L'impasse è prassi

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Spencer's P.O.V

Improvvisamente sentii la suoneria del cellulare trillare per tutta la stanza, un suono frastornante e ripetitivo, che di certo a quell'ora di sera non mi rallegrava.
Ero quasi certo che si trattasse di García, il tecnico informatico della squadra con la quale lavoravo da 10 anni, che mi avrebbe informato su un nuovo caso da risolvere.
Ma non appena lessi il numero sul display del dispositivo, notai che si trattava di cifre sconosciute alla mia mente.

-Dottor Reid, come posso aiutarla?
-Spence, sono io, Alexa.

Non mi aspettavo di sentire la sua voce al cellulare di mercoledì sera, e a dire il vero, non me lo sarei aspettato in nessun altro giorno della settimana.

-Come fai ad avere il mio numero?
-Ho bisogno di aiuto, ti prego, te lo spiegherò più avanti.

Sembrava essere veramente sconvolta.
La sua voce tremava, e il suono che emettevano le sue parole usciva contratto e poco chiaro.

-Dammi il tuo indirizzo e arrivo-dissi. Volevo rendermi utile, aiutandola in qualsiasi modo. Non avrei voluto lasciarla nel pericolo, nel caso in cui lo fosse stata davvero.
-Ala nord del Campus, dormitorio 105, bussa tre volte e saprò che sei tu.
Riattaccò il cellulare senza lasciarmi possibilità di replica.

Presi le chiavi della mia berlina nera e uscii rapidamente di casa, scordandomi quasi di chiudere la porta a chiave.
Scattante, scesi le scale del condominio, dirigendomi verso il portone d'uscita-o d'ingresso secondo i casi- e appena arrivato al parcheggio salii in macchina; non sapevo esattamente perché fossi così irrequieto, ma c'era stato qualcosa nel suo tono di voce che mi aveva preoccupato eccessivamente: sembrava così spaventata e indifesa.
Sebbene io fossi stato precedentemente addestrato a mantenere la calma in determinate circostanze, ormai sembravo essermi scordato di come farlo.
I primi tentativi di inserire la chiave nel quadro risultarono vani, poiché la mano mi tremava a ritmo impazzito, ma dopo varie prove riuscii ad introdurla e la girai per mettere in moto la mia vettura.

Mi sembrò di guidare per ore, nonostante i chilometri totali risultarono essere poco più di una decina.
Appena arrivato, come mi aveva precedentemente chiesto di fare Alexa, mi misi di fronte alla porta del dormitorio 105, e bussai tre volte.

Lei aprii di scatto e mi fece entrare nel suo piccolo monolocale.
Non era un ambiente particolarmente grande, ma sembrava esserci tutto ciò di cui una ragazza della sua età aveva bisogno, compresi libri e vinili.
Apprezzavo molto lo stile minimalista e semplice del suo mobilio.

-Quindi hai intenzione di spiegarmi come hai fatto ad avere il mio numero o...?
-Stai per caso dimenticando che sto studiando per lavorare nell'FBI?

Sorrise leggermente, allorché mi sentii un po' stupido.

-Perché mi hai chiamato?-
Non volevo assolutamente protestare per l'invito, anzi, ma mi sembrava abbastanza strano, considerato il contesto del nostro rapporto.

-Perché sono sicura che qualcuno si sia introdotto qui dentro. Vedi qui, ad esempio- iniziò a spiegare, indicandomi i chiari segni di scalpello incisi sulla finestra -sono sicura che qualcuno l'abbia forzata.-
Risposi. -Sono molto evidenti-
-Non sapevo chi altro chiamare, non conosco quasi nessuno qui perdonami.
Mi avvicinai leggermente alla pregiata sedia in legno di frassino. -Ci mancherebbe, è il mio lavoro.-
Notai il suo viso cambiare improvvisamente espressione; i suoi occhi si spalancarono, simultaneamente all'arrossire delle sue guance. Il suo volto sembrava ora disegnare una mescolanza di brividi e di confusione, la quale emergeva spiccatamente attraverso le linee d'espressione; il creatore di questo cupo ritratto non poteva essere altro che la pittrice 'Paura'.
-Spence cosa c'è lì sotto?-Mi indicò un foglietto giallastro di carta da lettera, posizionato appena sotto una gamba della sedia.
Mi accovacciai e lo raccolsi. Aveva un pungente aroma di pino cembro che pervadeva una delle quattro facce del foglio, come se del profumo vi fosse stato spruzzato sopra.
Girandolo mi accorsi di una scrittura, molto probabilmente fatta con penna e calamaio

"Impasse"

Alexa corrugò la fronte dubbiosa.
-Che c'è scritto?
-Impasse- Girai il foglio per verificare la presenza di ulteriori scritte, ma sembrava non esserci altro. -Difficoltà che non permette soluzioni o vie d'uscita.
-Spence, adesso ho seriamente paura- Mi guardò con le lacrime che affioravano agli occhi, e il quadro disegnato prima sembrava infittirsi ancor più di dettagli.
-Vuoi...che resti qui per stasera?
Non seppi neanche come proporlo senza sembrare un indecente, ma l'idea di lasciarla sola dopo questi ultimi avvenimenti mi aveva terrorizzato, al punto che decisi di far prevalere il mio istinto.
-Te ne sarei grata, davvero.

electra | spencer reidOnde histórias criam vida. Descubra agora