11. "La mela non cade mai lontano dall'albero"

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Dopo una settimana le cose iniziano finalmente ad andare per il verso giusto. Almeno mentalmente. Non mi sento più tanto in colpa, forse perché mi sento più felice e rilassata di quando eravamo io e Pumba. È come vivere con il mio migliore amico. Alex ormai sceglie i film, io preparo il pranzo o la cena e finiamo per addormentarci insieme sul divano.

Oltre che non fare assolutamente niente, però, il mio futuro-falso-marito passa anche tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio a lavorare, ma abbiamo riservato entrambi degli spazi per dedicarci al matrimonio. Abbiamo deciso dove sposarci, fatto l'elenco delle persone e scelto una data. Fra tre mesi, il tredici aprile. È stata la cosa più facile da scegliere.

«Buongiorno bellissima.» Alex apre la porta di camera mia, facendo entrare la luce, ed io grugnisco, girandomi dall'altro lato per non vederlo. E, soprattutto, per non farmi vedere. Anche se viviamo insieme da già sette giorni ci sono momenti in cui ancora mi sento a disagio. «È mezzogiorno.»

Grugnisco di nuovo. «Sei peggio di mia madre, Alex.» Chi se li scorda i tempi del liceo dove veniva a svegliarmi lei perché io non sentivo la sveglia. Entrava in camera con due padelle e le sbatteva tra di loro. "Buongiorno" non era mai nel mio vocabolario a quei tempi.

Lui ride. «Dai, alzati. Io sono sveglio dalle sette.» Sì, perché è uno psicopatico e passa il sabato mattina ad andare a correre. Non che mi lamenti, il suo fisico è una visione paradisiaca per gli occhi di tutti, ma questo non significa che sia sano.

«Congratulazioni.» Biascico, richiudendo gli occhi. È per questo che ho sempre amato il mio lavoro: oltre il fatto che cucino, non ho bisogno di alzarmi prestissimo. Alex non sembra soddisfatto, perché ride e si infila di fianco a me. Sento il materasso abbassarsi al suo peso e a maggior ragione decido di tenere gli occhi chiusi. «Che intenzioni hai?» Chiedo, però.

«Sto cercando di capire il tuo punto di vista.» Alla fine nessuno dei due parla per qualche minuto ed io sto per riaddormentarmi. Almeno finché non sento la voce di quel rompiscatole del mio finto-fidanzato. «Andiamo, Penny, è una noia mortale.»

Ci vuole una pazienza che non pensavo di possedere per fermarmi dal mandarlo a quel paese. Per una volta che mi rilasso, ecco che la mia quiete se ne va a quel paese. «Chiudi gli occhi e dormi, Alex, non è difficile.»

Sono sicura che sta per dire qualcosa, ma il mio cellulare inizia a suonare. La mia suoneria è diversa da quella di Alex, perciò so che è il mio. Non guardo neanche chi è, premendo semplicemente il tasto verde. Solo quando apro gli occhi mi rendo conto di quanto Alex sia vicino a me. Lui sta sorridendo. «Bambina mia, indovina chi sono tornati prima per aiutarti ad organizzare il tuo matrimonio?»

Questo è un incubo, o almeno spero che lo sia. Affrontare i miei genitori oggi è l'ultima cosa che voglio fare. «Che bella notizia.» Fingo,  alzando gli occhi al cielo. Alex mi dà un colpetto sul braccio e trattengo una risata.

«Già. Ora gentilmente puoi aprirci? Stiamo bussando da tre ore e fuori casa tua si gela.» Spalanco gli occhi a quella frase. Ho detto a Leah e a mia sorella che mi sono trasferita da Alex, ma ancora non avevo detto niente ai miei genitori. In realtà l'ultima volta che li ho sentiti è stato quando ho confermato il mio fidanzamento.

Alex si mette seduto, mentre io non ho le forze. Odio la mia vita. «In realtà sono con Alex, mamma. Non sono a casa.»

«Ah.» Esclama, poi sembra realizzare. «Mio Dio, ho interrotto qualcosa tra di voi?» Questa volta è Alex a fare una faccia strana, dato che mia madre urla a telefono e si sente tutto quello che dice anche a tre metri di distanza. Tipo Leah, insomma, solo più vecchia.

«No, mamma. Stavo per preparare qualcosa per il pranzo e Alex sta scegliendo un film da vedere.» Non è proprio una bugia, tutte le nostre cene sono così. A pranzo in realtà spesso io mi vedo con Leah e lui rimane a lavorare.

Quando l'amore bussò alla mia portaWhere stories live. Discover now