5

210K 5.9K 1.6K
                                    



Quando suonò la sveglia mi girai dall'altra parte, ignorando lei e le urla di mia madre.
Che vadano a quel paese, neanche una gru mi avrebbe portata via da sotto le coperte.

Non avevo dormito tutta notte, ho continuato a rigirarmi da una parte all'altra, senza smettere di pensare a Nico, alle sue labbra, ai suoi occhi, alle sue mani sui miei fianchi.
Ormai ero partita per la tangente, l'avevo capito, la via senza ritorno e via di fuga.
Primo lo odiavo e ora lo amavo, ma presto sarei ritornata ad odiarlo vedendolo con le altre o mi sarei presa a pugni da sola perché uno come lui non cambia mai: sa che se lo può permettere e ne approfitta.

Ma non potevo starmene ferma, senza far niente, dovevo reagire e farmi forza, incontrarlo nel corridoio o nei bagni che si faceva una che non ero io, e lui mi avrebbe sorriso, con quel ghigno da spaccargli la faccia.

Non ce l'avrei fatta, lo sapevo, sarei sbottata alla prima occasione, senza motivo, senza saperlo spiegare, perché in realtà non lo capivo neanche io.
Mi aveva stregato, i suoi occhi così profondi, il suo sorriso così bello quando non compariva quell'odioso ghigno: non ero più io, una settimana fa lo odiavo e ora lo sognavo pure.

Mi alzai, con le gambe rigide, e mi misi una felpa e i pantaloni della tuta: quella mattina avevo la lezione di ginnastica, ma non l'avrei fatta, non avevo voglia di correre dietro a Nico e provare a capirlo, figuriamoci rincorrere una stupida palla.

Arrivai davanti a scuola, cercando di stare calma, insultandomi da sola che non dovevo pretendere nulla da lui, che ero una stupida ragazzina.
Stupida.
Stupida.
E ancora stupida.

Non potevo farci nulla, il mio cuore batteva come se volesse esplodere da un momento all'altro mano mano che mi avvicinavo a scuola e quando sentii il suo sguardo su di me provai a non alzare gli occhi, ci provai davvero, ma non ci riuscii, ormai ero irrecuperabile.

I nostri sguardi si incrociarono e lui mi sorrise, come avrebbe fatto a qualunque ragazza, un gesto automatico, che però il mio cuore realizzò fosse solo per me, e così pensai che sarei scoppiata da un momento all'altro.

E invece non successe nulla.

Purtroppo per me, perché avrei preferito non essere ancora arrivata, essere cieca, essere girata dall'altra parte per non vedere una bionda tinta che gli saltava addosso.

Mi veniva da vomitare e iniziai di nuovo a insultarmi, perché non ero una persona normale, che non potevo avere quelle reazione per una cosa così stupida, che non potevo stare male per uno come lui.
Che non potevo e basta.
Che ero un'idiota con i fiocchi, impacchettata al contrario.

Arianna non era ancora arrivata, e speravo che si sarebbe sbrigata perché io senza di lei non sarei sopravvissuta.
Sarei crepata di gelosia, che non sapevo neanche di avere e di provare per quel cretino.

Non è possibile che meno di ventiquattro ore fa lo volevo ammazzare e ora lo volevo per me, tutto quanto, tutto il pacchetto di stupidità e arroganza, perché senza questo non era lui.

Mi arrivò un messaggio: era Arianna, non sarebbe venuta, il perché non lo lessi neanche, non mi importava, non osavo immaginare come sarei uscita di li a fine giornata.

Suonò la campanella e corsi nello spogliatoio femminile, dovevo stare in mezzo ad altre ragazze, più belle e più formose di me, non mi interessava, mi bastava non incontrare i suoi occhi, ma non durò molto.

Per mia sfortuna, il prof. decise che avremmo fatto dei tiri a canestro per esercitarci: niente ridicole corse dietro a una palla, niente scuse per non giocare, niente di niente.
Ero fregata.

Ci mettemmo in fila, divisi in due gruppi, visto che c'erano due canestri in palestra.
Andai verso il gruppo delle ragazze, tutte in tiro, mentre io avevo ancora addosso la mia felpa, senza sotto neanche una maglietta.

Un bacio tra amore e odioWhere stories live. Discover now