Déjà-vu

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Avevo assistito alla più lunga lezione di diritto penale della mia vita.
Riuscivo a scorgere con lo sguardo studenti con i volti stravolti.
Una lunga melodia di sbadigli era accompagnata da vari fronti corrugate e palpebre appesantite.
Si respirava un effluvio di caffè che danzava apertamente nell'aria, intersecandosi allegramente all'olezzo di sudore e di chiuso.

Appena terminata la lezione, riassestai ordinatamente i libri all'interno del mio zaino, tenendo tra le braccia quelli che non vi trovavano spazio.
Riguardai, ancora, quel libro del dottor Reid.

Cominciai a sfogliarlo, cercando di mantenere il tocco il più delicato possibile per evitare di rovinarlo.
Sentivo la carta scorrere ruvida sotto i polpastrelli delle dita.

Mi fermai per leggerne un paragrafo e individuai una frase che mi piacque e mi colpì a primo impatto;

"Dubita che di fuoco sian le stelle, e che il sole si muova, dubita che anche il vero sia bugiardo, ma del mio amor non dubitare."

Di certo Shakespeare non era un dilettante nel suo campo.

Di colpo mi sentii osservata.
Riuscivo a presagire uno sguardo fisso su di me, che mi fece rabbrividire ed incuriosire al contempo.
Avvertii che lo sguardo si faceva sempre più intenso e rasente, sino a diventare una presenza così vicina a me da oscurare dalla luce del lampadario appeso al soffitto, la parte più destra del mio corpo, ma io non riuscii a staccare gli occhi dal libro.

-Ti piace?-mi chiese.
La domanda mi fece sussultare un po', poiché riconobbi distintamente la voce del dottor Reid.
Era incredibile il tempismo che avesse quel ragazzo.

-Mi sono accorto di non averlo più in mano 20 minuti dopo averti salutato, e così sono tornato a riprenderlo ora.

Sistematicamente chiusi il libro, tenendo il pollice tra le pagine e alzai gli occhi da quell'opera con copertina rivestita di cuoio, con colore tendente al marrone tabacco.

-Mi dispiace, non volevo sbirciare.- Le parole mi uscirono soffocate dalla bocca. La causa? La ristretta vicinanza che separava i nostri corpi.

Feci un passo indietro e gli porsi il libro, che lentamente riprese e aprì.

Osservò bene le pagine, e notò che avevo tenuto il segno sulla pagina dove si trovava la frase che pochi minuti prima mi era piaciuta tanto.

Sorrise. Non sapevo bene perché lo avesse fatto, ma sorrise e mi guardò.

-Ho un déjà-vu, Alexa.-iniziò-Io non mi so spiegare la scienza esatta di questi fenomeni, e temo che non lo saprò fare mai. Che essi siano solo un agglomerato di sensazioni già provate in precedenza, unite a circostanze simili ad alcune passate? Possibile, molto possibile.
-Un déjà-vu?
-Pochi giorni fa ho sognato questa scena, un po' diversa, ma con lo stesso concetto. Eravamo esattamente in quest'aula. Tu mi porgevi "Amleto" e subito dopo fuggivi via, lasciandomi incapace di...di tutto. Io aprivo il libro e trovavo esattamente questo paragrafo del libro.
-È assurdo.
-Assurdo, spaventoso...ma affascinante.

Non seppi replicare. Rimasi solamente a fissare le sue iridi color nocciola, che mi avevano fissata a loro volta per tutto il dialogo.

electra | spencer reidWhere stories live. Discover now