II

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Lily Rose Deep, sotterranei abbandonati, New York.

Buio. Era sempre sempre buio, ma questa volta al mio ennesimo risveglio confuso non riuscii ad avvertire il caldo corpicino di Erin di fianco al mio.

Ero conscia di essere stata in qualche modo drogata, perché la fastidiosa coltre spessa continuava ad oscurarmi la mente, ma avevo pochi ricordi che mi potevano rincorrere in quel buio, poche paure che potevano giocare con me.

Cercai di muovermi, ma qualcosa mi bloccò i polsi e le gambe; qualcosa di estremamente freddo e duro.

"Oh, mio Dio." Mi mossi con più foga, cercando di slegarmi da quella costrizione, ma niente. "Oh mio Dio."

La mia paura era tutta nei confronti di quella povera bambina, perché se questa situazione rappresentava la mia dipartita, anche la sua sarebbe stata molto vicina.

Nonostante la nebbia, riuscii ad udire un vociare inconsulto, un dolore lancinante alla spalla e poi fu buio di nuovo. La mia coscienza si ridestò quando due mani calde mi toccarono il viso. Cercai di muovermi con forza, ma quei palmi mi bloccarono contro il lettino.

No.
No.
No.

Cercai di nuovo di sfuggire alla presa, ma niente, il mio carceriere mi bloccò di nuovo.

"È cosciente?" Disse una voce profonda fuori campo. "Ma non abbiamo molto tempo, non so quale molecola le ha somministrato."

Cercai di sfarfallare le palpebre, ma erano troppo pensanti e tutto intorno molto molto buio. Provai una fitta di panico lancinante allo stomaco, perché dovevo riuscire ad aprire gli occhi, dovevo riuscire a comunicare, ma qualsiasi mio sforzo risultava in nulla.

"Dobbiamo andare, dobbiamo andare."

Un'altra voce, ma più autoritaria della prima, mi esplose nelle orecchie e lottai con le unghie pur di liberarmi da quella coltre. Mossi le labbra e sperai che qualche suono riuscisse a valicare quelle due porte serrate, ma a giudicare dalla furia con cui mi stavano toccando, no.

"Asp-

Qualcuno mi bloccò le braccia lungo il corpo. Cercai di muovermi e scalciare; nonostante il farmaco che quella squinternata mi aveva iniettato, fui in grado di allontanare le mani dell'aggressore, almeno per quelli che parvero pochi secondi.

"Lilrose."

Quella voce.
Quella bellissima voce.
Il mio cuore saltò un battito, per poi riprendere a cavalcare furiosamente contro la cassa toracica.
Una lacrima mi scivolò giù dalle palpebre e lungo le guance, per infossarsi nell'angolo delle labbra.
Andrej.
Il mio Andrej.
Andrej era venuto per me o stavo solo sognando? E se quella fosse stata la fine della mia vita, beh, avrei accolto a braccia aperte la luce, a patto che questa avesse avuto la voce di Andrej e mi avesse cullato come stava facendo.

"Lilrose." Una mano mi accarezzò i capelli e io tentai, tentai in tutti i modi di aprire quelle dannate palpebre per vedere se davvero... "Shh, tesoro, sono io, sono qua."

E fui conscia delle sue braccia intorno al mio corpo, del suo calore, del suo battito forte contro la cassa toracica, del suo profumo squisito, ma...

Mi agitai di nuovo e cercai di muovere la bocca. A poco a poco, la vista stava ritornando, anche se sfocata e traballante, ma i miei muscoli erano ancora flaccidi e non rispondevano per nulla alle mie richieste.

"Lil?"

La voce allarmata di Andrej mi fece comprendere che i miei tentativi valevano a qualcosa, seppur a poco.

"Lil?"

Aprii la bocca e la richiusi.

"Lil, con calma." Poi altre voci si unirono a quella rassicurante di Andrej ed un pianto di bambina mi fece agitare ancora di più. "Lil! Lil!"

Con la vista appannata cercai di allungarmi verso il suono.

"Andrej credo che Lily Rose conosca la bambina."

