei provato, con un marito troppo intento a sfoggiare le sue ricchezze e a esporre il suo animo scaltro e lussurioso, quindi camminai nella sala, strisciando disperatamente tra la folla, ragionando su quali conseguenze avrebbe comportato quest'unione improvvisa.
Ah, l'amore sarebbe stato per me sempre un sentimento sconosciuto!
I miei ideali di donna sarebbero stati esecrandi agli occhi di mio marito che -ne ero sicura- avrebbe desiderato rendermi schiava dei suoi voleri.
Osservai la notte stendere il suo velo sul paesaggio boscoso che si ergeva dinanzi alla villa nella quale avrei vissuto, gli occhi drappeggiati da un'insolita tristezza e l'animo ormai stanco.
Gli abiti fluttuanti delle nobil donne inglesi apparivano come coriandoli festosi, intorno all'unico coriandolo sbiadito, afflitto e amareggiato.
Da giorni, ormai, avevo perso il mio colore!
Dolce notte, sazia tu le mie angosce! pensai, rivolgendo il mio sguardo alla luna piena che -non seppi definire da quante ore, oramai- aveva acquistato la sua postazione nel firmamento.
Raggiunsi freneticamente la vetrata che si affacciava sul cortile, spalancandone le imposte e uscii, beandomi del frescore notturno, chiudendo gli occhi e inspirando avidamente l'aria pungente che s'insinuò nella mia pelle.
Accarezzai le mie braccia, avvertendo improvvisamente freddo e osservai il cielo: le stelle puntellavano il manto ormai scuro, lasciandosi alle spalle una leggera foschia scialba, che colorava le nuvole di una tinta scolorita.
Trascorsi così tanti minuti rabbonita da tale bellezza, che fui costretta ad accasciarmi sul materiale freddo del pavimento esterno alla villa, per tentare di riacquistare le forze necessarie per esprimere un pensiero, senza essere soggetta a veli di disperazione improvvisi.
Oh, quanto ardentemente desideravo consegnare la mia anima al mio Signore Onnipotente!
Solo a lui sarebbe spettato il compito di salvare il mio umore tremendamente afflitto!
Qualcosa -o qualcuno- aprì le imposte, percorrendo a grandi passi il largo terrazzo addobbato.
I passi si avvicinarono sempre più e la mia ansia crebbe a tal punto da riconoscere il ritmo di una tale camminata imponente: Bradley Wilkinson giunse alle mie spalle.
"Che fate qui, sola e indifesa?" Sostò al mio fianco e notai, accasciata quale ero, la sua mano infilarsi nella tasca dei suoi calzoni scuri.
"Lascio a voi l'ardire di reputarmi indifesa e mantengo l'idea che le vostre parole siano petulanti e impertinenti."
Egli mugoló e alzò un sopracciglio -quasi ammirato- e schiuse le labbra. Quel suono che egli rese avvenente riverberò fra le pareti della villa. "Sempre audace siete..." Egli avanzò, posizionandosi dinanzi a me e osservai il tessuto lucido delle sue scarpe.
"Perchè siete accasciata per terra?"
"Volete forse ordinare di alzarmi? Sembrate sempre ligio a rendere le vostre parole ordini da eseguire." Alzai lo sguardo e osservai i suoi capelli fluttuare sotto la morsa del vento.
"Vostra madre vi manda i suoi saluti. Visiteremo i vostri genitori nelle prossime mattinate," disse, rivolgendo l'attenzione del discorso su un altro argomento.
Rimasi in silenzio, chinando il capo e coprendo le mie gambe che, l'azione del vento, aveva lasciato nude sotto  la luce della luna.
Il signor Wilkinson si chinò e arretrai, strisciando. "State tremando, lasciate che vi indichi la strada per le vostre stanze." Egli sfiorò il mio braccio, probabilmente desideroso di aiutarmi ad alzarmi, ma mi ritrassi sotto il suo gesto.
"Vi ringrazio," risposi, acida, "ma so anche alzarmi senza il vostro ausilio." Lui rivolse lo sguardo verso i boschi, sospirando. "Come volete."
Capendo che non desideravo la sua mano per scortarmi verso le mie stanze, egli mi precedette, mentre la sua fierezza nella camminata si contrapponeva alla mia indecisione.
Le facciate del corridoio brulicavano di quadri vedutisti, i quali spiccavano magnificamente, donando vita alle pareti altrimenti disadorne.
"Ammirate Canaletto?" domandai, osservando un celebre dipinto del miglior esponente italiano dell'arte illuminista del secolo precedente.
"Esattamente, apprezzo l'oggettivitá con cui ritrae gli scorci veneziani." Egli entrò in una stanza e, troppo intenta ad ascoltare le sue parole, lo seguii, ingenuamente. "Non trovate?"
Il giovane chiuse la porta -di quello che doveva essere uno degli ingressi delle mie stanze- alle sue spalle.
Mi allontanai, indietreggiando. "Perchè avete assicurato la serratura?" domandai, osservandolo trafficare con la maniglia della porta.
