La notte porta consiglio

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Dopo la piacevole chiacchierata, tornai a casa con il cuore a mille. Salii le scale di casa mia in fretta e presi il mazzo di chiavi dalla mia tasca, scegliendo con cura quella della serratura della porta.

Sentivo dei rumori di trapano provenire dall'appartamento vicino al mio; probabilmente la signora Cavanaugh stava montando ancora le mensole della cucina, arrivate una settimana prima dal camion dei traslochi.

Girai la chiave nella serratura un paio di volte e la porta si aprì cigolando.
Entrai nel mio piccolo appartamento e accesi la luce, che risplendeva debole all'interno della stanza.

Vidi subito, in primo piano, lo scaffale ricolmo di libri sulla mia sinistra, e non potei fare a meno di notare il libro di Freud, quello che Alexa stava leggendo poche ore prima seduta di fronte a me.

Appena chiusa la porta alle mie spalle, mi diressi verso quel libro e lo presi in mano. Iniziai a sfogliarne le pagine, leggendo qualche parola qua e là e ne annusai il profumo.
Sapeva di antico, aveva il classico odore cartaceo, ma dolce.

Per un attimo la pancia mi brontolò, e fu così che mi ricordai di mangiare; dopotutto avevo bisogno di nutrirmi, il caffé non mi avrebbe saziato per sempre.

Presi una pizzetta surgelata e la misi nel fornello per farla cuocere un po', e passati i 10 minuti di cottura ideali indicati dalla confezione, la tirai fuori, e la divorai in 3 bocconi.

Più tardi, dopo aver guardato un'ora di documentario sul riscaldamento globale, mi addormentai sul divano.

Iniziai a sognare quasi subito dopo essermi addormentato.

Mi trovavo in un'ampissima aula universitaria, sembrava quasi infinita.
Assomigliava proprio a quella sala dove poche ore prima avevo tenuto la conferenza sul profiling.
Ma aveva qualcosa di diverso.
Oltre ad essere vuota, era più luminosa.
Infatti sembravano non esserci pareti, ma solo fasci di luce laterali che contornavano l'ampio spazio.

Sentii, improvvisamente, una risata.
Guardai ovunque intorno a me, ma niente sembrava darmi indizio di dove potesse essere provenuta quella risata.

Bastò il tempo di un battito di ciglia, e mi ritrovai una figura davanti, rivolta di spalle, con i capelli castani e il maglione bianco panna.
Cercai più volte di andare nella sua direzione, ma ogni passo che muovevo in avanti, in realtà lo facevo all'indietro, fino a trovarmi talmente distante da non vederla più per niente.

Sconsolato, mi girai dal verso opposto, e me la ritrovai davanti.
Ora la figura era diventata nitida è chiara: era Alexa.
Mi venne d'istinto di accarezzarle il viso, ma appena provai a toccarla, delicatamente, come il delicato poggiarsi di una piuma al suolo, lei indietreggiò.
Mi porse simultaneamente un libro: Amleto di Shakespeare
Mi disse di leggerlo; non ne specificò una pagina, e neppure un preciso capitolo.
"Leggilo"-sussurrava con un filo di voce, quasi impercettibile al mio udito.

E poi fuggì via, senza guardarsi mai indietro, verso i fasci di luce chiara.
Io aprii il libro, e in tutte le pagine riuscii a vedere solo una frase, posta al centro e scritta in Times New Roman:

"Dubita che di fuoco sian le stelle, e che il sole si muova, dubita che anche il vero sia bugiardo, ma del mio amor non dubitare."

electra | spencer reidWhere stories live. Discover now