Annuii vigorosa e svicolai dalla presa di Andrej, aggrappandomi alla bambina che corse verso di me piangendo; la cullai nel migliore dei modi, nonostante il mio corpo non rispondesse a pieno e inalai la sua essenza.

"E-Erin." Le massaggiai la schiena. "Shh, ss-ash."

Andrej Kirill Ivanov, sotterranei abbandonati, New York

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Andrej Kirill Ivanov, sotterranei abbandonati, New York.

Fu una di quelle visioni che ti incantavano; una di quelle che ti suscitavano una tale emozione, da farti barcollare sul posto, risucchiare la saliva e sentirti impotente, ma in pace, completamente in pace con te stesso.

Rapito, potevo solo rimanere fermo come uno stoccafisso a guardare la mia adorata Lily Rose, che consolava la piccola bimbetta bionda con gesti materni. Incontrai per una frazione di secondo l'occhiata di Dimitri, che mi confermò l'esistenza di quel potente e magico sentimento: l'amore, a quanto mi era dato sapere.

Con un piccolo cenno di assenso indicò l'uscita agli altri uomini nella stanza ed in silenzio ci lasciarono soli in quel luogo di tortura.

"Lilrose," dissi con voce dolce e lei si voltò, seguendo il mio timbro, nonostante probabilmente ancora non vedesse completamente. "Perché non mi presenti questa bellissima bambina?" Mi inginocchiai di fianco a loro due e asciugai una lacrima sfuggita a Lilrose. "Ehi." Accarezzai la coda biondissima della bambina e quella fece sbucare timida la testolina dal collo di Lilrose, che si sforzò di osservare la scena. "Come ti chiami?" Mi ubriacai in quegli occhi azzurri, ma la bambina si incarcerò di nuovo nel corpo di Lilrose per cercare protezione. "Ehi, piccolina." Tentai di dissuaderla, prendendole la manina e baciandogliela, nonostante fosse completamente sporca. "Non ti farò del male." Con estrema lentezza riuscii a scarcerarla dalla mia adorata compagna. "Vieni qui."

La piccola fece qualche passo incerto, osservando Lily come per chiedere il permesso.

"Vai, Erin." Le sorrise con una dolcezza che rischiò di farmi cadere in ginocchio seduta stante. "Andrej non ti farebbe mai del male, mai." Le diede un bacino sulla testolina. "Su, vai pure."

La piccola sorrise e un po' intimidita si avvicinò. Chiusi lo spazio, la presi in braccio e la abbracciai.

"Erin." Le baciai la testa. "Erin Fenya Ivanov." E mi sentii completamente e profondamente a posto con me stesso, quando appoggiò il capo sul mio petto e chiuse gli occhi. "Sei semplicemente perfetta."

Prima che il nostro sicario uccidesse Venom, la stessa ci aveva rivelato il suo piano delirante ed aveva anche raccontato della bambina, figlia della prostituta uccisa a cui aveva sottratto l'utero, abbandonata nella cella maleodorante insieme a Lilrose in segno di addio. Perché, a detta di Venom, nonostante Lilrose fosse sua nemica, avrebbe comunque dovuto godere del suo più grande desiderio: essere madre, anche se per alcune ore. Pazza. Completamente pazza da legare, ma per fortuna quell'incubo si era concluso.

"Andrej," la voce gracchiante di Lilrose mi riportò alla realtà e sollevando gli occhi dal piccolo fagottino, incontrai il radioso e piangente viso della mia compagna. "Grazie," mi disse tra i singhiozzi. "Grazie mille, Andrej."

Mi inginocchiai, tenendo salda Erin sul mio fianco.

"Ora siamo una famiglia, Lil." Le accarezzai la testa. "A nessuno permetterò mai più di allontanarvi da me." Le diedi un piccolo bacino sul naso. "Nessuno."



ANGOLO AUTRICE🤩:
Ho pensato, pensato e pensato e ripensato, e no. Non volevo un'altra gravidanza normale. Volevo dare spazio ad un amore puro e sincero: Andrej e Lilrose sono due anime spaccate, quella bambina rischiava di percorrere la loro stessa strada, ma no! Grazie a loro, vivrà serena!

Pazzia | THE NY RUSSIAN MAFIA #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora