12. "Adesso hai qualcuno con cui affrontare gli incubi"

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La cena con i miei è andata relativamente bene. Mamma ha continuato a fare battutine imbarazzanti o commenti che non ci stavano molto bene, ma siamo sopravvissuti all'esperienza. L'unico problema è stato quando hanno visto Pumba e ho dovuto ammettere che viviamo insieme. Papà voleva ammazzare Alex, ma lui se l'è cavata con una frase mitica, che aveva più o meno il significato di "faremo sesso dopo il matrimonio, signore". Mia madre continuava a dirmi di non aspettare, ma quest'è un'altra storia solo perché vuole dei nipotini neonati al più presto.

Mi rigiro nel letto, facendo attenzione a Pumba che dorme sulle mie gambe. Non riesco a prendere sonno. Generalmente mi succede quando ho ansia, ma oggi non è il caso. Mi sento rilassata per la prima volta in tanto tempo. Sto bene con Alex, siamo buoni amici, mi sta aiutando economicamente ed io sto aiutando lui ad avere l'azienda di famiglia, i nostri genitori si sono bevuti le nostre bugie e questo è tutto. Ormai è Leah che gestisce il ristorante quando io non posso per creare un'immagine con Alex e cercando di organizzare il matrimonio, e grazie all'aiuto di quest'ultimo posso pagare in tempo ogni stipendio. Con Alex cercheremo anche un piano per far decollare di nuovo il mio ristorante, anche se nessuno dei due sa come.

Sbadiglio, quando sento un rumore proveniente da fuori la mia camera. Ho la porta chiusa, perciò ne approfitto per accendere la luce ed alzarmi. Io sarei le classiche protagoniste idiote dei film horror che vanno in giro a cercare il demone o l'assassino o chi sia e si fa ammazzare all'istante. Apro la porta, facendo segno a Pumba di rimanere in camera. Sento un altro rumore, questa volta meglio, e sembra un singhiozzo soffocato. Mi irrigidisco e guardo la porta che conduce in camera di Alex. È da lì che proviene il rumore, il che significa che Alex stia piangendo.

Mio Dio, i miei genitori devono averlo spaventato a morte. O forse suo padre gli ha detto che non gli darà mai l'azienda e quindi passare il tempo con me non serve a niente. «Alex.» Sussurro, bussando un paio di volte alla porta con la mano. Non sento risposta, ma non mi va di lasciarlo così da solo, soprattutto dal momento che l'ho sentito, perciò apro la porta ed entro. È tutto buio, ma intravedo la figura di Alex a pancia in giù. Ha lo sguardo rivolto verso di me, ma gli occhi sono chiusi ed il respiro sembra regolare, anche se sta continuando a lamentarsi, piangendo.

Mi accorgo subito che è addormentato, perciò sta avendo un incubo. Anche brutto, considerando come sta. «Alex.» Dico di nuovo, questa volta più forte. Gli metto una mano sulla spalla nel tentativo di svegliarlo, ma ritraggo subito la mano quando mi rendo conto che non ha la maglietta.

Passo al piano B, che si basa sull'accendere la luce. È forte ed Alex stringe gli occhi, eppure non si sveglia. Se è possibile, sembra ancora più spaventato e ora posso vedere chiaramente come sta piangendo. Decido di fregarmene se gli tocco la schiena nuda, perciò lo scuoto cercando di svegliarlo. Apre gli occhi e si alza di scatto, quasi volesse aggredirmi, ma si ferma non appena si rende conto che sono io. «Penny.» Ha la voce strozzata, limitata ad un sussurro. Non mi piace. Sta soffrendo, o comunque ha sofferto, ed io non ho potuto fare niente a riguardo.

«Stavi avendo un incubo, così ho pensato di svegliarti.» Mi siedo di fianco a lui, ma non sono sicura che lui voglia che io rimanga. Ha ancora le lacrime secche sulle guance e gli occhi gonfi. Per Zeus, mi chiedo se sia mai successo altre volte. E soprattutto cerco di non pensare al motivo per cui lui stia così.

Annuisce e si passa una mano tra i capelli. «Che ore sono?» O forse vuole che io rimanga. Non avrebbe iniziato una conversazione, altrimenti, no?

«L'ultima volta che ho controllato erano le tre del mattino.» Mi guardo le mani. «Vuoi che ti faccia una camomilla o qualcosa del genere? Magari potrebbe aiutarti.»

«No, grazie, sto bene.» È ovvio che non sia così, ma non voglio insistere più di tanto. «Ti ho svegliato io?»

È carino che si preoccupi così per me, quando è lui quello che sta male. «No, ero già sveglia di mio. Ho sentito che ti lamentavi e sono venuta a controllare.»

Quando l'amore bussò alla mia portaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora