29. "Non ci sará un giorno in cui non ti amerò con tutto me stesso"

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Dopo una settimana e mezzo recupero il coraggio perso da quando ho scoperto che Alex aspetta un bambino con un'altra. E così guido sicura di me, con le spalle dritte e le mani ben salde sul volgante, mentre torno a quella che una volta era casa nostra. Sono finalmente pronta per riprendere le mie cose e lasciarmi alle spalle questa storia.

Mi schiarisco la voce una volta parcheggiato e mi levo i capelli in una coda alta. In realtà spero che Alex non sia a casa, ho scelto apposta l'orario in cui lui dovrebbe essere a lavoro. Quando entro in casa, però, mi accorgo subito di essermi sbagliata. Ovviamente la sfiga sempre con me. Dovevo accorgermene dal fatto che la porta non è chiusa a chiave.

Cerco di camminare il più silenziosamente possibile, ma è inutile. Incontro Alex nel corridoio, che mi guarda come se avesse appena visto un fantasma. Vorrei esserlo, in realtà. «Penelope.» Dice il mio nome come se fosse una rivelazione. Deglutisce a fatica. «Sto cercando di chiamarti da dieci giorni.»

«Sí, ne sono consapevole.» È per questo che al terzo giorno ho deciso di bloccare il suo numero. Non voglio più avere niente a che fare con lui, anche se il ragionamento di Leah continua ad avere senso. «Sono venuta solo per prendere la mia roba, poi tolgo il disturbo.»

Alex non la pensa allo stesso modo, perché quando gli passo vicino mi prende la mano. Ho l'istinto di scostarmi, proprio come quando ho scoperto la verità, ma so più che bene che il suo tocco mi ha scombussolato. Non posso smettere di provare qualcosa per lui da un giorno all'altro, richiede tempo. E lontananza. «Tu non disturbi mai. E lo sai.»

Alzo gli occhi al cielo, per poi incrociare le braccia al petto. Non so neanche il perché sto continuando a parlare con lui invece di fare direttamente la valigia e filare via. «Non dovresti stare con la madre di tuo figlio? Sono sicura che abbia bisogno di te in questo momento.» Io avevo bisogno di lui, e forse ne ho bisogno ancora, perciò non oso immaginare la donna che darà alla luce suo figlio.

«Non è mio figlio.» Dice Alex, appoggiandosi con la schiena al muro. Sembra stanco e più vecchio di qualche anno, come se questi giorni l'avessero prosciugato.

Corrugo la fronte. È davvero una faccia da broccolo. «Adesso neghi di esserci stato insieme?» Non posso credere alle mie orecchie. Mi crede una scema.

Scuote lentamente la testa. «No, Penny, non sto negando quello. Quattro giorni fa l'ho accompagnata alla visita medica, convinto che tanto fosse mio. Solo che le settimane non corrispondono. A quanto pare pensava che fossi un buon partito perché più ricco del vero padre.» Alza gli occhi al cielo, e non lo biasimo.

Dovrei essere sollevata, non è vero? Eppure non cambia quello che ha fatto. Perciò mi stringo nelle spalle. «Beh, non era comunque quel povero bambino il problema.»

Alex annuisce e ci guardiamo in silenzio per qualche secondo. Sono arrabbiata e vorrei odiarlo, ma non so come fare. Non si può odiare davvero una persona che hai amato. «Già.» Sussurra, infine. «Mi dispiace tanto, Penelope.»

Questo lo so. Mi ha ferito, ma so quello che c'è stato tra noi era reale, anche se per poco tempo. «Vado a prendere le mie cose.» Dico, non sapendo come altro rispondere. Non lo guardo neanche quando mi dirigo in quella che inizialmente era la mia camera. Non ci dormo da settimane. Prendo una delle valigie che avevo portato e ci infilo quanti più vestiti è possibile. Quasi trattengo le lacrime quando vedo le pantofole da unicorno che avevo quando ci siamo conosciuti. In realtà non le avevo portate qui, perché sono fin troppo imbarazzanti, ma Alex aveva insistito perché le andassi a prendere quando stavamo ancora insieme.

Proprio lui entra nella stanza quando ho quasi finito di mettere tutti in valigia. Probabilmente dovrò fare due viaggi, dal momento che ho lasciato qui anche tutti i miei libri da cucina. «Credo che sia giusto che ti tenga tu questo.» Ha tra il pollice e l'indice l'anello di fidanzamento. Mi viene un magone alla gola. Non dovrebbe tenerlo nessuno dei due.

«Non lo voglio, grazie.» Chiudo la valigia, mettendola dritta e sentendo la rabbia, così come il dolore, farsi sempre più forti. La rabbia è piuttosto per me stessa, che sta per piangere di nuovo davanti a lui.

Alex però non lascia per niente stare. «Penny...» Ma io scuoto la testa, come se questo bastasse per farlo stare zitto. Non capisco perché ero convinta di poterlo affrontare senza piangere o avere la voglia di abbracciarlo. «Hai tutte i motivi del mondo per non volermi vedere mai più, davvero. E farò ancora mille cavolate e mille errori nel corso della mia vita, ma non ci sarà un giorno in cui non ti amerò con tutto me stesso. Questo te lo prometto.»

«Non voglio che mi prometti questo. Non cambierà le cose.» Cerco di improvvisare una voce fredda, ma non ci riesco. Ha detto una cosa dolcissima.

Alex cerca le parole giuste, immagino, perché esita per un attimo. «Voglio solo che tu lo sappia. Non mi interessa se non ci credi, per me sarà così.» Sospira. «Non sapevo che tu ricambiassi i miei sentimenti, Penelope. Te ne eri andata quel giorno e non sapevo se saresti tornata, così come non sapevo che provavi qualcosa per me. Tu al mio posto che avresti fatto? Sono sicuro che non ti saresti fatta di certo suora.»

«No, infatti.» Ha ragione, in un certo senso, ma non mi va di ammetterlo. Scuoto lentamente la testa al pensiero. La verità è che abbiamo sbagliato tutto, dal principio. Eravamo così concentrati a fingere con gli altri e a pensare che fosse una bugia, che non ci siamo mai fermati a comunicare davvero.

Prendo la valigia per il manico, andando di nuovo verso il corridoio. Alex non prova più a fermarmi, ma mi aiuta a portare la valigia giù per le scale. «Mi mancherai.» Bisbiglia, poi, accompagnandomi fino alla macchina. Annuisco, incapace di dire altro. A me manca già tutto quello che avevamo prima.

«Ciao, Alex.» Accenno un sorriso triste prima di mettere la valigia nel portabagagli e salire in auto. Adesso che ci penso, chi se ne frega dei libri da cucina. Li posso sempre ricomprare. Non voglio passare un minuto di più a sentirmi male in quella casa.

Ma mentre metto in moto, parto e vedo Alex farsi sempre più piccolo. E ripenso alle sue parole. Non ci sarà un giorno in cui non ti amerò con tutto me stesso. Improvvisamente capisco perché mi sento a pezzi. Non è il fatto in sé, ho iniziato a dare ragione a Leah giorni fa su ciò che è successo tra Alex e quella tizia. Sto male perché mi manca, perché sono innamorata di lui.

Sto male perché non voglio stare senza Alex.
Perciò faccio retro front, anche se ci metto qualche minuto di troppo perché trovo un semaforo rosso. Lui ha di nuovo chiuso casa, ma ci mette poco ad aprire una volta che ho bussato. Mi guarda stupito. «Hai dimenticato qualcosa?»

«Ci andremo piano, va bene?» Gli dico, mordendomi il labbro. «Per un po' vivrò a casa mia, niente fidanzamenti improvvisi e devi portarmi almeno ad un appuntamento prima che ti richiami il mio ragazzo.»

Alex fa un sorriso a trentadue denti. Sembra aver appena vinto alla lotteria. «Domani sei libera?»

«No.» Inarco un sopracciglio, trattenendo a stento un sorriso. «Dovrai faticare un po' per riuscire a portarmi a cena fuori.»

Si appoggia allo stipite della porta e incrocia le braccia al petto. «Va bene. Posso essere molto persuasivo quando voglio.»

«Questo lo so.» Alzo gli occhi al cielo, ricordandomi di come mi ha convinto in due incontri a sposarlo. Ma prima che possa aggiungere altro o anche solo realizzare, le sue labbra toccano le mie.

In questi giorni pubblico l'epilogo, probabilmente già domani ❤️

Quando l'amore bussò alla mia portaWhere stories live. Discover now