Cʜᴀᴘᴛᴇʀ 191

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Devo capire quel che è successo.

Il ragazzo perciò, fece un respiro profondo, nel vano tentativo di calmarsi.
Tremava terribilmente.

Prese a camminare per la casa, prestando attenzione a non calpestare i corpi dei suoi amici, né tantomeno il loro sangue.
Dovette fare una tappa in bagno per vomitare nuovamente: era davvero troppo.

Avrebbe voluto piangere, ma non ci riusciva. Tutto il dolore sembrava essere ingabbiato dentro di lui e, più tentava di liberarsene, più faceva male.
Cazzo se faceva male.

Eventualmente, decise di scendere le scale della cantina e fu lì, che, sotto un telo bianco, trovò un registratore.

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ᴠᴏʟᴜᴍᴇ : ▮▮▮▮▮▮▯▯▯

Quel che udirono fu la voce di una ragazza, resa ovattata dal fatto che il registratore fosse estremamente vecchio.
La sua voce tremava.

Sta registrando? Si, credo di si.
Giorno uno, 8 Ottobre 1968.
Io li ho visti. Li ho visti morire uno dopo l'altro, davanti ai miei occhi, massacrati da quei mostri scheletrici. Sono tutti morti. Tutti tranne me. I loro cadaveri, disposti a terra nel salone, come se qualcuno li avesse portati lì, sono l'ultima cosa che ricordo. A dire il vero, ricordo davvero poco e, in realtà, non ho idea di quanti giorni siano passati realmente. Perciò ho pensato che avere una sorta di diario potesse essermi utile.

Giorno tre, 10 Ottobre 1968.
Non riesco a lasciare questo posto, ho camminato e camminato ma finisco sempre con il finire al punto di partenza. È come se qualcuno non volesse farmi lasciare questo luogo. Ho pensato di chiamare la polizia, ma non mi crederebbero mai e poi, non penso riuscirebbero a portarmi in salvo prima di venire anch'essi uccisi. Se provo a sforzarmi, l'ultima cosa che ricordo è di essere arrivata qui con i miei amici ed aver scattato una foto davanti alla casa. Se non fosse stato per la registrazione precedente, mi sarei già scordata di quel che gli era accaduto. Mi mancano, non è giusto. Perché io sono ancora qui?

Giorno otto, 15 Ottobre 1968.
Mi sono sbarazzata dei loro cadaveri. Non ce la facevo più a vederli, e l'odore stava diventando davvero insopportabile. Li ho trascinati con me, uno dopo l'altro e li ho gettati giù da un dirupo. È stato orribile. Ed ho paura. Ho paura di dimenticarmi di loro, ma non voglio farlo. Perciò porto con me quella foto che abbiamo scattato quando eravamo ancora insieme e felici.

Giorno nove, 16 Ottobre 1968.
Quel che non capisco, è che io non ho mai sofferto di perdita di memoria. E ora, invece, devo tappezzare questo posto di merda di bigliettini per ricordarmi di fare qualsiasi cosa, persino di riascoltare queste registrazioni così da non scordarmi di quel che è successo. Dio, mi ero persino scordata che i miei amici fossero morti. Sapete quanto possa far male scoprire, ogni singolo giorno, che le persone che più amavi al mondo non ci sono più? Sento di stare per impazzire.

Giorno tredici, 20 Ottobre 1968.
Ho visto quegli esseri. Quelle creature con gli arti scheletrici e la pelle grigia. Avevano il suo viso. Il viso del ragazzo che mi aveva chiesto di sposarlo. Pensavo che mi avrebbe uccisa, ma non l'ha fatto. Non credo che quello fosse il mio fidanzato, ma non voleva neppure farmi del male. Credo che questi mostri possano assumere l'aspetto di chi vogliano, ma credo anche che io gli serva viva. Come se fossero dei parassiti che necessitano di un corpo che li ospiti. Non possono lasciare questi boschi, ma ancora non capisco perché io sia viva.

Bᴜᴛᴛᴇʀғʟʏ ᴇғғᴇᴄᴛ Where stories live. Discover now