Nei minimi dettagli

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Electra's POV

Cosa sta accadendo?
La prima cosa che avverto è il freddo: un freddo pungente, che si stanzia sottocutaneo come delle stalattiti di ghiaccio. L'aria densa e viscida viene filtrata sgradevolmente dal mio organo d'olfatto che si rifiuta di farmi inalare quest'umidità stagnante, la quale a sua volta dipinge strisce di muffa scura sulle pareti ed emana un odore acre e malsano.
Aprendo lentamente gli occhi riesco a vedere la luce tremolante della lampada a muro, allineata perfettamente ad una videocamera nello spigolo scurito dalla muffa dove convergono due pareti e il soffitto. L'ombra si insinua lascivamente nei luoghi dove la lampada non riesce ad illuminare e trasforma in sagome oscure gli oggetti, tra cui quella del televisore, che si stampa al muro trasformandosi in un minaccioso mostro deformato.
Un respiro lento che avverto accanto a me dissipa ogni mio ragionamento sul luogo dove possa trovarmi.
Muovo la testa lentamente e vicino al mio volto riesco a vedere un viso familiare con gli occhi chiusi e la bocca sottilmente aperta. I capelli scompigliati della folta chioma scura e la mascella rilassata conferiscono al viso del ragazzo un'aria serena.

Dall'altro lato della stanza odo una voce soave. "Electra". Giro il capo, cercando di non fare movimenti bruschi che potrebbero nuocermi, poiché avverto un lancinante dolore alla testa dato da cause sconosciute.
Una ragazza che vedo sfocata inizia a camminare carponi velocemente verso di me. È Alexa Rossi. Cosa? Perché?

"D-dove sono?"-sono confusa, è l'unica cosa che riesco a dire appena la mia paziente si avvicina.
"Ci hanno rapiti, tutti e quattro". Mi rifiuto di sentire ulteriormente poiché, anche se volessi, il mal di testa me lo impedirebbe.
"Electra sei sveglia"-sopraggiunge a me anche un altro ragazzo dai capelli leggermente lunghi e castani.
Spencer? Reid? Non ci posso credere, non sarà mica lui lo Spencer di Alexa, non dopo tutto quello che è successo.

"Reid."-alzo il sopracciglio sinistro in segno di disappunto.
"Electra mi dispiace tanto, davvero, ma non è stata colpa mia, lo sai"-cerca di cavarsela lui affusolando le dita mentre spiega.
Entra nel discorso anche la ragazza dagli occhi cristallo. "Mi spiegate cosa succede? E vi conoscete?"-chiede lei intontita, forse dalla situazione in generale.
"Electra concorreva per diventare membro della BAU, ma Hotch scelse me".
"Ora hai anche il coraggio di umiliarmi di fronte ai miei pazienti?"-scoppiai infervorata di fronte a queste parole, non rendendomi conto di aver svegliato anche l'altro uomo attaccato alla branda scassata del letto.
"Smettetela di fare casino, che cazzo"-si alzò lui in piedi, accecato dall'ira e dal sonno. Il suo volto scavato, i suoi occhi leggermente infossati e un lieve accenno di barba...era familiare.

"Electra..."-spalancò gli occhi e rimase pietrificato. Ne rimasi sorpresa.
Non riuscii a capire chi fosse, fin quando non pronunciò una dannata parola che mi fece gelare il sangue e al contempo bollire le tempie.
"Clyde".

"Augustus?"-lo squadrai dalla testa ai piedi, iniziando a sentire le ginocchia mollicce. Era esattamente lo stesso di quasi 20 anni prima, il medesimo tono incazzato, il medesimo sguardo, tutto sembrava essersi tramutato in un flashback.
Tutto sembrava come tanto tempo fa.
Quando giacevamo addormentati sul letto nel mio appartamento. Come quando lui giocava con i miei capelli che al tempo erano biondi.
Come quando lui mi accarezzava delicatamente la schiena sussurrandomi che mi amava, ogni giorno di più.
Mi sentii teletrasportata sotto quel lampione gotico che ci aveva fatto innamorare nel '99.
Era tutto semplicemente surreale e quasi inaccettabile da credere.

"Ora che siete tutti svegli, iniziamo". Una voce metallica e fastidiosa riecheggiò per la stanza. Di certo non era una voce umana, era stata modificata con vari aggeggi elettronici che non saprei neanche nominare, ma dietro quella voce però, l'umano c'era. Eccome se c'era.

"Chi sei? Che vuoi?"-tentai inutilmente di gridare, prima di essere bloccata da Alexa, che mi afferrò un braccio e mi sussurrò di non farlo arrabbiare poiché sarebbe stato peggio.
"Te lo spiegheranno i tuoi amici chi sono"-pronunciò l'insulso maniaco che sicuramente se la stava ridendo dall'altra parte del microfono. Malato.

"Questa è una casa, la nostra casa. Ci sono delle camere dove dormiamo, ma la maggior parte del tempo siamo riuniti qui, e quando siamo qui dobbiamo parlare della nostra vita a lui"-borbottò Augustus fissandomi.

"Tu"-andai verso di lui prendendolo per l'insulsa maglietta grigia-"tu sei l'ultima persona che deve parlarmi, sono stata chiara?"
"Electra siamo tutti sulla stessa barca, lascialo"-intervenne Alexa, cercando di far ragionare l'ultimo briciolo di me non sconvolto per la situazione.
Mi placai e per un attimo pensai di svenire da tutta l'epinefrina che mi scorreva in corpo. Un ormone capace di sconvolgere il mio stato d'animo. Un mediatore chimico in grado di farmi diventare la persona che non sono mai stata.
Respira Electra, respira pensai tra me e me rallentando la morsa sulla maglia di Augustus, comunque sia non avrebbe cambiato le cose strappargli una ridicola t-shirt di dosso.

electra | spencer reidWhere stories live. Discover now