Capitolo 58

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Kisame si siede al mio fianco mentre Itachi mi serve un onigiri che si può a malapena definire tale. Ha una forma davvero bizzarra, ma non posso nemmeno prendermi gioco di lui visto che d'ora in poi io non potrò più modellarli come una volta.

Sorrido tristemente mentre lo afferro tra le dita e lo porto alla bocca. Itachi si siede davanti a me e si toglie il grembiule bianco che ha indossato per cucinare. Se soltanto mi sentissi meglio scherzerei senz'altro sul suo aspetto da donna di casa.

«Allora, com'è?» chiede preoccupato.

Mi limito a masticare in silenzio con gli occhi fissi sul piatto.

«Non devi rispondere.» mi protegge Kisame.

«Senti, Yumi, mi dispiace. Sono scappato per tre settimane intere, ma credimi quando ti dico che non volevo farti stare ancora peggio. Avevo bisogno di tempo.»

Annuisco debolmente. «Lo capisco. Dov'è Deidara?»

«Stasera aveva da fare. Lui e Konan sono stati chiamati per una missione.»

«Mmh.»

«Kisame, potresti lasciarci soli per un momento?»

Lo spadaccino digrigna i suoi denti aguzzi e mi osserva attentamente per vedere la mia reazione.

«A te va bene?» mi chiede.

«Credo di sì.» rispondo con un filo di voce.

Kisame si alza, mi dà una pacca amichevole sulla spalla sinistra ed esce dal salottino chiudendosi la porta alle spalle. Itachi si tira di nuovo in piedi e si posiziona sulla sedia che fino a poco tempo fa era occupata dall'amico.

«Scusami. Scusami davvero.»

«Non c'è nulla di cui ti devi scusare.» rispondo posando sul piatto ciò che rimane della mia cena.

«Yumi. So che c'è qualcosa che ti tormenta.»

Scanso il suo sguardo e provo a nascondermi dietro i capelli, ma lui mi prende le ciocche più lunghe e le sposta dietro all'orecchio.

«Ho voluto nascondertelo, Itachi, ma adesso lo devi sapere.» affermo con un sospiro lungo e ponderato.

«La vista è peggiorata. Tra poco non sarò più in grado di distinguere le forme. Il mio corpo cede. Sai cosa vuol dire, vero?»

Itachi rimane in silenzio e punta i suoi occhi sulle mie labbra.

«Ho sbagliato troppe cose con te. Tu ti sei sempre fidata e io... Io ti ho condotta qui. Stai morendo, non è vero?»

Abbasso il capo e mi alzo dalla tavola con una spinta.

«Smettila di fare così.» gli chiedo solamente. «Non provare a lenire il mio dolore.»

Lui non risponde mentre esco dalla stessa porta dietro a cui è scomparso Kisame. Lo trovo in corridoio con la schiena posata contro il muro e le braccia incrociate. Ci scambiamo uno sguardo prima che io mi diriga verso la mia stanza.

Mi stendo sul letto e mi metto a guardare il soffitto. Sento che sarà un'altra nottata di incubi.

Guardo con odio il tronco davanti a me. È percorso da una miriade di solchi di varia profondità, ma non accenna minimamente a cedere. Sollevo un'altra volta la spada e mi avvento con ancora più forza sulla parte frontale.

Deidara, il quale è comodamente seduto dietro di me su una sporgenza rocciosa, sospira.

«Sai, Konan durante la nostra ultima missione mi ha insegnato qualcosa di psicologia. Ha letto molti libri a riguardo.»

«E cosa ti ha insegnato?» chiedo con indifferenza.

«Beh... Ci sono cinque fasi nell'elaborazione di una perdita. La prima è la negazione, la seconda la rabbia.» spiega con un tono serio.

Conficco la punta della spada di Chujin nella corteccia e volto la testa verso di lui. Ho capito quello che sta cercando di dirmi. Io sto attraversando la fase della rabbia.

«E quali sono le prossime fasi?»

«Negoziazione, depressione e accettazione.»

Sollevo un sopracciglio.

«Bene. Questo significa che devo ancora patire per un po'.» sbuffo riprendendo la mia opera.

Assottiglio gli occhi e libero tutta la potenza che possiedo. Questa volta la lama penetra così a fondo che l'albero cede e si spezza e la chioma cade a terra con un tonfo. Deidara balza in piedi. L'ho colto di sorpresa.

«Ehi, ma cosa ti salta in mente!?» sbraita puntando la quercia decapitata.

«Do sfogo alla rabbia.» replico con uno sguardo assassino. «Vuoi essere il prossimo?»

Scuote la testa preoccupato e alza le mani.

«R-Rientriamo. Ti prego.»

Annuisco e sistemo la spada nel fodero. Camminiamo in silenzio l'uno accanto all'altra fino al rifugio.

«Sei pazza.» commenta.

«Mi preferisci depressa?»

«Oh, no, quella fase deve ancora iniziare. Non farmici pensare.» risponde posandosi una mano sulla faccia.

Ridacchio sottovoce.

«Deidara.» lo chiamo posandogli la mano sulla spalla. «Non ci saranno altre fasi.»

«Eh?» domanda stranito.

«Mi conosci. Io non seguo nessuno schema.»

Deidara mi sorride e mi cinge le spalle con il braccio.

«Pazza!» esclama spingendo la porta con un calcio. «Ora lasciami, non voglio che la tua pazzia mi contagi!»

Spazio autrice

Ehilà, ecco il capitolo tanto atteso.

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