Capitolo 1 V

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Con uno scossone mi svegliai.

Il sonno in macchina era sempre piacevole, tranne quando la propria sorella prendeva un dosso che sembrava fosse stato messo proprio per essere preso e interrompere un sonnellino, il mio. Come tutte le storie, la mia inizia con un trasferimento. Uno all'anno per essere precisi, alcune volte anche due.

Molte persone sarebbero state felici di girare l'America attraverso i traslochi, ma non io. Non avevamo una casa fissa da un sacco di tempo. Ero sempre 'quella nuova' non 'Kat' o 'Katherine' o 'Katherine la ragazza nuova'. No! Nessuno si ricordava il mio nome. Io ero solo 'quella nuova' con cui fare amicizia, provarci, da prendere in giro. Tutto questo, il primo giorno, poi il secondo, la carne nuova era diventata vecchia. Mi facevo due o tre amici, uscivo con un ragazzo o due o quelli che mi invitavano e poi sottolineavo a me stessa i loro difetti perché avere un ragazzo per poi lasciarlo dopo due settimane era... pateticamente triste.

Perciò, nuovo anno scolastico, nuovo trasferimento. (nuova tortura)

La nuova città si chiamava "Beacon Hills". Ora la domanda sorge spontanea, perché nessuno conosce una città con un nome del genere: non è famosa, non c'è la Torre Eiffel, non c'è Brad Pitt, insomma, con tutta probabilità non ci sarà nemmeno l'acqua corrente. La risposta è: lì ci vivevano i nostri genitori, prima di me.

Prima di me. Non ho mai conosciuto mia madre. Lei era speciale. Come disse mio padre –una sirena a tempo pieno- è così che mi piace definire i miei periodi di luna piena, è ciò a cui assomiglio, ad una sirena. Mio padre era... non so nemmeno come definirlo, posso solo dire che mi odiava. Ero sua figlia, ma anche la causa della separazione tra lui e la madre di Aria, mia sorella. Ero una bastarda.

La madre di Aria poi è morta di cancro, e secondo lui anche questo era colpa mia, come se io decidessi chi deve morire e chi no. Lui la amava, ma l'ha tradita ed io ero sempre lì a ricordargli il suo matrimonio finito.

Quando ha capito cosa ero, mi ha abbandonato. Ha cercato di trascinare con sé anche Aria, ma lei si è opposta e non potrò mai ringraziarla abbastanza per aver scelto me.

Vivrò nella stessa loro casa. Supererò l'anno scolastico, farò qualche amicizia, uscirò con qualche ragazzo e poi cambierò di nuovo posto. Oppure Aria deciderà diversamente. Ogni volta sperò che questo sarà l'ultimo trasloco e ogni volta mi sbaglio. Il che è deprimente.
Il nostro obbiettivo era tenere nascosto il mio segreto a qualunque costo. Anche a costo che io resti sola con mia sorella per tutta la vita.

-siamo arrivate- mormora Aria. Spegne la macchina davanti ad una casa di mattoni. Le case vicine sono tutte uguali, ad eccezione del giardino, in alcuni ci sono albero, cespugli, bambini che giocano. Qui sembra piuttosto tranquillo.

-mi aiuti a portare dentro gli scatoloni? - scende dalla macchina e apre il cofano e inizia a scaricare la macchina. Scendo anche io dall'auto e dopo aver aperto il cancelletto, porto gli scatoloni sul portico, non posso entrare in casa, le chiavi ce le ha lei.

La casa non sembra molto grande. È a due piani. Il giardino è piccolo e l'erba è tutta secca, l'albero che c'è probabilmente prende acqua solo con la pioggia e a vederlo si direbbe che qui non piove spesso. La casa è circondata da un cancelletto bianco in legno che si apre senza chiave, il portico è coperto da una tettoia in legno chiaro. C'è una finestra più grande di lato alla porta coperta dai fogli di giornale, e altre due, una sopra la porta e una sopra la grande vetrata.

Prendo altri scatoloni e li poggio sul portico.

Quando la macchina è vuota, Aria porta l'ultimo scatolone.

-ci sono cinquemila chiavi qui- dice mentre guarda il mazzo –qual è quella giusta? -

-quella- indico una chiave grande e rossa

I love you, Liam DumbarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora