Capitolo 12 - Ma non sparare cavolate!

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"Okay ragazzi, venite qua per favore, Gwen, anche te!" Bob aveva dato loro una settimana di tempo e ora aveva finalmente preso una decisione. "Grazie per averci aiutato nelle pulizie e per essere sempre stati disponibili e in orario, tuttavia vi devo comunicare che ho preso la decisione di assumere solo alcuni di voi!"
I cavalieri erano in fila davanti alla scrivania del boss in silenzio e con le braccia incrociate dietro alla schiena, si sentiva una leggera aria di tensione. Merlino era in piedi accanto alla scrivania, anche lui con le braccia dietro la schiena, in silenzio e teso. Artù lo guardò negli occhi e gli si accese una malinconia in cuore perché gli ricordava il Merlino che aveva come servo e non lo lasciava mai da solo.
"Lancillotto, Elian, congratulazioni, ho deciso di prendervi per continuare le pulizie. Gwen, tu farai da assistente a Merlino nei suoi lavori. Artù, te sei all'incirca decente nelle pulizie, seriamente sembra che tu sia vissuto in un castello con dei servi." Merlino dovette trattenersi dalle risate, così come Gwen. "Ma ti tengo comunque in chiamata nel caso avessimo bisogno di aiuto in qualche pulizia di eventi. Leone..."
"Leon!" Lo interruppe il cavaliere inorridito.
"Leon..." ripetè Bob sospirando. "Te sei quello che mi ha stupito più di tutti, specialmente quando ti beccavo alla scrivania con Elena a picchiettare sulla tastiera, quindi ti tengo come impiegato. All'inizio avrai dei lavori semplici ovvio, ma starai comunque davanti a un computer per molte ore. Pensi di farcela?"
"Si, assolutamente signore. Accetto la missione!"
"Bene." Disse Bob confuso. "Per quanto riguarda voi due, Galvano e Parsifal, dire che siete stati schifosi è dir poco. Vi voglio fuori di qui tra cinque minuti!"
E così eseguirono. Ognuno dei cavalieri era nei rispettivi posti dopo neanche cinque minuti.
Subito si erano messi a lavorare, tranne ovviamente Parsifal, Galvano e Artù, che si stavano dirigendo tristi a casa.
A un certo punto Galvano si fermò di colpo, dando un colpo al petto di Parsifal attirando la sua attenzione, Artù li guardò con sguardo confuso.
Galvano stava fissando un cartello vendesi di un bar.
"E... e se aprissimo una nostra attività?" Chiese Galvano e Parsifal.
"Una nostra attività?" Rispose Parsifal. Galvano annuì con un sorriso. "In un bar?" Altro sorriso annuendo. "Noi due?" Di nuovo, annuì con un sorriso sempre più grande. "Ma stai scherzando?" Il sorriso di Galvano si spense improvvisamente, lasciando spazio a una faccia triste e sconfitta.
"E dai sarà divertente!" Insistette Galvano.
"Ma cosa dici? Non dureremo un giorno! E poi non in un bar, voglio dire, sai qualcosa di birre, panini, alcool e cose così?"
"Alcool si!" Disse Galvano fiero.
"Posso aiutarvi io!" Disse Artù, facendo notare ad entrambi la sua presenza. I due cavalieri si girarono di scatto e lo guardarono con aria sorpresa.
"Tu?"' Chiese Galvano. Artù annuí. "Che fai un lavoro comune?"
"Come dice Merlino: devo guadagnarmi da vivere in qualche modo. E visto che sono stato preso per un lavoro a chiamata, la vedo dura che... mi chiamino..."
"Ah!" Disse Parsifal dopo un po' di minuti di silenzio. "Ora il problema è come ottenere il posto, decidere chi fa cosa e soprattutto... chi sarà il boss?"
"Boss?" Chiese Galvano.
"Si, è così che Merlino chiama il tizio ciccione che ci ha appena cacciati."
"Ma chi Bob? Io pensavo fosse il padre di Merlino!"
Artù aveva iniziato a ridere, ma a quelle parole il volto del giovane re divenne cupo e malinconico.
"Andiamo come fai a dire che sono padre e figlio?" Disse Parsifal. Artù non rispose, era tornato indietro, non di tanto, ma abbastanza per capire che qualcosa dentro di lui, mancava.

