Quasi impercettibile

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-Sul serio Spence, ci dormo io sul divano, vai pure sul letto.
-È casa tua e sul letto ci dormi tu.
Dopo un acceso dibattito, che assomigliava molto a uno di quelli che si hanno tra fratelli per decidere chi debba portare fuori la spazzatura e chi no, vinsi, e mi accomodai fiero sul soffice divano accanto alla finestra scassinata.
-Il letto è più comodo- borbottò Alexa arricciando le labbra dall'altra parte della stanza.
Mi girai verso di lei -Ed è appunto giusto che ci stia tu.-
Si avvicinò al divano, camminando a piedi nudi sul parquet, facendolo leggermente scricchiolare.
-Non so come ringraziarti per quello che stai facendo per me questa sera- disse mettendosi seduta. Sembrava essersi tranquillizzata molto rispetto a pochi minuti prima, quando invece era stata colta in pieno dal panico e dalla paura.
Risposi, stravaccandomi leggermente.
-Non devi ringraziarmi.
Scosse leggermente la testa e cambiò discorso. -Vuoi qualcosa da bere? Non ho alcolici ma ho del buon té alla vaniglia e lampone.
Sorrisi. -È qualche specie di mix italiano?- Ironizzai.
-Veramente l'ho comprato al market a 200m dalla Sherwood-mi rispose ridacchiando e dandomi una botta con il cuscino sul braccio.
-Comunque no grazie, non voglio niente.- In realtà l'unica cosa che volevo allora era dormire. L'ultimo caso che avevo risolto alcune ore prima con la squadra mi aveva tenuto sveglio per un giorno intero e io non dormivo da almeno 36 ore.

Esattamente in quel momento mi trovavo a pochi centimetri di distanza da una ragazza che conoscevo da non più di una settimana; il vecchio Reid esclusivamente casa/scacchi/lavoro  avrebbe disapprovato il nuovo sé stesso, che stava prendendo il sopravvento.
Alzò le sopracciglia -Beh...allora buonanotte.
Prima che fossi in grado di ricambiare il saluto, mi ritrovai un bacio stampato sulla guancia.
Era strano l'effetto che mi aveva provocato questo gesto così semplice ed innocente.
Sentii il mio viso diventare caldo tutto d'un tratto, e le mie gote cominciarono a colorarsi di rosso per l'imbarazzo.
La camicia iniziò ad aderire pesantemente sulla mia pelle, leggermente bagnata di sudore, ma al contempo fredda per la temperatura non troppo mite.
Sentii una momentanea lacuna al lobo parietale della mia testa, come se la corrispondente parte del cervello fosse stata appena risucchiata via da qualcosa.

Fu lei a spezzare il silenzio e a riportarmi alla realtà. -Scusami forse non dovevo.
In quel momento non riuscii a dire una parola, nonostante ne avessi così tante che mi vagavano in mente. Provai a parlare, provai a dare forma a tutti quei pensieri che mi passavano per la testa, ma non appena mi sforzai di aprir bocca, essi sparirono, lasciando posto solo a dei suoni leggermente strozzati.
-Buonanotte, ancora-continuò lei, rialzandosi in piedi per incamminarsi verso la sua stanza, stavolta senza darmi nessun bacio. Doveva essere rimasta delusa dal mio silenzio, che era stato evidentemente frainteso.
-Stupido- pensai tra me e me -sei un maledetto vigliacco Spencer, neanche il coraggio di dire buonanotte.

Il coraggio. Un elemento fondamentale e caratterizzante della mia breve ed intensa vita, specialmente del mio lavoro.
Ero sempre pronto a prendermi una pallottola in testa per proteggere gli altri, ero sempre pronto ad espormi al pericolo, nonostante il prezzo da pagare fosse veramente alto.

Ma non ero stato in grado di rispondere a quella buonanotte come avrei voluto.

electra | spencer reidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora