Capitolo 11

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"No, vi prego." Chiusi gli occhi e gemetti sommessamente, mentre quel tocco indesiderato distribuiva molteplici brividi -ahimé!- di piacere in tutto il mio corpo.
Iniziai ad ansimare e arricciai tra le dita il lenzuolo, scaraventando in quel piccolo drappo di tessuto tutte le sensazioni che avrei preferito non provare.
Rimasi inerme, schiudendo le labbra, mentre le sue dita continuavano a vorticare sulla mia pelle, creando dei movimenti verticali lungo la mia gamba. Esse vagavano sicure, quasi fossero esperte, sino a lambire l'orlo della mia biancheria e mi chiesi per quale ignota ragione non riuscivo a sottrarmi a quel tocco.
Ah, quale peccato commisi ammettendo di non aver mai provato tanto piacere!
Riuscivo a percepire l'aderenza del suo petto marmoreo alla mia schiena e i suoi capelli mi solleticarono la pelle -da sempre- sensibile del mio collo e dalle sue labbra fuoriuscì un gemito straziato.
Decisi di aprire gli occhi e osservai dinanzi a me il nostro riflesso: gli occhi del signor Wilkinson, soddisfatti, seguivano ogni movimento sulla pelle del mio corpo, osservandomi avidamente, mentre la mia figura, avvolta nel lenzuolo ceruleo, alternava espressioni di piacere nascosto a pigli di uno spavaldo disprezzo.
Oh, Allyson! Ribellati! ripetevo tali parole nella mia mente come un mantua, mentre le sue dita continuavano ad accarezzare avidamente, fino a salire lungo il mio busto, i miei fianchi, il mio petto.
Indimenticabile potrá essere il ricordo dell'odio che provavo nei confronti di me stessa, in quel momento!
Cosa voleva intendere con quel tocco? Cosa sarebbe successo di lì a poco?
Ma la mia ingenuità mi portò all'apatia, nonostante quel tocco rivelasse due sensazioni contrastanti: un piacere immenso, dato dai brividi di eccitazione sulla mia pelle, e un profondo disgusto, derivato dal potere che il signor Wilkinson -il diciottenne più detestabile avessi mai avuto la sfortuna di conoscere e di sposare- aveva sulla mia pelle.
Come potevo gemere al contatto con le dita di quel giovane tanto libidinoso ero stata costretta a sposare?
"Vi prego, arrestate questa tortura..." dissi, in un unico sospiro.
Udii la tenue risata di Bradley tra le mie orecchie e la sua vicinanza alla mia pelle mi fece rabbrividire. "So bene che quello che voi definite tortura vi sta arrecando le stesse sensazioni che donerebbe il piacere più intenso..." Le sue dita scesero lungo il ginocchio, poi salirono vigorosamente verso la mia vita.
"No... io..."
"Voi cosa?" mi punzecchiò, donando ai suoi movimenti più enfasi. Le sue dita si bloccarono per un istante sull'orlo della biancheria, poi ripresero il loro assalto frenetico ma delicato.
Dio, quanto fastidio poteva mai causarmi quel tocco inaspettato ed improvviso?
Sperai che la quantità di nausea fosse maggiore rispetto al piacere che -fui costretta ad ammetterlo- segretamente provavo, con una intensitá tale da stravolgere la sensibilità del mio corpo.
Come poteva credere di possedere così liberamente la mia pelle?
"Credete che non veda con quanta intensità state arricciando il tessuto del lenzuolo sotto le vostre dita, poiché non riuscite a resistere ad una simile sensazione, e di conseguenza dovete riversare le vostre emozioni e i vostri istinti carnali su un piccolo spazio di stoffa?" Egli incroció il mio sguardo afflitto nello specchio.
Tratteni il respiro, per poi espirare rumorosamente quando, con un movimento veloce, il suo petto fece ancora più pressione sulle mie scapole. Oh, no! Quale fiume impetuoso di gocce salate sarei stata pronta a ricevere?
Avvertii le mie palpebre indebolirsi sotto l'azione frenetica degli occhi, i quali non tardarono a gonfiarsi, tentando di trattenere quel ruscello  veemente e travolgente che macchiò le mie guance.