72 ore prima

Artù fece sedere di forza suo padre sul suo letto al piano di sopra e lui lo guardò con aria schifata.
"Non guardarmi in quel modo, è colpa tua se ci troviamo in questa situazione!" Disse Artù.
"C'è un motivo se io ho sempre odiato voi nobili!" Commentò Galvano con un cacciavite in bocca, mentre faceva in modo che la finestra non si potesse aprire. "Ecco, la finestra è sigillata non si può più aprire!"
"Grazie Galvano vai pure giù con gli altri io arrivo subito!" Disse Artù e Galvano scese in salotto con gli altri cavalieri.
"Ho sigillato la finestra, ma Artù chiede qualche minuto con Uther." Disse Galvano sedendosi sulla poltrona. Tutti annuirono lievemente.
"Senti noi ora dobbiamo andare al lavoro." Disse Artù a suo padre. "Tu devi restare qui, in camera, torneremo prima della scadenza delle tue ventiquattro ore e non ti aspettare che faremo in modo di farti restare ancora!"
"Sei solo un ingenuo, figlio mio!" Disse Uther. "Non lo vedi che quel mago è perso di te, e in qualche modo anche tu lo sei!"
"Non dire idiozie padre, lo sai che io sono innamorato di Ginevra."
"Sai bene però che la mente gioca anche brutti scherzi quando si tratta di amare."
Artù non rispose.
Il telefono di Merlino squillò e Lancillotto si alzò improvvisamente dal divano cercando una spada che non c'era.
"Cos'è?" Chiese il cavaliere con tono sospettoso e sguardo attento.
"Il mio telefono!" Disse Merlino sospirando ormai rassegnato alla loro ignoranza. "Anche il tuo può squillare!"
"Ah!" Disse Lancillotto pensando alla stupidità della sua reazione. Si mise a sedere e non aprì più bocca. Merlino rispose.
"Ciao Bob! Cosa posso fare per te?" Bob dall'altra parte del telefono stava in un cantiere per controllare i lavori di un nuovo grattacielo a cui stava lavorando, quindi doveva urlare per farsi sentire da Merlino.
"Oh razza di mago del Medioevo!" Urlò Bob e Merlino non seppe cosa rispondere, lasciando continuare Bob. "Senti io sono bloccato nel cantiere, volevo dirti che nei prossimi due giorni non avrò bisogno né di te né dei tuoi amici fuori di testa. Quindi sei in festa fino a lunedì! Venite un po' prima lunedì che vi dico chi tengo e chi caccio!"
"Ah, okay, beh grazie Bob, buon weekend!"
Era da all'incirca due mesi che Merlino non aveva un weekend libero e per una volta si sentii libero da stress e angosce del lavoro. Salutò Bob, mise giù il telefono e guardò gli altri, tutti avevano una faccia curiosa.
"Bob ha detto che siamo liberi fino a lunedì e poi ci dirà chi è assunto e chi no!"
Gaius tirò un urlo, si alzò dalla poltrona e iniziò a ballare cantando "Pe pee! Pe pe, pe-pe-pe-peeee pe pe!" Tutti lo guardarono stupiti di come si fosse ringiovanito di punto in bianco. Una volta calmatosi li guardò tutti sorridendo.
"Tranquilli, sto festeggiando perché così posso mandare via Uther prima!" E si recò nel museo personale di Merlino, che era diventato il suo laboratorio.
Intanto, al piano di sopra, Uther stava mettendo, stranamente, le idee a posto ad Artù.
"Non ami Ginevra!" Gli stava dicendo.
"E perché mai non dovrei amarla?"
"Basta solamente notare il modo in cui guardi il mago! È uno sguardo quasi uguale a quello di Ginevra, ma più passionale!"
"Ma non sparare cavolate!"
Uther sembrò confuso. "Non so cosa voglia dire quella parola, ma è vero!"
"Artù Artù!" Merlino comparve nella stanza con euforia, solo in quel momento Artù notò una piccola luce nei suoi occhi quando incontrarono quelli del re.
Artù rimase immobile, confuso e circondato dalle parole di suo padre, facendo preoccupare il giovane mago, spingendolo a continuare.
"Gaius ha fatto la pozione!" Artù rimase con uno sguardo normale. "Vuole che lo porti giù!" E uscì dalla stanza. Artù guardò suo padre e lui alzò le sopracciglia in senso di soddisfazione. In risposta, Artù alzò gli occhi al cielo.
"Non sparerò altre cavolate!" Disse Uther.
Artù lo prese per un braccio impaziente e lo trascinò in salotto. Poi lo scaraventò sul divano e Gaius apparve con un bicchiere con un liquido trasparente all'interno.
Lo stregone gli lanciò il bicchiere ordinando un "Bevi!" Secco e deciso. Uther non disse niente, prese il bicchiere e cacciò tutto d'un colpo la bevanda.
Uther fece una smorfia per il gusto amaro e diede qualche colpo di tosse. Poi alzò lo sguardo verso sul figlio e pronunciò le sue ultime parole.
"Non dimenticare!" Poi chiuse gli occhi e in un battito di ciglia di tutti i cavalieri, Uther era ufficialmente scomparso.
"E ora torno di sopra a smontare quella finestra!" Commentò Galvano rimettendosi il cacciavite in bocca.

Uther camminò lentamente nella navata di pietra nera, pronto a tornare tra le fiamme dell'inferno, davanti a lui, la Morte lo stava aspettando con impazienza.
"Meno di ventiquattro ore, sono sorpresa!" Commentò mentre il vecchio re faceva gli ultimi passi.
"Non sparare cavolate e rispediscimi là sotto!" Rispose Uther. La Morte rimase confusa per qualche secondo, poi tornò seria.
"Non andrai là sotto invece!" Uther si stupì. "Ho visto che il tuo compito non è finito, per ora sei solo in panchina, ma tornerai a giocare. Per ora, in questi breve tempo, voglio farti vedere il lato opposto dell'inferno, per farti capire che quando, e se, tornerai, avrai un compito che ti dirò. Se lo porterai a termine, tornerai sopra, se fallirai, le fiamme ti riaccoglieranno con piacere."
E nel frattempo, in un angolo, nascosta nell'ombra, Morgana stava fissando la Morte negli occhi, ripetendo muta le parole prescritte per la sovrana del mondo dei morti. E in quel momento pensò solamente una parola, mentre Uther la superava.
Impeccabile.

Merlin: una guida nel mondo moderno || MerthurWhere stories live. Discover now