VII

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Lily Rose Deep, biblioteca di Villa Ivanov, New York.

Quando qualcuno bussò allo stipite della biblioteca, sollevai la testa dalle immagini dell'atlante di anatomia e sorrisi all'imponente boss della Drakta, che in giorni come quelli, quando si radeva il mento, sembrava aver non più di vent'anni. Non era la prima volta che mi trovavo incantata dalla bellezza dei fratelli Ivanov, e di certo non sarebbe stata l'ultima, ma erano così impossibilmente perfetti, da non sembrare reali: i tratti russi erano addolciti da quelli dell'albero genealogico della madre, che avevo compreso solo qualche giorno prima essere originaria della Carolina del Sud e dunque americana; erano un tripudio di gelo e clima caldo, ripide montagne e dolci pendii sabbiosi, un tripudio di tutto ciò che esisteva in natura.

"Ah, ciao Dimitri." Gli sorrisi cordiale. "Come stanno Ella e Gen?" Chiusi il libro e sgusciai via dalla sedia. "Maria si è ripresa dal parto?"

Dimitri si addentrò e si appoggiò alla scrivania con una strana espressione pensierosa riflessa sui suoi tratti russo-americani.

"Ella e Gennady piangono e mangiano più di quanto abbia mai fatto Aleksei, Maria invece sta benone." Un po' di calore gli imporporò le guance e quasi spalancai la bocca al visibile imbarazzo dell'uomo più cattivo di New York. "Sono felice."

A quell'esternazione scoppiai a ridere di gusto, seguita a ruota da Dimitri, che si grattò la nuca ancor più in imbarazzo.

"Sono felice anche io, e i piccoli sono neonati; in più, da quello che mi hai raccontato non hai mai affrontato i primi mesi, sarà una bella avventura." Gli passai una mano sul braccio in segno di conforto e l'uomo sbuffò gioviale. "Vedrai, sarà meraviglioso." Ma la sua strana inquietudine non abbandonò il bel volto nemmeno dopo la mia esternazione, così inclinai la testa verso destra e sollevai un sopracciglio pretenziosa. "Cosa ti turba?"

Si torturò il labbro inferiore in risposta e per un fugace istante notai come Maria avesse condizionato anche quel lato di suo marito; era lei che di solito si mangiucchiava il labbro quando era nervosa. Tentai di sopprimere un risolino e mi concentrai su Dimitri, visibilmente in difficoltà.

"Però... io, non so... è strano, noi, la mia famiglia non è mai..."

Andai in suo soccorso.

"Sei innamorato perso dei tuoi figli, non è così?" Gli domandai con voce calma e tenera, fronteggiandolo con due piccoli passi. "Ti si legge negli occhi quanto li ami e non c'è bisogno di vergognarsi, conosco la società in cui siete nati, la stessa paura di esprimere i sentimenti la vedo riflessa negli occhi di Andrej, ma è tutto a posto, Dimitri, dire che ami i tuoi figli ad alta voce non ti renderà meno uomo o meno boss."

Dimitri chinò il capo e in quel momento compresi avesse bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che non lo giudicasse e che potesse comprenderlo; quell'uomo era sempre stato il pilastro di quei tre fratelli abbandonati al proprio destino ed era ben comprensibile il desiderio che avesse di sfogarsi.

"Ho paura," ammise con un sussurro. "Una paura fottuta di sbagliare tutto. Sono così piccoli, così puri, così fragili... e Maria, Maria, se mai dovesse succederle qualcosa per colpa mia... io non." Scosse la testa più e più volte. "Io non... non so, non so che farei senza di lei."

"Dimitri, Dimitri guardami," lo ripresi bonariamente. "Sei e sarai un padre fantastico, e per quanto riguarda la pericolosità della vostra società, Maria sarebbe capace di tirare un calcio in culo a chiunque vi si avvicini."

"Nostra," mi corresse sollevando gli occhi interrogativi e sorridendo all'immagine di Maria che prendeva qualcuno a calci in culo. "Tu e Andrej avete intenzione di sposarvi non è vero?"

Pazzia | THE NY RUSSIAN MAFIA #2Where stories live. Discover now