4. "Metà dei miei beni devono andare a Pumba"

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Il viaggio in macchina è il più imbarazzante che abbia mai fatto. Alex tamburella ogni tanto con le dita sul volante, io cerco di non fare rumore e persino la radio è spenta.
Se chiudessi gli occhi, e non ci fosse il rumore del motore dell'auto, penserei quasi di essere morta. Non che mi dispiaccia, sia chiaro.

Sono così nervosa che ad un certo punto spero quasi che la macchina del mio forse-futuro marito si rompa, in modo da avere più tempo per riflettere. Ma riflettere su che cosa? Inizierò a riflettere sul serio quando avrò delle risposte, adesso mi sto solo facendo film mentali a gogo.

«Siamo arrivati.» Dice il mio compagno di sventure, parcheggiando la macchina in un nano-secondo. Non so come fa, perché io anche se ho uno spazio lungo dieci metri per parcheggiare ci metto mezz'ora a fare la manovra. Immagino che la goffaggine rimarrà con me, per sempre.

«Oh, che bello!» Esclamo, con finto entusiasmo. Alex mi lancia un'occhiata curiosa, poi gli scappa una piccola risata. Dura giusto un secondo, ma è comunque una risata.

Io non sopravvivo per l'imbarazzo, me lo sento. Mi dico, mentre scendo dall'auto. Quanto pagherei per avere Pumba con me. Quel gatto, nonostante sia imbarazzante e in un certo senso schifoso, mi dà una sicurezza incredibile. Io sono convinta che sia lui l'amore della mia vita, mentre mamma è convinta che debba andare da un bravo psicologo.
Ma ahimè, lei non ha mai avuto un Pumba nella sua vita, né tantomeno un gatto, quindi non può capire la gioia di svegliarsi la mattina e sentire il suo dolce miagolio che reclama la pappa.

Alex mi fa segno di seguirlo e io non mi oppongo più di tanto. Lo studio del suo avvocato è in un posto un po' sperduto, adesso ho capito perché mi è venuto a prendere. È in una stradina difficile da trovare, nascosta, e stretta a doppio senso. Se avessi guidato io e ci fosse stata una macchina nel verso opposto a quest'ora sarei ancora lì, bloccata. Io ci vengo adesso, da questo avvocato, e poi non ci torno più.

Al contrario della strada, però, il palazzo non è ambiguo o inquietante. Mentre la strada ricorda il luogo di un crimine, il palazzo di almeno venti piani appare maestoso e mi dà la sensazione di essere qualcosa di importante. Probabilmente è uno studio legale molto famoso, o qualcosa del genere.
Alex infondo, da quel che mi ha detto lunedì, è ricco sfondato. Non metto in dubbio il fatto che si scelga gli avvocati più prestigiosi.

Il portone è aperto, non c'è neanche un portiere, così ci dirigiamo in ascensore senza avvisare nessuno. Alex si muove sicuro di sé, come se fosse venuto qui un milione di volte, e forse è proprio così.

Non parliamo, tanto per cambiare, e una volta in ascensore lui preme il tasto per il piano quindici. Per fare qualcosa fischietto, perché il silenzio è imbarazzante, opprimente quasi. Non mi piace. Sono una di quelle persone che si trova bene nel caos, nella musica, nei rumori della città. Il silenzio mi mette soggezione, perché mi perdo in pensieri strani e alcune volte inutili. Soprattutto dal momento che mi fanno venire tantissime paranoie e paure che non posso affrontare.

«È qui, vieni.» Alex mi prende per il polso appena le porte dell'ascensore si aprono. Tutte le porte sono in legno scuro, massiccio, e alte circa due metri. Sembra quasi che questo posto sia fatto per un gigante. Bussiamo e Alex non mi lascia il polso, non ho idea del perché, ma non gli dico di levare la mano. Forse sto sperimentando come sarà fingere di essere innamorata di lui.

Ad aprirci la porta è una donna che avrà una cinquantina d'anni. Ha i capelli tra il biondo ed l'arancione, simile color miele, e legati uno chignon ordinato. È vestita tutta in punto, in modo molto elegante, ed io con la mia maglietta ed i jeans devo farle veramente schifo. «Alex, ciao!» Esclama la donna, salutando con una stretta di mano e due baci formali sulla guancia lo sconosciuto di fianco a me. Poi i suoi occhi incontrano i miei e accenna un sorride. «Tu devi essere Penelope.»

Quando l'amore bussò alla mia portaWhere stories live. Discover now