XX

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Lily Rose Deep, Villa Ivanov, New York.

Conoscevo quella poesia di Emily Dickinson. Conoscevo il suo significato e per questo rabbrividii mentre riordinai i fogli adagiati sulla scrivania in mogano della biblioteca, ubicata nell'ala della villa riservata ad Andrej. Con un rumore micidiale, strisciai la sedia sul tappeto d'ottima fattura e corsi alla ricerca di un Ivanov. Non trovai nessuno in salone. Non trovai nessuno in cucina. Non trovai nessuno neanche in sala da pranzo, nonostante fosse quasi l'una del pomeriggio. Mi portai un dito al labbro inferiore e mi persi nei miei pensieri; dove potevano essere i quattro fratelli?

"Stai cercando, Rej?"

Una voce adolescenziale mi riscosse dalle mie riflessioni e facendo cigolare la suola delle scarpe sul marmo, mi voltai verso l'interessato: Ivan.

"Sì, mi sapresti dire dove posso trovare anche solo Dimitri?" Sventolai il foglio in aria. "Ho delle novità."

Ivan scosse il capo.

"Dimitri è uscito con Maria ed Aleksei per l'ecografia, mentre Andrej e Mikhail sono nei sotterranei." Storse la bocca e mi soppesò. "Non penso ti piacerà quello che vedrai."

Scrollai le spalle.

"Disseziono cadaveri, ricordi?" Sollevai le sopracciglia per enfatizzare il concetto.

"Ma, vedi, dissezionare cadaveri è diverso dall'essere spettatatrice di una scena di violenza gratuita."

Il ragazzo aveva il suo perché, dovetti concederglielo, ma in quel momento era di
prioritaria importanza la mia supposizione. Potevo riuscire a tenere imbrigliati i demoni ancora per un po', il tempo necessario per raccontare la mia deduzione.

"La regola nella vostra società è mors tua vita mea, giusto?"

Sollevai le palpebre e lo inchiodai con i miei occhi verdi; ero pronta a qualsiasi cosa pur di raggiungere un discendente della stirpe degli Ivanov.

"Giusto," rispose colpito dalla massima latina che gli avevo propinato. "Non potevi riassumerla meglio."

"Allora non ho bisogno di nient'altro."

Con espressione determinata, mi feci indicare la strada per i sotterranei e non appena imbucai le scale, mi pentii istantaneamente della mia spavalderia.

Le urla che saturarono i sotterranei furono assordanti, simili a quelle degli animali al macello, ma non permisi al terrore e alla paura di avere la meglio: quella era diventata la mia società, quella...

Eppure, nonsotante il mio ciarlare, non fui per niente pronta alla scena che mi si propinò di fronte, una volta che giunsi al termine della scalinata.

Non fu tanto la vista di Andrej, coperto di sangue con in bocca il coltello a destabilizzarmi; no, posso dire con certezza che quella visione non mi disturbò affatto, come non fu traumatizzante scorgere la follia che solcava il volto di Mikhail, intento a tracciare profonde incisioni sulla pelle di... Mike, il secondino che mi aveva approcciato in prigione. Quello che mi sconvolse, quello che davvero mi fece tremare la terra sotto i piedi, fu lo sguardo di pura adorazione, follia e condivisione che Andrej si scambiò con Venom. Sembravano comunicare con gli occhi e da parte di Venom era tangibile il chiaro desiderio di essere al fianco di Andrej, in più di un senso ed in più di una occasione possibile.

Barcollai all'indietro e sbattei contro una porta che si chiuse di scatto e ruppe la magia tra i due. Venom fu la prima a voltarsi, con un sorriso così splendente, da far invidia alle stelle e per la verità fu l'unica, perché acchiappato il braccio di Andrej, lo tirò verso di lei in un bacio appassionato.

Pazzia | THE NY RUSSIAN MAFIA #2Onde histórias criam vida. Descubra agora