"Come potete chiedermene la ragione?" Sembrò confuso. "Questa è la mia stanza."
"Allora, vi prego, accompagnatemi nella mia," dissi.
Mio marito -ancora dovevo abituarmi all'uso di quel termine- rise. "Oh, perdonatemi," avanzò verso di me. "La nostra stanza."
Credetti di poter svenire quando, con naturalezza e superficialità, osservò l'enorme letto alla sua sinistra.
"Oh, vi sbagliate!" Mi adirai e nel tentativo di sfuggirgli, rasentai la parete con la schiena. "Io non dormirò con voi."
Osservandomi oramai inerme, senza alcuna via di scampo, egli avanzò ulteriormente, senza tuttavia invadere il mio spazio. "Non siate sciocca..." La sua voce divenne così grave e calda che credetti di poter smarrire l'equilibrio. "Siete mia moglie, ormai, ed è compito di una coniuge dormire al fianco del marito."
Oh, Divina Bontà, salvami! pensai e le mie ingiurie nei confronti del giovane si fecero più salde.
Il letto era avvolto da una rivestitura turchese e la sua spalliera, intarsiata e intagliata finemente, sovrastava imponemente la sua bellezza. Appeso alla parete destra della stanza, un ampio specchio orizzontale rifletteva le nostre figure: il mio corpo rigido e diffidente, ed il portamento fiero e robusto di mio marito.
Gli rivolsi le spalle e portai le mani al viso, nascondendomi dal suo sguardo famelico, poiché ero troppo insicura per reggerlo. "Non dormirò con voi, ve lo ripeto."
Passi lenti.
Con una movenza veloce, egli sfilò il nastro che, tra i miei capelli, aveva il compito di fasciare la mia acconciatura e pertanto i miei capelli ricaddero sinuosi sulle spalle.
Oh! cosa sarebbe accaduto!
Una mano sfiorò la mia schiena e delle dita s'insinuarono tra i lacci del corsetto del mio abito. "Non ribellatevi." La sua presa si fece più salda e avvertii il suo respiro sul collo che, però, le sue labbra non riuscirono a sfiorare, data la velocità con cui mi sottrassi alla sua vicinanza.
"Allontanatevi da me." Mi voltai, arretrando, fendendo l'aria con i lacci del corsetto slacciati.
Il suo sguardo rivelò possessione e decisione, ma rimase in silenzio quando fui io ad avvicinarmi al suo cospetto. Osservai i suoi occhi: mai avevo scrutato quel verde da una distanza così ridotta e puntai il mio sguardo -celante disperazione, ma determinato- nelle sue iridi. "Non mi svestirò dinanzi a voi, tantomeno permetterò che siate voi a farlo." Pronunciai le ultime parole con enfasi. "Conserverò intatta la mia virtù, poiché vi impedirò di strapparmi l'unica cosa che mi tiene ancora salda."
Il mio cuore si alleggerì di un poco, mentre la mia forza lottava segretamente con i miei timori interiori.
"Devo dire che è un vero peccato..." Lasciò galleggiare la frase nell'aria, resa tesa dai miei sospiri agitati, che andavano intensificandosi ad ogni suo sguardo.
"Quindi... svestitevi." E si voltò, alzando il capo per osservare la sua immagine allo specchio, scrutando al contempo il mio riflesso intimorito alle sue spalle.
Per un breve lasso di tempo sul suo sguardo brillò una luce compatita, che scomparve l'attimo dopo quando sfoderò il suo solito sorriso enigmatico.
"Non aspettatevi che lo faccia dinanzi a voi. Voltatevi." Le parole uscirono dalle mie labbra quasi fossero un ordine, quindi ragionai sul fatto di aver compiuto un gesto assai audace, visto il potere che egli, seppur indirettamente, aveva su di me.
"Vi obbedirò," mormorò, poi aprì un'anta dell'enorme armadio dinanzi al letto. "Questa è una delle vostre vesti. Indossatela."
Afferrai avidamente la veste e la strinsi al petto, coprendo così i seni sin troppo prosperosi, mentre osservavo il signor Wilkinson dirigersi verso il letto. Vi si sedette con il capo chino e le mani sulle ginocchia; egli mi rivolse le spalle, tuttavia sperai non alzasse lo sguardo per osservare il mio corpo svestito allo specchio, poiché non avrei mai accettato o sopportato un gioco così beffardo nei miei confronti.
Lentamente e con dita tremanti, mi liberai della morsa del corsetto che -seppur nauseata- ringraziai Iddio Bradley ne avesse allentato i lacci e, con un sibilo ruvido, il lussuoso abito da sposa cadde ai miei piedi.
Oh, solo il Signore poteva essere a conoscenza di quanto mi sentissi nuda -in ogni senso- in quel momento!
Rimasi in biancheria intima, mio malgrado un tessuto leggero e -notai fosse- trasparente, quindi mi apprestai a infilare distrattamente la lunga veste bianca e ne inspirai il profumo di lavanda.
