Un'altra volta

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Alexa's P.O.V
25/09/17

Mi trovai a girovagare per l'Accademia, con i libri tra le mie braccia possessivamente incrociate.
Camminavo ad elevata velocità e con poca dimestichezza tra i corridoi, in cerca dell'aula dove si sarebbe tenuta la mia prossima lezione.
Era un mercoledì mattina: le foglie degli alberi iniziavano ad ingiallire progressivamente rispetto alle giornate precedenti, mentre il cielo era in procinto di scurirsi e di macchiarsi di grigio, a causa delle nuvole cariche di pioggia che si stavano man mano raggruppando in un unico nuvolone. Era percepibile che l'estate fosse finita.
Tutto questo riuscivo a osservarlo dalle finestre attraverso le quali guardavo il paesaggio esterno mentre camminavo.

Improvvisamente mi ritrovai a sbattere contro qualcuno, lasciando cadere a terra la maggior parte dei miei libri.
Sembrava la classica scena di un film. Sapevo che mi sarei trovata di fronte il ragazzo dei miei sogni, che mi avrebbe chiesto scusa e si sarebbe innamorato di me a prima vista.
L'avevo visto troppe volte, era una scena vista e rivista.
Non ebbi perciò il coraggio di alzare gli occhi per guardare in faccia la persona che avevo urtato, ma sapevo che in qualche modo dovevo farlo. Non sarei potuta restare tutta la mattinata a guardare il pavimento.
Così alzai prontamente lo sguardo, conscia del mio destino.
Mi ritrovai davanti, però, solo la mia insegnante di psicologia, intenta a raccogliermi vari foglietti, svolazzati qua e là dopo il piccolo impatto.

"Lasci a me, ci penso io". Sentii improvvisamente una voce dietro le mie spalle. Una voce dolce e familiare.
Girai la testa di scatto, con la bocca leggermente aperta e gli occhi socchiusi.
"Non è possibile" pensai.
Non era il muscoloso, atletico, affascinante e raggiante ragazzo dell'accademia del quale mi sarei innamorata dopo l'impatto.
Il copione era stato, in qualche modo, stravolto.
Era Spencer, accovacciato e intento a raccattare i miei libri sparsi per il corridoio.
L'insegnante, intanto, si era già dileguata, lasciando me e il dottor Reid soli.
"Non deve per forza"-gli dissi con un filo di voce, cercando nel frattempo di riordinare il disastro combinato.
Lui mi rispose che non c'era nessun problema, e che in ogni caso non aveva niente di meglio da fare; era infatti quello l'orario della sua pausa mattutina, dove genericamente andava a prendersi uno dei tanti caffè giornalieri o leggeva una decina di libri.
Mi rialzai da terra tenendo lo sguardo fisso sui suoi capelli, leggermente arricciati nelle punte.
Si accorse, molto probabilmente, che li stavo guardando, perché dopo pochi secondi si passò una mano sul ciuffo davanti, spostandolo dietro l'orecchio.
"Ha lezione?"-mi chiese interrogativo, lasciandosi sfuggire un leggero broncio sulle labbra.
"Sì"-risposi io, dondolandomi avanti e dietro sui miei piedi.

-"La accompagno all'aula?"
-"Volentieri, mi farebbe piacere."

Camminammo vicini, scambiandoci qualche timida parola tra vari sorrisi meccanicamente nascosti, fino ad arrivare di fronte all'aula.

-"È stato un piacere parlare con lei, dottore."
-"Lo stesso vale per me."

Entrambi cercammo di renderla il meno imbarazzante possibile, anche se la situazione che si stava presentando in quel momento, lo rese difficile; né io né lui sapevamo come congedarci, e optammo per una stretta di mano che durò poco più di un secondo.

Entrai nell'ampia aula accademica e mi misi seduta in uno dei posti disponibili in prima fila, poggiando e riordinando i libri sul banco.
Fu lì che mi resi conto che per sbaglio avevo preso anche un libro di Spencer, che aveva appoggiato pochi minuti prima per aiutarmi a raccogliere i miei.
Si trattava di "Amleto" di Shakespeare.

electra | spencer reidWhere stories live. Discover now