Furtivamente e nascosta nel silenzio più sordo, iniziai a piangere, abbandonandomi a singhiozzi affranti e irruenti e, dietro lo sguardo appannato, osservai Bradley sfiorare il mio collo con il suo pollice, sino ad accarezzare il mio orecchio ormai stanco di udire i suoi sospiri.
Egli alzò un dito, osservando qualcosa a me sconosciuto sul suo polpastrello.
"State piangendo..." dedusse, con voce quasi distrutta.
Potessi essere dannata io e le mie futili lacrime!
Il giovane distrusse delicatamente la goccia, strofinando con una lentezza urtante il pollice contro il suo indice, mentre percepivo il suo tocco sulla gamba.
"E perchè, vi dico?"Alzò il capo in direzione dello specchio, per osservare le mie lacrime scendere ripugnanti lungo le mie guance, graffiandole enfanticamente e strappando dal mio inconscio quel poco di forza che tentava di rimanere ancora salda ed integra.
I miei singhiozzi divennero udibili e la mia voce risuonò cocentemente in un pianto isterico.
Con mia grande sorpresa, le sue dita si arrestarono sulla mia coscia e cessarono di trastullare la mia pelle labile, nonché vulnerabile al suo tocco.
"Vi prego!" dissi, tra i singhiozzi disperati. "Lasciate in pace il mio corpo e la mia pelle! Ho solamente sedici anni, sono stata strappata alla mia gioiosa vita in dieci giorni, abbiate pietà di me!"
Oh, sciocca quale ero! Come potevo reclamare pietá ad un giovane individuo apatico ed insensibile alle questioni di cuore?
Strinsi maggiormente la presa attorno al lenzuolo ed iniziai a tremare in modo convulso, vittima di sensazioni che non riuscivo, seppur volendo, a celare al cospetto di mio marito.
Lui avvicinò il suo capo al mio. "Voi... avete paura." dichiarò sussurrando, decifrando quella mia insolita sensazione della quale non riuscivo ad analizzare la natura.
Egli mi osservò per un lungo istante, poi annuì rassegnato e, dopo aver accarezzato per un'ultima volta la mia gamba, lasciò la presa delle sue dita sulla mia pelle, e riuscii ad avvertire il materiale freddo della fede sfiorarmi il polpaccio.
"Non siate meschino." continuai a singhiozzare. "Vi prego, lasciate che la mia virtù rimanga intatta!"
Egli scosse lievemente il capo, espirò e si allontanò, donandomi così la gioia di poter avvertire una flebile sicurezza dopo tanti timori provati in quegli istanti di incertezza.
Oh, santo Cielo! Come potevo desiderare ancora il suo tocco delicato sulla pelle, nonostante esso fosse indesiderato e lugubre?
Il signor Wilkinson poggiò il capo sul cuscino ed iniziò a fissare il soffitto con sguardo assente e pensoso, mentre la sua chioma ribelle -come potei notare dal riflesso dinanzi a me- affondò sulla fodera bianca, così come il suo petto che - oh! nudo!- venne illuminato dalla luce del plenilunio.
L'Altissimo ascoltò le mie preghiere e il giovane al mio fianco, da poco reduce di un tentativo lussurioso fallito, si voltò verso la finestra, rivolgendomi così le spalle.
Finalmente riuscii a respirare e le mie dita allentarono la morsa attorno al lenzuolo, mentre la mia pelle continuava a rabbrividire al ricordo di quelle carezze tanto sensuali.
Oh, Allyson! Non cadrai mai vittima dei suoi voleri! continuai a ripetere a me stessa, tentanto di confortare il mio animo che, con mio grande stupore, trovai confuso.
"Oh, dimenticavo!" La sua voce grave vagó tra le lenzuola.
Cosa mai avrebbe voluto ancora desiderare da me?
Chiusi fortemente le palpebre quando avvertii la pelle glabra del suo petto premere sulle mie spalle. "Buonanotte," sussurrò tra i miei capelli.

Rifiuto e seduzioneTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang