25. Poesia per Roma

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Erano passati due giorni dalla litigata con Niccolò.
E in questi due giorni mi aveva mandato messaggi di continuo, chiamate quasi ad ogni ora. Non avevo mai risposto, a volte spegnevo direttamente il cellulare. Non volevo vedere e sentire niente e nessuno.
Stavo male, ero delusa, arrabbiata. E quando ero in quelle condizioni mentali non avevo voglia di sentire nessuno, sopratutto Niccolò. Volevo stare sola.

Presi il cellulare e vidi la chat di Niccolò con più di 40 messaggi non letti, non ne avevo aperto nemmeno uno. Tanto cosa aveva da dirmi? Che gli dispiaceva? Beh dispiaceva più a me. Ero io quella che era stata delusa, non lui.
Mi chiamò Marta e mi chiese se poteva passare a casa, dissi che andava bene. Ero stata due giorni sola ed era abbastanza. Ora avevo bisogno di parlare con qualcuno.

Suonarono al campanello e mi alzai controvoglia per aprire la porta e mi ributtai subito nel divano. Ero davvero debole, avevo passato quei giorni nutrendomi dello stretto necessario per non svenire da un momento all'altro, la mia testa scoppiava ininterrottamente per colpa dei pianti e dello stress, non ne potevo sinceramente più. Era come se avessi fatto un salto nel passato.

Sentii la porta aprirsi.
"Vieni sono qui nel divano." le dissi.

Alzai lo sguardo, senza nemmeno alzarmi e la persona che era appena entrata nella stanza non era sicuramente Marta. Non avevo minimamente forze per arrabbiarmi ancora, avevo solo sentito un enorme tonfo al cuore.
Niccolò era in piedi, fermo. Mi guardava in silenzio. Aveva uno sguardo preoccupato, come se non si aspettasse di vedermi in quelle condizioni. Potevo leggere nei suoi occhi il dispiacere.

"Cosa ci fai qui?" dissi mentre poggiavo una mano nel divano per aiutarmi a tirarmi su.
Si avvicinò a me, si passò una mano sulla faccia e scosse la testa corrucciando la fronte. Forse ai suoi occhi ero messa davvero male, e io non riuscivo ad accorgermene.

"Voglio solo che mi ascolti. Non litighiamo, ti supplico."
Annuii.
Mi raccontò come andarono le cose quel giorno.
"Quando ti ho vista in macchina mi si è spezzato il cuore. È in quel momento che ho iniziato ad avere paura di perderti, e quando te ne sei andata di casa mi ero convinto di questo. Ma poi è arrivato Adriano e mi ha ricordato delle videocamere, e ti posso far vedere che non è successo niente di ciò che pensi." disse Niccolò tutto d'un fiato. Sfilò il cellulare dalla tasca, lo avvicinò a me e fece partire il video.

Non avevo ancora proferito parola, guardavo il video in silenzio.
Aveva ragione.
Non potevo sentire, ma il linguaggio del corpo di Niccolò diceva tutto. Quando lei entrò in casa lui spalancò le braccia, e fece il classico gesto all'italiana come per dire "cosa ci fai qui?". Un paio di volte le fece il gesto di andarsene, aveva un'espressione arrabbiata, innervosita. Lei invece era molto tranquilla, come se sapesse cosa stava facendo.
Mi disse cosa successe quando lei lo seguì in camera da letto, e lo credetti. Il video finì.
Misi la faccia tra le mani e scoppiai in un pianto. Era un pianto liberatorio. Tornando indietro avrei voluto tanto aprire il primo messaggio che mi mandò, forse non avrei passato questi giorni da incubo.
Niccolò mi prese, mi fece appoggiare la testa nel suo petto e mi strinse tra le sue braccia. Mi accarezzava i capelli nel mentre che mi dava dei baci in testa. Smisi di piangere, e strinsi le mie braccia intorno al suo corpo.
"Mi dispiace averti fatto stare così male." Sussurrò.
"Avrei dovuto crederti. Ma per tutto ciò che ho passato, era impossibile."
"Lo capisco amore. Adesso andiamo avanti e non pensiamoci più."
"Mi sei mancato così tanto." dissi sollevando il volto verso il suo.
"Sapessi tu amore mio, sapessi tu."

Rimanemmo abbracciati, in silenzio.
Mi alzai per andare a rinfrescarmi, e togliermi tutto lo stress che avevo accumulato.
Sentivo il mio corpo più leggero, era come se mi fossi tolta il peso più grande che il mio corpo riusciva a malapena a sostenere.

Tornai nel salotto e Niccolò era ancora lì seduto nel divano. Faceva caldissimo, indossavo degli shorts sportivi molto corti con una canotta bianca attillata. E una coda alta per raccogliermi i capelli.
Lui mi guardava.
"Cosa stai guardando?" chiesi.
"Te. Sei così bella."

Andai verso il divano, e mi sedetti a cavalcioni sopra di lui. Gli avvolsi il collo con le mie braccia.
Mi mise le mani sui glutei e avvicinò ancora di più il mio corpo al suo.
Avvicinai le mie labbra alle sue, e lo baciai.
Quanto mi erano mancate quelle labbra, quei baci, il suo profumo. Erano stati due giorni, ma nella mia testa è come se fossero stati un'eternità.
Passò la sua lingua sulle mie labbra, come se mi chiedesse il permesso, cosa che non esitai a concedergli. Spinse di più il bacio, e facemmo danzare le nostre lingue.
Mise una mano tra i miei capelli, spingendo sempre di più il bacio.
Feci scendere le mie mani verso l'orlo della sua maglietta bianca e gliela tolsi. Fece lo stesso e in pochi secondi ci trovavamo entrambi senza vestiti.
Finalmente i nostri corpi diventarono un tutt'uno.
"Ti amo amore mio" sussurrò Niccolò al mio orecchio.
"Anche io, tanto." ricambiai.

Era ormai tarda sera e dopo aver cenato ci buttammo sul divano con un bicchiere di vino in mano.
"Mi è venuta un'idea." esordí Niccolò.
"Dica."
"Cambiati e vedrai."

Confusa non chiesi niente, mi alzai entusiasta, mi misi un jeans un top nero e un filo di make-up.
"Si può sapere dove stiamo andando?"
"E amò mò lo vedi!" disse dandomi un bacio sulla guancia.

Salimmo in macchina e iniziò a guidare. Non conoscevo ancora le strade di Roma, se non le solite che facevo, quindi non potevo capire dove stavamo andando. Era l'una di notte passata poi.
Parcheggiammo la macchina e scesi.

Ci trovavamo davanti al cancello di un parco.
"Questo è uno dei posti più belli di Roma per me, il mio preferito in assoluto. Non ci ho mai portato nessuno."
Sorrisi, mi prese la mano e iniziammo a camminare. A un certo punto il parco si interrompeva, andammo verso il muretto e rimasi a bocca aperta.
Si potevano ammirare le bellezze più grandi di Roma, illuminate dai lampioni e accarezzate dalla luce della luna. Mi misi una mano davanti alla bocca e scossi la testa, sentii i miei occhi iniziare ad inumidirsi.

Quando vedo paesaggi e viste mozzafiato rimango sempre incantata, e spesso mi emoziono. Il fatto che Niccolò disse che non ci aveva mai portato nessuno eppure era uno dei suoi posti preferiti, influì e pure tanto. Sono quel tipo di persona a cui questi gesti rimangono molto di più nel cuore che un regalo costoso o qualsiasi cosa materiale.
Ci sedemmo nel muretto e mi cinse il braccio attorno al collo.
"Ti piace amore?" mi chiese.
"Tantissimo, grazie per avermi portato." dissi appoggiando la testa sulla sua spalla "Come mai non ci hai mai portato nessuno?"
"Ne sono molto geloso. Tu dove vai quando sei triste? Io vengo qui. A godermi questo spettacolo, e tutti malumori che avevo mi passano." disse mentre sorrideva guardando il paesaggio.
"Ti porterò anche io nel mio, per ora mi godo il tuo." li diedi un bacio.
Ci mettemmo a cavalcioni del muretto, trovandoci faccia a faccia e ci baciammo davanti ad una Roma che stava ormai andando a dormire.
Cinsi le mie braccia attorno al suo corpo e appoggiai la testa sulla sua spalla.
Prese il cellulare e scattò una foto, non mi si vedeva in faccia. Ma era una foto molto tenera, io abbracciata a lui, mentre mi dava un bacio in testa e con dietro quella vista meravigliosa.

La caricò su Instagram.
"Sembrava impossibile, ma Roma con te è ancora più bella."

Del mio sogno la parte migliore  // Ultimo COMPLETATAWhere stories live. Discover now