Limitrofo

189 35 0
                                    

Appena aperta la porta lignea, sentii un rumore provenire da uno spazio limitrofo.
Non ci feci molto caso inizialmente e chiusi la porta dietro le mie spalle.
Poteva capitarmi, dopo una lunga giornata, di avere delle strane e realistiche allucinazioni sonore.
Ma il secondo e il terzo rumore, arrivati quasi simultaneamente alla chiusura della porta, non potevano appartenere solo alla mia sfera mentale.
Brandii immediatamente la mazza da baseball firmata da Erik Kratz, che tenevo per qualsiasi emergenza vicina alla porta d'ingresso, e questa sembrava una di quelle.
Il rumore che avevo sentito per ultimo, risultava più nitido e concreto; avrei potuto affermare con certezza che si trattasse di una sedia che si spostava.
Mi mossi lentamente, brancolando nel buio, in cerca dell'interruttore della luce più prossimo alla mia posizione attuale, tastando anche il muro per poterlo trovare più facilmente, e quando finalmente lo sentii sull'indice, lo premetti di scatto.
Mi ritrovai davanti solo il nulla più totale.
Avevo perso il mio obiettivo.
Ma ero realmente così sicura di averne mai avuto uno ora?

Chiunque fosse stato, non poteva essersi volatilizzato nel nulla, e parlando chiaro, non ho mai creduto nei fantasmi, perciò l'ipotesi di un'entità paranormale era da escludere a priori.

Il mio sesto senso mi invitò a guardare la finestrella di fronte al divano che dava sul cortile del Campus.
Essa si presentò socchiusa.
Mi avvicinai e la osservai attentamente.
Aprendola notai dei segni di effrazione provenienti dalla parte esterna: il traverso era stato scalfito da un qualche oggetto tagliente, probabilmente un cacciavite con punta ad U, oppure un semplice coltello del quale ignoro tutt'ora le dimensioni.

Mi fermai a pensare.
Se fosse stato uno studente del Campus o un membro del personale, avrebbe potuto utilizzare più comodamente la porta d'ingresso per entrare, poiché essa sarebbe stata più facile da aprire, o in tal caso da scassinare. Era una cosa risaputa in tutto l'edificio che le porte fossero messe molto male lì.
Doveva esserci qualcosa di più sotto il movente della scelta della finestra sia per entrare che per uscire, invece che della porta.

-Magari l'S.I non voleva farsi vedere all'interno del Campus-pensai.

"S.I."-mi fermai ancora a riflettere sulla parola.
Iniziavo già ad utilizzare il linguaggio specifico di Spence, nonostante le poche volte che ci eravamo parlati.

Quella mattina, dopo essersi espresso  sul suo surreale sogno, si era fermato nell'aula a raccontarmi della sua vita, ovviamente sotto mio invito.

Flashback
-Ha sempre voluto diventare un dottore e un profiler?
-Suppongo di sì, anche se un altro mestiere che mi avrebbe affascinato sarebbe stato il professore, ma non avrei trovato il tempo di esercitare la professione.
-Noioso- risposi e ridacchiai scuotendo lentamente il capo.

Lui, che sembrava non aver colto il tono ironico dietro quella parola, aggrottò un po' la fronte.

-Era una battuta-iniziai a spiegare-esercitare tre professioni non sarebbe stato affatto noioso.

Alzò le sopracciglia e sorrise leggermente.
-Ora ho capito.- Si fermò per pochi secondi prima di ricominciare a parlare -lei invece ha sempre saputo che avrebbe studiato...
-Perfavore- interruppi la sua domanda sul nascere -mi dia del "tu".
-Potrei chiederti di fare lo stesso allora.
-Lo farò allora, 'Spence'.

electra | spencer reidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora