28. Racconterò di te

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Era la sera del giorno della festa, e a me stava iniziando a salire un po' l'ansia. Stavo iniziando a pentirmi di aver accettato di andare.

Mi alzai dal divano e andai a farmi una doccia. Misi la musica a tutto volume per sovrastare i pensieri. Cercai il nome di Calcutta su Spotify e feci partire la musica. Iniziai a cantare a squarciagola.

"We deficiente negli occhi ho una botte che perde
E lo sai perché?
Perché mi sono innamorato mi ero addormentato di te
E adesso che mi lascio solo
Con le cose fuori al posto loro"

Adoravo Calcutta, era uno dei miei artisti preferiti in assoluto. I miei gusti musicali spaziavano tantissimo, potevo ascoltare de Gregori e il minuto dopo potevo ascoltare i Foo Fighters.

Mi risciacquai e uscii dalla doccia.
Presi il cellulare in mano e mi ritrovai un messaggio.

Scrissi l'ultimo messaggio senza pensarci neanche un secondo

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Scrissi l'ultimo messaggio senza pensarci neanche un secondo. Capii di averlo inviato solo quando Niccolò lo visualizzò e non rispose.

Perché cazzo gliel'ho mandato.

Mi ero pentita immediatamente. Dovevo prima decifrare i suoi messaggi e capire che forse la mia presenza non era gradita. Forse stava chiedendo a tutti informazioni sulla mia presenza o meno per prepararsi psicologicamente.
Mi buttai nel divano, sfilai una sigaretta dal pacchetto e la misi tra le labbra. Dopo circa 15 minuti suonarono al campanello, andai ad aprire e aspettai sullo stipite della porta. Un po' impaurita visto che l'ultima volta che aprii la porta a qualcuno in casa mia era quello psicopatico di Edoardo.
Ma questa volta non era lui. Sentii un tonfo al cuore. E tra la confusione e la sorpresa non riuscii a dire niente e rimasi con la bocca mezzo aperta.
"Mi fai entrare?" disse Niccolò indicando l'interno della mia casa.
Annuii e mi spostai su un lato per farlo passare.
Si tolse gli occhiali, li appoggiò sul tavolo e si mise le mani dietro la nuca.
"Vuoi parlare? Parliamo Alessia. Sediamoci in sto cazzo di tavolo e parliamo." disse spostando in malo modo la sedia.
La calma con la quale era entrato in casa, a quanto pare era solo apparenza. Io dal canto mio potevo sentire che dovevo iniziare a fare dei grossi respiri, perché questa volta avrei dovuto dirgli tutto. Non ero pronta, ma avevo come l'impressione che sarebbe stata la mia ultima occasione.
"Sto aspettando." disse picchiettando sul tavolo "Sai che c'è? Mò parlo io. Parlo io perché sono riuscito non so come a tenermi tutto dentro tutto questo tempo. Mi hai deluso tantissimo, non me l'aspettavo da te. Hai preso il mio cuore e l'hai fatto in mille pezzi. E sto male, faccio finta di stare bene ma dentro sono completamente a pezzi. Perché l'hai fatto? Perché a me? Non dovevi farmi questo." disse alzandosi dalla sedia agitando le braccia.
"Niccolò..." non riuscivo ad andare avanti. Sentirgli dire tutte quelle cose era come se fosse stata una pugnalata al cuore. Le lacrime iniziarono a percorrere i lineamenti del mio viso. Guardavo in alto cercando di farle smettere, ma non aveva nessuna intenzione. Mi coprii la faccia, non volevo farmi vedere in quelle condizioni. L'espressione di Niccolò si calmò, ma non disse niente. Si sedette di nuovo nella sedia, aspettando qualche mia parola.

Feci un grosso respiro.

"Quello che ti sto per dire non l'ho mai detto a nessuno. Solo Giacomo è a conoscenza di tutto. Ti chiedo per favore, di non interrompermi, e di ascoltarmi. Per me non è facile dirti queste cose, probabilmente se non fosse successo tutto questo non te l'avrei mai detto. Ti dico già da ora che, se avrai qualche dubbio sulla mia credibilità, ti chiedo di andartene adesso e di non farmi nemmeno parlare."
La sua espressione era preoccupata, posò una sua mano davanti alla sua bocca corrucciando la fronte.
"Ti ascolto."
"Quello che hai visto quel giorno sulle scale era il mio ex, Edoardo. Io e lui vivevamo in Scozia insieme come già sai, quello che non sai è che la nostra relazione l'ultimo anno era diventata insostenibile. È iniziata tutto da un giorno in cui scoprii di essere incinta." vidi Niccolò sgranare gli occhi, riabbassai lo sguardo, ripresi a torturare il pacchetto di sigarette e continuai a parlare. "Non ero pronta ad un figlio, sentivo di essere troppo giovane e sopratutto di non aver concluso niente nella mia vita. Ma era comunque il mio sogno più grande diventare mamma e lo presi come un segno, volevo tenerlo. Quando lo dissi ad Edoardo si infuriò, come non l'avevo mai visto. Io ero follemente innamorata di lui, eravamo sempre stati bene. Mi costrinse a non dirlo a nessuno, né ai miei amici, ne alla mia famiglia, e infine, mi costrinse ad abortire. Dopo settimane di litigi e pianti io mi ritrovavo da sola, con un trauma sulle spalle e il dolore che mi logorava dentro. Passai così un anno, non ero più in me. Avevo bisogno di aiuto ma non riuscivo a farlo. Io e lui non ci consideravamo più. Più volte gli dissi di andarsene via di casa ma lui non voleva. La goccia che fece traboccare questo vaso già pieno di buchi, fu quando scoprii che mi tradiva. Quella notte accusò me, disse che era colpa mia se eravamo in quella situazione e che lui non poteva farci niente. Non ci vidi più, gli andai incontro e lo spinsi dandoli un colpo sul braccio. Lui si infuriò mi spinse al muro e sbattei la testa perdendo i sensi, quando li riaprii ero sola in casa. Presi le mie cose e me ne andai. Non lo vidii e non lo sentii più per fortuna. Poi come sai mi mandò un messaggio a cui non risposi. Quel giorno, era venuto a casa e quando suonò io pensai che fossi tu. Venne a casa senza essere invitato e sopratutto senza che io gli avessi mai detto dove abitavo, me lo ritrovai davanti e mi sono sentita morire. Lo invitai più volte ad andarsene, avevo paura perché non c'era nessuno che poteva aiutarmi. Era come se mi fossi spenta. Iniziai a piangere e lui prese la palla al balzo, vedendomi così fragile, per baciarmi. Quello che non hai visto probabilmente è che subito dopo rientrai in me e lo spinsi via. Dicendoli di non tornare, perché avrei chiamato la polizia."
Che peso che mi sono tolta. Non riuscivo a crederci, ero riuscita a dire tutto senza fermarmi, è come se il mio corpo e il mio cervello non vedevano l'ora di togliersi un peso del genere. Mi asciugavo le lacrime con un fazzoletto che mi aveva passato Niccolò, alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi con i miei. Erano pieni di lacrime, scuoteva la testa in segno di disapprovazione con la mascella serrata.

Niccolò's POV

Che cosa avevo appena sentito? La mia ragazza quel giorno aveva bisogno di me, e io ero scappato. Vorrei avere tra le mani quel bastardo per spaccargli la faccia.
Guardavo Alessia mentre si asciugava le lacrime. Ero rimasto senza parole.
Mi alzai, le presi le mani e la feci alzare. La strinsi più forte che potevo a me e potevo sentire i suoi singhiozzi farsi sempre più forti. Chissà cosa aveva nella sua testa tutto questo tempo in cui non aveva detto niente a nessuno.
"Amore mio..." le sussurrai tra i capelli senza lasciarla andare.
"Mi dispiace Niccolò, mi dispiace così tanto." disse tra le lacrime.
"No. Dispiace a me, per tutto quello che hai dovuto passare da sola. Avrei dovuto starti vicino, avrei potuto salvarti da quel pezzo di merda e invece ti ho lasciato. Scusami."
Lei smise di piangere e mi guardò dritto negli occhi.
"Non potevi saperlo. Grazie per avermi ascoltato." disse.
"Avrei voluto me lo dicessi prima."
"Nì sai quanto tempo è passato? Tanto, e l'unica persona a conoscenza di tutto ciò era solo Giacomo, e ora tu. Tu non hai idea dello sforzo che ho dovuto fare per dirtelo. È stata la paura di perderti a farmi trovare la forza. Basta Niccolò, non voglio più che succedano tutte queste cose tra di noi. Ho voglia di viverti, ho voglia di amarti con tutta me stessa. Ho voglia di stare insieme a te tra un anno, tra 10 anni, tutta la vita amore mio."
"Anche io bambina, dopo questo, niente e nessuno potrà farci separare."

La strinsi a me, le misi una mano sul suo viso e le accarezzai suoi bellissimi lineamenti. Guardavo da vicino i suoi occhi, e potevo vederci tutto il dolore che aveva subito, ma anche la speranza. Avvicinai il mio viso al suo, e lentamente appoggiai le mie labbra sulle sue. Mi strinse forte e spinsi un po' di più il bacio, chiedendo alle sue labbra di concedere l'entrata alla mia lingua. E così fecero.
"Quanto mi sei mancata."
Sorrise e mi strinse forte. Ed ebbi la sensazione che in quel momento ne io ne lei volevamo lasciarci andare, come se avessimo la paura che se ci fossimo lasciati andare ci saremo persi di nuovo. Invece stavamo recuperando solo tutto il tempo perduto.

Del mio sogno la parte migliore  // Ultimo COMPLETATAWhere stories live. Discover now