7. "La sfiga è sempre dietro l'angolo"

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«Sei sicuro che sono dovremmo dirglielo proprio ora? Magari possiamo alla seconda cena.» Dico ad Alex, mordendomi nervosamente il labbro.

Siamo di nuovo nella sua macchina -praticamente è diventato il mio autista personale-, ma non è questo a mettermi ansia. Stiamo andando da suo padre e sarà la prima volta in vita mia che conoscerò il padre di un ragazzo che, teoricamente, dovrei star frequentando. Alex vuole subito dirgli che stiamo fidanzati, io vorrei aspettare un attimo, anche se ho l'anello al dito. «Penny, di che hai paura? Se ha qualcosa da ridire me la vedo io con lui. Prima lo diciamo meglio è, anche perché non voglio pensare di dover cenare un'altra volta con lui a breve.»

Corrugo la fronte. «Non vai d'accordo con tuo padre?» Ha stretto le mani intorno al volante così forte che le nocche sono bianche. Eppure da come si è vestito sembra che ci tenga, ha una camicia elegante e dei jeans.

Ridacchia, ma è una risata amara. «Non andare d'accordo è un eufemismo.» Vorrei chiedergli perché, ma è proprio Alex a cambiare discorso. «Siamo arrivati.» Poi mi rivolge un sorriso. «Stai tranquilla, Penelope, andrà bene.» Vorrei credergli, davvero. Ma io so che la sfiga è sempre dietro l'angolo, pronta ad aggredirmi.

Annuisco e scendiamo dalla sua macchina. Fa un freddo cane e mi maledico di non essermi messa anche io i jeans, invece ho deciso di provare ad essere più carina e quindi ho un vestito che arriva alle ginocchia, le calze e degli stivaletti. Guardo di nuovo l'anello prima di guardare Alex che bussa alla porta. Ancora non ci credo che ci dovremo sposare. Non ho ancora avuto il coraggio di dirlo a mia sorella o ai miei, mentre i miei dipendenti al ristorante se ne sono accorti perché mi ero dimenticata dell'anello. Leah ha finto di essere sorpresa e poi ha ricordato che vuole fare la madrina dei miei figli, che siano maschi o femmine. Inutile dire che l'ho mandata gentilmente a quel paese.

«Alex!» Una donna che avrà una decina di anni più rispetto a me abbraccia il mio fidanzato, con un sorriso ad incorniciarle la faccia. Poi i suoi occhi incontrano i miei. «Tu devi essere Penelope. Io sono Linda, la madre di Alex.»

«Curioso, questa parte me l'ero persa.» Quest'ultimo corruga la fronte. «Perché l'ultima volta che ho controllato mi avresti dovuto avere a sei anni, che credo sia un po' irrealistico, non credi?»

Mi sento a disagio per il tono arrabbiato che usa Alex e anche per Linda. Ha un'espressione incavolata, adesso, e fissa il mio fidanzato. Senza neanche pensarci gli prendo la mano e gliela stringo, nel tentativo di calmarlo. Sembra funzionare solo in parte. «È un piacere.»

Linda annuisce e ci fa spazio per farci entrare. «Artie sta arrivando. È stato molto contento di ricevere la tua telefonata, Alex.»

«Immagino.» Alza gli occhi al cielo lui ed io vorrei trovare un modo per farlo comportare bene. Io l'ho detto che la sfiga mi perseguita.

Per cercare di placare l'ansia mi metto ad osservare dove mi trovo. Fuori non ho notato la casa perché ero troppo concentrata a badare ad Alex, ma mi accorgo subito che è un posto enorme e ben curato. Vale più di tutta la mia vita, probabilmente il vaso che ho davanti costa più dell'affitto per il mio ristorante.

Mi mordo il labbro quando un uomo entra nella mia visuale. Ha alcune cose simili ad Alex, tipo la postura e la mascella pronunciata. Gli occhi però sono diversi: suo padre li ha azzurri, Alex castani. L'uomo sorride. «Penelope, giusto? Io sono Arthur.» Mi porge la mano che stringo volentieri con la mia libera, senza lasciare Alex. È a quest'ultimo che si rivolge Arthur. «Come stai, figliolo?»

«Bene, grazie.» Alex mi lascia un bacio tra i capelli, forse per fingere di essere innamorati, ma poi le sue labbra sfiorano il lobo del mio orecchio. «Grazie.» Sussurra così piano che solo io lo riesco a sentire.

Quando l'amore bussò alla mia portaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora