Cʜᴀᴘᴛᴇʀ 34

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"Se non le dispiace prima cerchiamo di metterci in contatto con i nostri amici".

Vecchia: "Prego, fate pure cari!".

Yoongi si diresse verso il mobile della cucina sul quale si trovava il telefono prodotto chissà quanti decenni prima.
Allungò la mano, così da poter afferrare la cornetta, realizzando solo in quel momento di star tremando in maniera quasi spasmodica.

"Calmati idiota".

Mormorò tra sé e sé, sorridendo leggermente quasi come per rassicurarsi del fatto che non ci fosse alcun motivo di farsi prendere dall'ansia.
Strinse l'altra mano attorno al proprio polso, così da arrestare il tremore e sollevò la cornetta, portandola all'orecchio ed iniziando a digitare il numero di Hoseok, uno dei pochi numeri che ricordava a memoria.
Ma nulla, nessuna risposta.
Anzi, in realtà, il telefono non squillava neppure; che fosse rotto?

"Scusi signora il telefono no-"

Mentre si voltava, reggendo ancora la cornetta del telefono, vide con la coda dell'occhio l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere o, meglio, l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere.

"Jimin...?".

Chiamò il suo nome, sussurrandolo, la voce flebile.
L'espressione di Jimin era confusa, spaventata, agonizzante, come se stesse cercando di comprendere quel che era appena accaduto.
Yoongi lasciò cadere la cornetta a terra e, nel medesimo istante, anche il corpo di Jimin, trascinato dal proprio peso cadde, esanime, a terra.

Nella sua schiena era conficcata un'ascia che aveva da poco penetrato le sue carni senza il benché minimo sforzo.
Yoongi non ebbe il tempo di fare nulla, non ebbe il tempo di agire, né tantomeno di voltarsi completamente, prima che la realtà gli piombasse addosso con tutta la sua schiacciante potenza.
La donna calpestò la zona alla base della schiena di Jimin, afferrando il manico dell'ascia, per poi estrarla dalla sua schiena.
Il sangue prese a sgorgare copiosamente, senza lasciare alcuna speranza a Jimin di riuscire in un qualche modo a fermare l'emorragia.

Vecchia: "Si taglia molto più facilmente della legna".

Yoongi indietreggiò, facendo cadere dal bancone il telefono che piombò rumorosamente al suolo.

"Jimin.."

Mormorò nuovamente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che non fosse il corpo del suo fidanzato disteso a terra.

Vecchia: "È già morto tesoro".

Il ragazzo sollevò lo sguardo, posandolo sulla donna, con la vista offuscata dalle lacrime.

"Perché? Dimmi perché".

Vecchia: "Non avevo altra scelta, dispiace sia a me che a te".

Yoongi, le si avvicinò, mosso da quella tristezza che si stava trasformando in rabbia.

"Che cazzo stai dicendo?!"

Vecchia: "Se ti arrabbi mi rendi solo le cose più difficili. Immagino che avrai notato che c'è qualcosa di- strano in questa casa, in questi boschi. Io ero come voi un tempo, tanti, anzi, tantissimi anni fa. Ero venuta in vacanza con degli amici. Il padrone di casa era un uomo anziano affetto dalla mia stessa 'malattia'".

Disse, pulendo via il sangue dall'ascia con uno straccio.

Vecchia: "Li ho visti morire, uno per uno, davanti ai miei occhi, persino quello che di lì a breve sarebbe diventato mio marito. Erano stati quei mostri ed io, ero l'ultima rimasta. Non potevo chiamare la polizia, non mi avrebbero creduta. Mi sono sbarazzata dei cadaveri dei miei amici gettandoli in un dirupo. E quegli esseri non mi hanno uccisa, ma non riesco neppure a uscire da questi boschi. Ci ho provato. Più camminavo più finivo con il tornare al punto di partenza. Probabilmente volevano che gli portassi qualcuno di nuovo con cui 'giocare'. Non ho più visto quell'uomo, e così, allo stesso modo, se gli lascio abbastanza anime, sarò finalmente libera".

Bᴜᴛᴛᴇʀғʟʏ ᴇғғᴇᴄᴛ Where stories live. Discover now