Capitolo 2 v

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Mi sveglio urlando in preda ad un altro incubo. Sembra quasi una routine. Mi addormento ogni notte sperando di non sognare qualcosa di spiacevole, ma ogni volta la mia speranza viene distrutta.

Aria si precipita in camera mia. Ha un pigiama azzurro, i capelli spettinati e probabilmente si è scordata di togliersi il trucco, perché la matita intorno agli occhi è sbavata.

Posso sentire la sua preoccupazione. Ma lei non può fare niente per cambiare le cose. Nemmeno io posso.

-tutto ok? -chiede

Sa già qual è la risposta, ma io comunque dico che sto bene, non perché è la verità, ma perché è più facile. Ogni giorno quando le persone ce lo chiedono noi mentiamo, e chi dice il contrario mente. Siamo così abituati a mentire e a dire sto bene, che a volte confondiamo il 'sto bene' con il 'sono distrutta ma lo nascondo'.

Aria annuisce e torna in camera sua.

Sono le quattro del mattino. Oggi dovrei iniziare la scuola. Vorrei tanto non doverci andare. Vorrei restare a letto a mangiare gelato e a vedere serie tv.

Cercare di riaddormentarmi sembra l'ultima fatica di Ercole. Ascolto la musica, vado in giro per la casa, mangio qualcosa. Insomma tutto ciò che fai quando non riesci a dormire. Visto che ci sono guardo anche un film strappalacrime, giusto per migliorare il mio umore e capire che anche io voglio un amore come quello dei film, perché anche se finisce male, sai che ne è valsa la pena.

E così tra pianti e abbuffate arrivano le sette del mattino. Aria inizia a bussare alla porta della mia camera come una forsennata.

-Kat, sei sveglia? - chiede urlando e spalancando la porta

-si- urlo –non c'è bisogno di urlare- mi alzo, infilo le ciabatte ai piedi e scendo le scale per arrivare in cucina. Prendo un bicchiere d'acqua e vado a prepararmi. Mi faccio una doccia veloce e una volta asciutta, infilo una gonna in pelle nera e una maglietta anch'essa nera, un giubbotto di pelle rosso e degli stivaletti che mi arrivano al polpaccio.

Mi trucco un po' e mi sistemo i capelli. Mi lavo i denti, metto il profumo e scendo al piano inferiore.

-allora sei emozionata? -chiede allegra

-assolutamente- dico sarcastica -tu per lavoro?

-sono solo felice, mi piace il mio lavoro in polizia

-puoi anche tenere sotto controllo i casini che faccio- commento, mi ignora. Sono felice che le piaccia fare la poliziotta. Ricordo che quando è entrata in accademia lei aveva diciotto anni, io tredici. Non è stato facile all'inizio perché oltre all'accademia lavorava anche come cameriera, è così che siamo andate avanti per qualche mese, finché lei non è diventata poliziotta.

-mi piace come sei vestita-

-anche a me- dico lisciando il giubbotto –probabilmente domani andrò a scuola in pigiama

-ne dubito-

-che fai? -

-mi preparo le uova- mi mostra la padella –ne vuoi

Ripenso a tutto ciò che ho mangiato –no, sono apposto così

Quando Aria ha finito prendo la borsa che contiene i quaderni e penne, che gentilmente lei mi ha comprato, non permettendomi di saltare la scuola, e mi infilo in macchina. Aspetto che chiuda casa e poi partiamo.

***

Siamo appena arrivati a scuola e nessuno mi fissa per adesso, il che è confortante.

I love you, Liam DumbarKde žijí příběhy. Začni objevovat