Capitolo 18

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 "Signora Wilkinson, finalmente!" La voce affannata di un garzone di stalla dilaniò il silenzio roboante della notte. Egli sedeva sulla sella di un anziano cavallo bianco, vestito solamente di una leggera camicia stinta, increspata dall'aria pungente del bosco.

"Il padrone era pronto a venire a cercarvi, signora." disse il buon uomo, tirando le briglie del suo cavallo, voltandosi per poi affiancare la nostra carrozza. "Era così agitato, mia padrona, che mi sono offerto umilmente per sostituirlo. Ero certo non foste lontana." concluse, lanciando un'occhiata grata al finestrino della nostra vettura.

Buon Dio! Come Ti ringraziai per aver impedito la venuta del signor Wilkinson alla dimora dei miei anziani genitori!

Se fosse accaduto un tale guaio, la mia menzogna sarebbe stata denudata e il destino sarebbe stato ancor più aspro nei miei confronti.

"Che Dio vi benedica!" congiunsi le mani in un gesto pio, rivolgendomi all'uomo che, confuso, ricambiò il mio sguardo con un debole sorriso.

Percepii, inoltre, il sospiro sollevato di Dorothy, prima di giungere dinanzi al cancello d'ingresso in ferro battuto della villa. Quest'ultima era avvolta da una scura nube di apprensione ed il cielo ne sovrastava l'imponenza brillando di una scia argentata ma offuscata dai bagliori intensi della luna.

La vettura arrestò la sua corsa e, senza badare a cosa mi sarebbe aspettato una volta scesa dalla carrozza, feci per afferrare la piccola maniglia della portiera, tuttavia, prima di riuscirvi, essa venne spalancata violentemente.

Ero sicura che il buon cocchiere avesse deciso, come suo solito, di compiere un gesto di rispetto e riverenza nei confronti della moglie del suo padrone, aprendole gentilmente la portiera della carrozza, ma dinanzi a me brillavano solamente due furiosi occhi verdi.

Oh, Cielo! Come palpitò di timore il mio debole cuore!

Bradley sostava allocchito dinanzi a me, gli occhi contornati di una stanca tinta violacea, e allungò lentamente un braccio per porgermi la mano, che notai fosse irrigidita dalla scarica bollente di ira che covava dentro.

Rimasi in silenzio ad osservare il suo volto rabbioso. "Prego." disse freddamente, in un unico sospiro.

Quando posai con incertezza la mia mano sulla sua, egli intrecciò le sue dita con le mie, tirandomi nervosamente verso di sé: il mio petto aderì al suo, mentre le sue labbra si posarono avidamente sul mio orecchio. "Sappiate che non uscirete mai più da questa dimora in mia assenza."

Se precedentemente i suoi movimenti potevano vagamente risultare seducenti e avvenenti, ora, il suo tono di voce era così incollerito che m'impedì di formulare una possibile frase in risposta.

Detto ciò, iniziò a camminare nervosamente verso l'ingresso della villa, stringendo con astio le mie dita nelle sue che, inutilmente, tentai di strappare da quella presa stretta ed irosa che avrei -di gran lunga- preferito evitare.

"Abbiate almeno l'accortezza di non opporvi!" esclamò, mentre imboccavamo il lungo corridoio.

E povera me! Come erano confuse le mie sensazioni!

In una remota estremità del mio cuore sostava il mio inaffabile desiderio di tentare di comprendere i suoi comportamenti, ma -oh!-l'altra estremità era occupata dalla consapevolezza di aver dinanzi a me un giovane tanto sofferente quanto arrogante.

Egli aprì la porta della nostra camera e con un gesto veloce mi spinse all'interno di quest'ultima, la quale appariva esecranda ed eccessivamente buia, tantoché barcollai nel tentare di riacquistare senno.

"Lasciatemi, ve ne prego!" dissi, coprendomi il volto con le mani, come se nutrissi un'insolita paura che non volevo sciorinate. "Non continuate a mostrare questa vostra solita arroganza!"

Rifiuto e seduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora