Capitolo 1

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Ancora nel mondo dei sogni, vengo svegliata bruscamente dalla sveglia, la quale mi informa che sono le 6:30, perciò, svogliatamente, mi alzo, pesco i primi abiti che trovo e mi dirigo al bagno per farmi una doccia rilassante. Una volta essermi vestita recupero lo zaino nel disordine della mia umile dimora. Primo Post It mentale del giorno: riordinare la cameretta.

 Raggiungo la cucina al piano di sotto per prepararmi la colazione, ma la mia attenzione viene attirata da alcune voci: non mi sembra di aspettare ospiti...saranno clienti di papà.

Prendo del pane e ci spalmo il burro sopra, inizio a mangiare velocemente e mi avvio verso l'uscita. La mia maledetta curiosità, però, mi costringe ad origliare la conversazione che si tiene in salotto.

<D'accordo, provvederemo> dice l'uomo.

Di cosa stanno parlano??

<Grazie, grazie mille> sento mio padre parlare.

<Penseremo noi ad Ocean, non vi preoccupate> aggiunge rassicurante una donna.

Ocean?! Io?! Parlano di me?! 

Entro in salotto.

<Mamma, papà... che succede?> chiedo pallida in volto.

La risposta non arriva da nessuno dei miei genitori. Cosicché interviene seriamente la sconosciuta <Ciao Ocean, sono la signora Whittemore. Ho parlato con i tuoi. È stato firmato un contratto. Da oggi saremo i tuoi tutori legali, vivrai con noi, ma niente paura...>.

<Che?! Perché??! Cos'è questa storia?!>. La mia voce si alza inspiegabilmente di qualche tono. È agitata e carica di confunsione.

Attendo una risposta che non arriva. Li osservo. Nessuno parla, ma tutti mi guardano. Prendo a ridere, mentre osservo le espressioni di ognuno.

<Ottimo scherzo, stavo per crederci. È stato un piacere conoscervi, adesso vado a scuola...il dovere chiama> annuncio teatralmente, prima di allontanarmi.

<Ocean> mio padre chiama il mio nome.  Non è rassicurante, non lo è affatto.

Entro nuovamente nella stanza.

<Ocean, andrai con i signori Whittemore, da oggi sono i tuoi tutori> stavolta è mia madre a parlare.  

Adesso capisco che non è una presa in giro, mi rendo conto della veridicità della situazione.

Una fitta allo stomaco mi blocca il respiro, le gambe iniziano a tremare, le ginocchia cedono e cado brutalmente sul fibroso pavimento. Un fiume di lacrime mi bagna il volto, che nascondo con le mani, mi sento il cuore pesante. Una noce ferma in gola  mi impedisce di parlare e di ingoiare la saliva. Tutto intorno a me sembra sbiadirsi e inizio a boccheggiare con difficoltà.

<Sappiamo che è difficile da accettare... lasciare i tuoi e tutti quelli che ami e che ti amano> sento al voce ovattata della donna, come se fosse molti metri lontana da me.

I miei genitori fissano il tappeto, apparentemente dispiaciuti.

<Vi lasciamo qualche minuto da soli, per chiarire...andiamo Alice> dice l'uomo, mettendo una mano sulla schiena della moglie. Passa accanto alla mia figura accovacciata ed esce dal salotto.

Nella stanza regna il silenzio e mia madre cambia completamente atteggiamento. 

Alcune lacrime continuano a rigarmi il volto. Li guardo frastornata, non capisco il motivo. Perché fare una cosa simile? Perché gettarsi via come spazzatura. Non si sono mai presi cura di me, ma mi andava bene, non ho mai preteso nulla. Allora perché darmi via? So perfettamente di non piacere loro, anzi so che mi crescono solo per obbligo morale. Io non ho mai dato problemi, piuttosto cucino e mi occupo delle faccende domestiche dall'età di otto anni. La confusione invade la mia mente, perdo la ragionevolezza.

Dal Dolore Alla FelicitàWhere stories live. Discover now