Il mio cuore iniziò a galoppare quando, in preda all'agitazione più profonda, scostai i miei capelli dal viso e mi voltai.
Uomo perfido!
Egli sdraiava sul letto, le mani rilassate erano poggiate dietro il capo, una gamba stesa, l'altra piegata, mentre squadrava la mia figura.
"Bugiardo siete! Avevate giurato di voltarvi!" Disprezzai il suo gesto, sentendomi improvvisamente ferita nel profondo da un giovane che conoscevo -apparentemente- solo da diciassette giorni.
Mi sorpresi: come potevo aver contato i giorni dalla sua conoscenza?
"Io non ho giurato nulla, mia cara." Sorrise, deliziato. "In ogni caso mi sono voltato or ora. Non disperate: non ho ancora avuto il piacere di ammirare il vostro corpo."
Per quale ignota ragione, iniziai ad avvertire uno strano calore impossessarsi dei meandri del mio corpo.
"E non avrete quel piacere."
Il giovane accennò al posto di letto accanto al suo e attese un mio movimento.
Perdonami, Signore, se in quel momento non ho potuto far altro che obbedire e sdraiarmi accanto al suo corpo, seppur mantenendo una notevole distanza!
Egli si alzò, scostò le tende della camera e la stanza fu illuminata dalla luce brillante del plenilunio. Poi, con mio grande stupore, si posizionò dinanzi al letto, tantoché riuscivo ad osservarlo nitidamente ed iniziò a sfilarsi la giacca, con movimenti lenti e -riconobbi fossero- molto sensuali. Adagio quest'ultima, poi, sullo schienale di un'ampia poltrona rossa all'angolo della stanza e armeggiò con i bottoni della sua camicia.
Un bottone, due bottoni, tre, poi quattro e scoprì il petto: esso era scolpito, glabro e robusto, inoltre, la sua schiena marmorea illuminata dal bagliore della luna apparve ancor più maestosa, nonché come un simbolo del suo ardente maschilismo giovanile.
Scoprì le braccia, rivelando i bicipiti che sembravano quasi dipinti con una perfezionetale da farlo apparire come un antico dio greco, pronto a rendermi sua serva.
Mi sarei opposta, giurai a me stessa, quindi mi maledissi quanto mi ritrovai a pensare a quanto fosse dannatamente bello.
Lanciò la sua camicia ai piedi del letto e la luce colpì la sua chioma corvina spettinata, della quale una ciocca ricadde sopra la sua fronte, che si aggrottò, per poi distendersi.
Slacciò il bottone dei suoi calzoni neri e distolsi lo sguardo per impedirmi di osservare una scena tanto imbarazzante ma, nonostante provassi disgusto e antipatia nei confronti del giovane Wllkinson, esso sembrò attratto da quella figura imponente dinanzi a me.
Sfilò le braghe, rimase in biancheria intima e le sue gambe possenti percorsero il perimetro della stanza, sino a giungere dinanzi all'anta dell'armadio ancora aperta, dalla quale estrasse un paio di calzoni bianchi che, con un movimento esperto, si infilò.
Cosa ne sarebbe stato di me, ora?
Mi appellai alla Grazia Divina, affinché mi salvasse dalle grinfie di un uomo tanto perfido quanto astuto. "Eppure voi non vi siete privata dello spettacolo, da quanto ho potuto notare..." Osservai il riflesso del suo volto distendersi in un sorriso soddisfatto.
"Non vantatevi dell'unico aspetto positivo che possedete," sussurrai, stringendo al petto il lenzuolo bianco, tremando come un'innocente foglia.
Il vento spirava dalla finestra e fui avvolta dal suo frescore pungente, che mi portò furiosamente i capelli dinanzi al viso, mentre Bradley prendeva posto al mio fianco.
Mi allontanai dal suo corpo, rischiando quasi di precipitare verso il suolo, tanto era il disprezzo che provavo nel dividere il letto con un marito tanto lussurioso.
Silenzio.
Un fruscío tra le lenzuola.
Chiusi gli occhi, aggrappandomi al tessuto del cuscino, infilandovi nervosamente le mie unghie, quasi fossero artigli.
Un'ombra alle mie spalle. Una presenza.
Non osai aprire gli occhi per osservare, dallo specchio, il riflesso di ciò che stava -per mia sfortuna!- accadendo alle mie spalle.
"Unico aspetto positivo, dite?" Una voce calda sussurrò al mio orecchio, mentre una mano scostava delicatamente i capelli dal mio collo, lasciandolo scoperto alla luce della luna.
Ma l'altra mano! Oh, l'altra mano! Essa percorse le mie spalle, la mia schiena e le mie gambe.
Poi si arrestò sulla mia coscia.
E lentamente alzò la mia veste, accarezzando la pelle nuda.

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Ne approfitto per ringraziarvi di cuore e per pubblicizzare "Ti odio ma ti amo" di The_love_hurts e "Imparo ad amare" di EmilyWrite.
Cosa accadrá nel prossimo capitolo?

Rifiuto e seduzioneWhere stories live. Discover now