VIII

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Lily Rose Deep, New York Hills, New York.

"E quindi tu avevi rubato i compiti alla secchiona della classe perché non ti aveva permesso di copiarli?" Incredula, appoggiai la testa sulla camicia nera di Andrej e sospirai estasiata. "Sei sempre stato incorreggibile."

"Esatto," rispose fiero con un sorriso che fece invidia alla luna. "Cosa le sarebbe costato farmi trascrivere le ultime risposte?"

Scossi la testa sopraffatta dall'incredulità.

"Non mi sarei mai avvicinata ad uno come te al liceo." Gli sorrisi perfida. "Proprio per nulla."

"Oh, io non credo." Mi prese il mento tra le dita e mi avvicinò la bocca alla sua. "Avrei trovato lo stesso un modo per corromperti." Mi strizzò l'occhio e una mano strisciò lungo la mia schiena, nuda dal vestito. "Troverò sempre un modo per venire da te, Rose."

Suggellai quella frase con un bacio e le farfalle nel mio stomaco sbatterono le ali all'unisono, provocando un gran miscuglio.

"Ma non mi avresti corrotto. Non avrei mai accettato di farti copiare i compiti al posto delle caramelle." Scherzai e sfiorai di nuovo le sue labbra con le mie. "Non sei così irresistibile."

"Nah, ti avrei fatto conoscere il vero piacere." Mi prese il volto tra le mani e me ne fece scivolare una dietro il collo. "Quel bellissimo mondo erotico e lussurioso."

Smorzai la sua mezza vittoria. "Non avevo in mente quel genere di cose a quindici anni, a meno che tu non stia parlando di materie scientifiche; perché in quel caso sì, che sarei caduta ai tuoi piedi."

Andrej buttò la testa all'indietro e rise di gusto, adagiandosi sull'erba. Quella sera aveva deciso di portarmi a mangiare ad un ristorante di lusso e poi di trascorrere il fine serata su una delle colline più belle di New York a guardare le stelle, ed ora eravamo lì, distesi sul prato, l'uno avvinghiato all'altra, abbracciati. Appoggiai la testa sul suo petto ed iniziai a disegnare dei ghirigori sulla seta scura.

"Hai mai pensato di scappare?" Con il mio quesito sussurrato ruppi quel bellissimo silenzio che ci cullava, complice solo del cicaleccio degli animali notturni. "Di scappare lontano."

"No," rispose sincero, scoccandomi un bacio sulla fronte. "No, perché questa è l'unica realtà che conosco. Non credo che potrebbe esserci spazio per me al di fuori di qui. Io non mi adatterei bene: troppo monotono, poco dinamico; non mi vedrei per nulla in giacca e cravatta ad inseguire un posto di lavoro dietro ad una scrivania."

Sghignazzai a quell'immagine. "Questo è poco ma sicuro."

Incastrai meglio la testa nell'incavo del suo collo, ma all'improvviso un'ombra si stagliò sopra di noi e Andrej fu in piedi in un batter d'occhio con due pistole sguainate alla mano. Pistole che non sapevo nemmeno dove avesse nascosto, tanto il suo vestito elegante era attillato ai suoi bellissimi muscoli.

"Domenico," ringhiò e con la coda dell'occhio riuscii a riconoscere uno dei due uomini che avevano irrotto in casa mia molti mesi prima. "Qual buon vento?"

Sembrava quasi un'altra vita; anzi, lo era decisamente.

"Sci hanno fatto sapere che avete ucciso uno dei nostri, ah." Si accese un sigaro e con tranquillità si appoggiò alla Bugatti di Andrej, incrociando le caviglie. "E ora noi cosa dovremmo fare con la tua signurina?" Fece un cenno di scherno nella mia direzione. "Vittò l'aveva avvertita: mai giocare con i pesci più grossi dell'acquario, non quando sei un'inutile decorazione."

Rabbrividii al ricordo delle loro minacce, ma non osai respirare.

"Cosa vuoi, Domenico?" Le mani di Andrej si aprirono e si chiusero ad intermittenza, unico segno del suo stato d'animo; per il resto, era una statua di ghiaccio imperscrutabile. "Sei nel nostro territorio, se non ti hanno già localizzato lo faranno tra qualche minuto."

Pazzia | THE NY RUSSIAN MAFIA #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora