Lontano dalla mente - Giorno 18

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"Sei particolarmente silenzioso oggi..." William alza lo sguardo verso Giulia che alza gli occhi al cielo ripensando alle sue parole: "Nel senso, tu sei sempre silenzioso, però diciamo che oggi lo sei di più. Non ha molto senso, però in fondo in sì, ne ha!"

Si autoconvince, battendo le mani sulle gambe e Nayt accenna un leggero sorriso, per poi tornare a fissare il soffitto, con le mani dietro la testa. Quelle parole ancora le ha in testa. Giulia sarà condannata, esattamente come lui. E lei non sa nulla. Ma non può diglielo, mica è sicuro che avverrà, non si fida delle guardie, né dello stato, quindi potrebbe non essere vero:

"Domani verrà Gionata"

"Ancora? Ha rotto il cazzo!" Ragiona William

"Non so se ho voglia di vederlo."

William si gira a guardarla. Giulia è seduta sul suo letto, mentre osserva le sue gambe penzolare:

"Io non voglio che lui mi tradisca, non sono sicura l'abbia fatto, ma non mi stupirei, però non capisco perché voglia vedermi. Può scrivermi se vuole aggiornarmi sulla fuga"

"Magari vuole lasciarti" Continua a riflettere, dandole la schiena:

"Non vuoi ascoltarmi?" Gli domanda, dispiaciuta e William non risponde. Se sapesse quanto è scioccato per il fatto che forse lei morirà prima di lui e ancora non lo sa e non può rendersene conto:

"Sei arrabbiato con me?"

Il tono di voce di Giulia è preoccupato, colpevole e timoroso di aver fatto qualcosa, ma a Nayt non importa, sicuramente se la dovesse guardare negli occhi, crollerebbe e le direbbe tutto e non può, non deve agitarla inutilmente.

Si copre, tacendo definitivamente e fingendo di dormire:

"Ho capito...ti ho fatto qualcosa, ma non me lo dirai, ovviamente, anche perché non parli"

Ragiona, stupidamente:

"Anche se con me hai parlato e quello mi basta, mi ha aiutato sentirti, mi stai sempre vicino, per quanto magari tu possa pensare sia il contrario."

William sorride, nessuno glielo aveva mai detto:

"Questa detenzione sta diventando piacevole, passandola con te, mi tieni compagnia, con il tuo silenzioso sostegno. Scapperemo insieme. Non posso più permettere che ti possa accadere qualcosa"

"Invece è giusto sia così"

Le mostra la lavagnetta, con quella frase, senza cambiare espressione, sempre seria e menefreghista:

"No, non meriti la morte, indipendentemente da ciò che hai fatto"

"Sei di parte... Tu mi vuoi bene. Se fossi più oggettiva e vedessi il mondo come lo vedono le persone a cui ho stappato la felicità, credimi, non ragioneresti così."

"Perché hai questo odio verso i padri?"

Nayt si blocca, stringendo la lavagna, non sicuro di voler continuare a raccontare, ma si rende conto che il tempo stringe, che ha la possibilità di potersi sfogare con qualcuno, qualcuno che, forse, non lo tradirà come tutti:

"Odio mio padre. Io...penso che ti basti sapere questo"

"Se lo dici tu..."

"Tu vorresti sapere altro?"

Giulia annuisce, incrociando le gambe sul letto, curiosa:

"Non mi va di parlarne e basta. Non insistere. Mio padre ha abbandonato me e mia madre quando ero piccolo, facendoci vivere nella merda, fine"

Le risponde freddamente, sbuffando, per poi abbandonare la lavagna, facendole fare un sonoro tonfo a terra, ridando le spalle alla ragazza, stanco e annoiato da quel discorso. Non vuole che sappia altri dettagli, non è di certo la persona giusta a cui raccontarli.

O forse sì?

Giulia lo ascolterebbe?

No...nessuno lo farebbe, nessuno lo ha mai fatto. Giulia non è diversa, è solo l'effetto di quelle quattro mura della prigione. Nessuno può entrare nelle mura di pensiero impenetrabili che Nayt nella mente. Nessuno.

Giulia inclusa.


Giorno 18.30

L'essere buono e l'essere cattivo
è oggettivo. Chi ha deciso chi è
buono e chi è cattivo? In base
a cosa si è da una parte o dall'altra.
Perché abbiamo costantemente il
bisogno di etichettare le persone?
Vogliamo la parità, l'essere tutti
uguali davanti alla leggere, davanti
alle autorità, davanti al mondo,
eppure siamo costretti in una società
in cui se non sei il migliore non vai
da nessuna parte, in cui sembra
sbagliato avere soldi. Nel quale
se sei un rapper non sei un cantante
e nel quale il calcio viene elevato
rispetto ad altri sport. Sono sempre
gli alri a imporci le cose, a dirci cosa
è giusto e cosa è sbagliato, cosa
dobbiamo o non dobbiamo fare.

Ribellarsi è così strano, solo perché
non è stato scelto da nessuno,
perché nessuno ce lo ha imposto,
perché non esistono, in una
ribellione, buoni e cattivi, ma solo
persone in grado di cambiare i
pensieri quotidiani delle persone.

Tra le sbarre della mente | NaytDove le storie prendono vita. Scoprilo ora