Forza

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Caleb dopo quel giorno non ebbe la forza di rialzarsi; sua madre non c'era più e lui non sapeva cosa fare senza di lei.

Il pensiero di non aver mantenuto nemmeno una singola promessa che le aveva fatto gli pesava come un macigno nel petto. Però lei adesso si trovava in un posto migliore, senza un marito violento e un figlio problematico a cui badare, e sul serio, andava bene così.

Dal giorno in cui era fuggito di casa il ragazzo passò interi pomeriggi a casa di Tom. Arrivò il giorno del funerale della madre e quando Caleb rientrò a casa dell'amico con gli occhi pieni di lacrime Tom era lì pronto a sostenerlo.

- Vuoi stare qui per Capodanno?-

Tom abitava da solo da parecchio tempo e non aveva problemi ad ospitare un ragazzino in casa sua.

- Io..-

- Faccio venire anche Jake, che ne pensi?-

Caleb rimase un attimo in silenzio, poi annuì senza dire niente. Se erano semplicemente loro tre insieme andava bene.

Quella sera stessa tornò a casa sua con l'idea di prepararsi uno zaino per mettere dentro le cose essenziali. Al suo rientro trovò il padre stravaccato sul divano ad urlare arrabbiato contro la tv nella quale stavano trasmettendo una partita di calcio. Fu lì che aprì gli occhi. Quello che era successo alla madre poteva anche essere stato un incidente, stando alle parole dell'uomo, ma a lui di lei non gli importava nulla. Le aveva staccato la spina solo per fare una ripicca a lui.

Quel giorno si trattenne sul serio dall'ucciderlo. Il suo sguardo aveva viaggiato fulmineo verso la cucina ma fece in fretta a chiudersi nella sua stanza per evitare che quei pensieri gli sfiorassero ancora la mente. Alla rinfusa raccattò alcuni dei suoi vestiti, infilandoli all'interno dello zaino, e poi scappò da quella casa per rifugiarsi in quella di Tom, non avvisando nemmeno il padre.





Poco prima della fine delle vacanze ritornò nella sua casa. La scuola iniziò un paio giorni dopo e lui la affrontò a testa bassa, vivendo quei giorni come se si trovasse in un limbo. Evitava ogni avvicinamento con tutti; in classe non parlava o lo faceva solo nel caso in cui veniva interpellato da un insegnante ma anche in quei casi, nella maggior parte delle volte, neanche rispondeva, troppo preso da lugubri pensieri; passava la pausa pranzo da solo nelle scale antincendio, dove non c'era mai nessuno, e durante le lezioni il suo sguardo si perdeva fuori dalla finestra, ad osservare gli alberi di ciliegio non ancora in fiore.

In quel modo però aveva attirato le attenzioni di qualcuno e lui non se n'era accorto fin quando un giorno di fine febbraio non si palesò davanti a lui. Joe, che anche per quell'anno era suo compagno di classe, si frappose tra lui e la porta d'uscita dell'aula impedendogli così di passare.

- Ho bisogno di parlarti.-

- Non ho niente di cui discutere con te.-

Apatico. Ecco come poteva essere descritto Caleb in quel momento.

- Non m'interessa. Resta fermo ed ascoltami.-

Caleb non ribattè e Joe, prese dalla rabbia nel non vederlo reagire, lo spinse indietro con forza, facendolo quasi inciampare sui suoi piedi.

- Perchè non reagisci!? Che ti è preso!? Ci hai trascinato tu nelle mani di Dark e dopo mesi stai così!? Come se fossi stato tu la vittima di tutto!-

Ah, Caleb se lo aspettava. Tutte le persone erano così cieche, compreso il suo fantomatico migliore amico. Non vedevano ad un palmo dal loro naso. Non rispose e provò ad uscire dalla stanza.

- Mi stai ascoltando!? Non provare ad uscire, non abbiamo finito!-

Joe non lo fece uscire e Caleb, nonostante volesse con tutto in cuore che qualcuno notasse come stava, decise di fare quello che sapeva fare meglio: nascondere le sue emozioni.

Promesse ~ FudouKidouWhere stories live. Discover now